domenica 29 dicembre 2013

Il salvagente?


Il salvagente?
Il prof. Alberoni conclude il suo bellissimo articolo “L’Italia al tempo del pensiero distrutto”, su “il Giornale” del 23/12, con queste inequivocabili parole: “la scienza è semplificazione, il genio è semplificazione e la verità è semplice”. Allora l’Italia sta annegando nella complessità culturale a basso anzi bassissimo contenuto di verità. Come dire, nella menzogna.
Per nostra disgrazia, sulla Terra, l’intera Umanità, (mica solo l’Italia!)  vive nella stessa condizione di un gruppo di naufraghi aggrappato ad un pezzo di legno sbattuto da un mare in tempesta. Non ci resta che alleggerire il carico dalle cose inutili, costose o nocive, prima che i matti provino ad alleggerirlo dalle persone, come fecero nel secolo scorso i nazisti con quella loro genialata da manicomio chiamata “soluzione finale”.
Allora, va individuato il pezzo di legno che tiene a galla il popolo, e gli va riservata tutta la vernice protettiva possibile, cercando nella foresta delle istituzioni democratiche, i rami verdi da salvare. Domandandoci:
Ci salva lo Stato comunista che producendo ricchezza propria salvava tutti, ma nel mondo è già fallito 24 anni fa; o quello liberale modello Italia che scanna gli imprenditori rapinandoli di tasse (per aiutarli....) a produrre, ma che finisce ad un passo dal default sperperando e rubando da cani?
Ci salvano i lavoratori che una volta cercavano il lavoro duro perché redditizio, e ora grazie ai sindacati chiedono solo salario o pensione; o gli imprenditori che offrono molto lavoro e poco salario, per reggere a l’urto nazionale di usurai e esattori, e mondiale della competitività selvaggia?
Ci salvano i contadini che producono cose che ci riempiono lo stomaco; o gli intellettuali che ci svuotano il cervello fingendo di renderci capaci di analisi e sintesi intelligenti e risolutive dei problemi? Campa cavallo......!
Ci salva la classe dirigente sprecona o ladra, oppure la famiglia capace di autentici atti di eroismo per tenere in vita le persone uccidendo le cose: vendendo casa, auto, mobili, vestiti, e impegnando o vendendo pure gli anelli nuziali, i regali di compleanno, o di comunione e cresima dei figli?
Allora ci vuole poco per capire che oltre alla famiglia, i popoli naufraghi hanno un solo galleggiante a cui aggrapparsi: gli imprenditori. Unica razza di umani capaci di tenere in vita quel sistema complesso chiamato mercato, che genera valore aggiunto col contributo materiale e intellettivo dell’intera popolazione, dal feto al defunto compreso.
Quindi, dopo lo Stato comunista ormai fallito; l’ultimo asse di legno a cui può aggrapparsi l’umanità, è l’istituzione inclusiva del libero mercato; che dove non è governato da cani, produce utilità col contributo di tutti e per tutti. O li uccide in massa se impedito a produrre valore aggiunto onesto, da una burocrazia acefala, in uno Stato manicomio.

martedì 17 dicembre 2013

political nonsense


Quando la politica un senso non ce l’ha
Uno Stato comunista che rinuncia al monopolio della produttività di ricchezza, e si converte al liberismo, non dovrebbe avere potere legale di ostacolare la produttività privata o chiudere imprese; perché il valore di una impresa non dipende dal solo imprenditore, ma anche dalle banche che l’hanno finanziata, dagli operai che l’hanno resa produttiva, ma soprattutto dalla burocrazia e professioni che rendono o no il sistema economico competitivo e produttivo.
E poi con quale logica si punisce un imprenditore per i suoi illeciti, scaricando il danno su diecine, centinaia o migliaia di dipendenti che finiscono alla fame o manovalanza del crimine? Le imprese fuorilegge dovrebbero essere commissariate non chiuse.
Anche perché ostacolare o impedire la produttività delle imprese e dei lavoratori, è come lavorare alla distruzione del popolo e dello Stato: è roba da crimine contro l’Umanità, posto che senza soldi si muore.
Le leggi, così come concepite in Italia, sono quanto di più idiota ha pensato l’uomo, perché con esse il legislatore presume che ciò che lui ha pensato nel momento di legiferare, sia realizzabile dal popolo, alla lettera e senza variazioni, pure se la realtà oggettiva è stata sconvolta da una quantità spaventosa di variabili che hanno modificato popolo, territorio e sovranità.
Già, una volta, in condizioni normali, fra il dire e il fare di mezzo c’era il mare. Oggi, fra un progetto politico e la sua realizzazione c’è almeno l’oceano in tempesta, a giudicare non solo dall’alta mortalità delle imprese, ma dalle migliaia di opere pubbliche, curate da burocrazia e politica, rimaste incompiute, alla vigilia del collaudo o affidate ai guastatori liberi di demolirle o depredarle.
Quindi ci vorrebbe molta elasticità nelle imposizioni legislative, oppure si dovrebbe riconoscere al potere giudiziario un margine di discrezionalità nel distinguere le violazioni colpose, dolose o inevitabili quanto una legittima difesa.
Un sistema sociale innovativo e funzionante dovrebbe essere organizzato come una industria automobilistica: che alla progettazione, realizzazione e commercio delle auto, affianca dei centri di manutenzione e riparazione, dove l’opera dei meccanici è ancora più determinante di quella del progettista, perché sono chiamati ad assicurare la reale funzionalità del mezzo, sanando anche eventuali errori di progettazione.
Mentre, gli o-rrori del legislatore, non hanno sul territorio le officine e i meccanici che riparino guasti, avvitino bulloni, cambino pezzi, per evitare che il sistema socio economico finisca paralizzato da leggi che nessuno ha il potere di modificare, né cancellare. (Un esempio allucinante il Porcellum) Le leggi hanno il merito di rendere in teoria tutti i cittadini uguali. Ma siccome di fatto non si nasce e non si diventa mai uguali, allora i tribunali dovrebbero essere le officine meccaniche della legge, o per riparare quelle guaste, o per assicurare impunità a chi, in condizioni estreme di pericolo o di bisogno ha dovuto violarle.
Un sistema sociale vincolato ad un sistema legislativo poco elastico e censurato da una magistratura senza discrezionalità “legale”, è condannato a l’autodistruzione, perché solo il Padreterno è in grado di far seguire ad un progetto, una fedele realizzazione, anche in condizioni socio, politico, economiche, culturali e ambientali, tanto diversificate, da rendere impossibile la posa della prima pietra, o il completamento dell’opera.
Allora ci vorrebbe un potere centrale meno presuntuoso, che non arrivi a pensare che l’evasione delle tasse, nei momenti di drammatica recessione, vada perseguita fino a buttare per strada gli operai e istigare al suicidio l’imprenditore.
Il vero danno non lo crea chi sottrae denari allo Stato per mantenere operai, che licenziati e posti a carico dello Stato costerebbero mille volte di più alla collettività.
Il vero crimine lo commette la politica con leggi che obbligano gli imprenditori a fare profitti in Italia ed esportarli, oppure a creare una florida azienda in Italia sