giovedì 16 giugno 2011

burattini e burattinai



L’Italia è sicuramente il Paese del “di tutto di più” come recitava uno spot RAI di qualche anno fa. E pure c’è una cosa di cui sembreremmo drammaticamente  carenti. Se ci fate caso, fra tanta abbondanza di tutto, ci mancano i carnefici.
A parte i disoccupati che non hanno ancora ragione di piangersi addosso, perché di miseria sono ricchissimi; dall’ultimo lavacessi al primo presidente e passando per professori, professionisti, burocrati, politici, giudici, imprenditori, sindacalisti e giornalisti, abbiamo solo sfruttati o perseguitati a profusione.
Tutti ci sentiamo vittime sacrificali di altri carnefici, ma un carnefice reo confesso non riusciamo a beccarlo nemmeno consumando per sfregamento la lampada di Aladino.
Se mettessimo su una bella impresa di import-export e provassimo a offrire un milione di vittime per un carnefice ancora attivo e produttivo; anche a disfarci di mezzo popolo, guadagneremmo sempre una trentina di carnefici di ottima qualità da scorticare vivi per farci passare la rabbia.
Ma allo stato delle cose, se persino i giudici si dicono vittime di Berlusconi, come Berlusconi dei giudici, con chi ce la prendiamo noi poveri cittadini che di queste guerre paghiamo il conto?
Ma a sentire Camus: “quando saremo tutti colpevoli sarà la democrazia”;  forse sarebbe il caso di prendercela con noi stessi che a recitare la parte di perseguitati battiamo pure Silvio.
Magari l’impresa di cui sopra teniamola pure attiva, che di questi tempi qualche soldo non guasta, ma ricordandoci di barattare le eccedenze di carnefici di cui l’Italia, dall’ultimo lavacessi al primo presidente è ricca sfondata.

lunedì 13 giugno 2011

Minestra e Finestra



Temo che un popolo sia come una pietanza già preparata e servita; e i commensali della politica possono decidere con grande umiltà di mangiare, (leggi governare), o illudersi di poterla cambiare a colpi d’indottrinamenti culturali, e assistenzialismi pubblici e distruggere popolo e Stato.
Gli ingredienti della pietanza sociale sono dovuti a due fattori, di cui solo quello culturale genera sviluppo, (e sempre che sia in grado di maturare i cervelli, non di marcirli) mentre le risorse ambientali incidono sulla composizione delle classi sociali irrimediabilmente, e non c’è politica in grado di produrre aggiustamenti intelligenti e durevoli.
Certo può illudere i popoli con promesse strabilianti, e può persino realizzare progetti che sembrano cambiare le cose radicalmente, ma poi tutto ritorna come e peggio di prima: vedi “miracolo” economico da “Prima Repubblica”, la cui eredità è un debito incolmabile come una voragine, una burocrazia elefantiaca, costosa e asfissiante come una tirannide, un sistema economico in lento ed inesorabile deperimento, che perdendo competitività distrugge posti di lavoro,  licenzia, evade imposte perché strangolato dal fisco e condanna le prossime generazioni che dovrebbero operare un risanamento, a sognarselo.
Senza imprese competitive, lavoratori remunerati e fisco equo, tutto il buono e persino l’eccellente che può generare la politica con risorse che non provengono dal mercato e non ritornano come valore aggiunto al mercato, è politica e giustizia truffa e alla lunga persino genocida.
E governare uno Stato dopo sei decenni di cultura e politica demenziale, non è più lavoro da comuni umani chiamati Prodi o Berlusconi, ma da “padreterni”.
Come si può spiegare ai 50.474.870 elettori italiani, che il sistema Italia non è più governabile dai Prodi e dai Berlusconi, perché non produce assunzioni, profitti e tasse, (e con le tasse servizi), ma licenziamenti, bancherotte, evasioni, elusioni e truffe colossali, pubbliche e private.
E se spolpassimo ad uno ad uno tutti i ricchi italiani, incominciando da Berlusconi, per sfamare tutti i poveri, dopo un anno faremmo un buco nell'acqua senza quelle tre milioni di imprese che mantengono alla meno peggio la baracca Italia. La zavorra dei costi pubblici che appesantisce l’economia italiana, non troverà mai adeguata compensazione nei ricavi variabili che il nostro parco imprese può distillare nel libero mercato globalizzato, dove la parola d’ordine è competere sfruttando il lavoro fino all’omicidio e derubando e truffando investitori, consumatori, utenti e fisco.
Il carico umano improduttivo e distruttivo che grava sulle spalle degli imprenditori e tale da costringerli a livello planetario a rubare e truffare, specialmente nelle democrazie dove la libertà è un incentivo ad arraffare diritti per sé e a caricare doveri agli altri.
Chi potrà mai convincere i professori che sfornare laureati che il mercato non assorbe è distruzione di risorse umane oltre che economiche, perché è una ricchezza per gli imprenditori italiani che possono sfruttarli per un piatto di lenticchie nel loro paese, o per gli Stati che possono importarli ad un giusto prezzo, ma senza aver pagato un centesimo bucato per formarli.
E chi convincerà mai il nostro sistema sanitario che la sanità serve per tenere la gente in buona salute e produttiva, non per riempire ospedali, arricchire medici, farmacisti e industrie farmaceutiche?
E chi convincerà mai i dipendenti e pensionati di questo Paese, che tremilioni di imprenditori non saranno mai in grado di portare tutto il carico economico che comporta mantenere sessantamilioni di italiani, assediati da milioni di immigrati a caccia di lavoro dipendente, e con un carico di dipendenti pubblici e una classe dirigente sfaticata, strapagata e ladra?.
L’asino dell’imprenditoria italiana è ormai in sovraccarico da un quarto di secolo, ma il popolo dei salari e delle pensioni non ha alcuna voglia di alleggerire il somaro, dandoci un taglio alle rivendicazioni selvagge. Perché il rapporto numerico disoccupati+lavoratori+pensionati e imprenditori ch’è di 20 a 1 non lascia alla politica nemmeno il potere di soffiarsi il naso con i soli voti degli imprenditori.
Quindi, all’attuale dittatura di salariati e pensionati non c’è alternatica. Non ci sono i numeri per una politica economica che tenti di incrementare i profitti delle imprese, per incrementare automaticamente salari e pensioni.
Siamo al cane che gira in tondo mordendosi la coda. Lavoratori e pensionati vogliono soldi da spendere subito, convinti che la spesa arricchisca poi gli imprenditori. Ma arricchisce solo le imprese europee competitive e le imprese cinesi che hanno invaso l’Italia e il mondo di prodotti a prezzo imbattibile.
Gli italiani squattrinati non compreranno mai prodotti italiani a chilometro zero, appena usciti dalla porta di casa, perché a prezzi rapina, necessari a pagare tasse rapina, a loro volta necessarie a tamponare le emorragie finanziarie da parassitismo privato e privilegi e ruberie pubbliche.
Allora si capisce chiaramente che le democrazie possono essere tali, solo se il peso “numerico” e quindi politico di lavoratori e imprenditori è bilanciato (sia pure alla menopeggio), tanto da lasciare a chi governa il potere di attuare una giusta politica dei profitti che si porti a rimorchio salari e pensioni, perché qualunque altra politica costretta dalla forza dei numeri a spendere denari prima di averli intascati è politica genocida.
Ma voi direte, e qua dove sono gli elementi oggettivi a convalida che in democrazia i politici sono ostaggio di sindacati, associazioni e lobby finanziarie? Notizia fresca fresca di giornata sui più importanti quotidiani italiani: “fisco: Tremonti frena sulla riforma Maroni”.
Né il più rampante degli imprenditori italiani, il presidente Berlusconi che pensava di poter girare l’Italia come una frittata, né il ministro più quotato d’Europa, Tremonti, hanno il “portafoglio” per fare al governo ciò che promettevano fuori dalla porta di Palazzo Chigi. Rilancio dell’economia, riduzione delle tasse e moralizzazione delle istituzioni.
Sono liberi di fare una sola cosa: mangiare la minestra sociale ereditata dalla Prima Repubblica, con un oceano di dipendenti e zero imprenditori veramente autonomi e produttivi, o spalancare la finestra ………
Perché la vera politica si fa con i soldi incassati, o se vi piace di più, già in saccoccia, non con quelli sognabili dalle prossime generazioni.

                                                                                  

venerdì 10 giugno 2011

il comuliberismo, chi l'ha visto?


Se l'Umanità è sopravvissuta tre milioni di anni, senza sapere, vuol dire che per vivere bisogna capire più che sapere. Ma dal punto di vista politico le nazioni progredite sanno molto e capiscono poco, visto che gli unici due modelli di cui dispone la comunità mondiale sono: comunismo e liberismo. Due patacchie cancerogene, perfette per ammalare l'intero pianeta di povertà, guerre e sconvolgimenti ambientali di ogni genere.
E mentre il comunismo si limita a tenere in vita il mondo malato, sperando di avere i denari per operargli qualche tumore: alimentando il malato, ingrassa pure il tumore.
Il liberismo invece elimina qualunque forma di protezione, per i singoli e per i popoli, strappa il sondino gastrico che lo alimenta artificialmente, lo sbatte in sala operatoria, estirpa il tumore, ma come nella peggiore delle tradizioni chirurgiche conclude sempre così: l'operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente è deceduto.
Purtroppo, il comuliberismo o il libercomunismo, nessuno  ha voglia d'inventarlo: è con gli attuali papocchi politici ottimi per generare carestie e guerre, il conto alla rovescia per l'estinzione dell'umanità, potrebbe essere già iniziato.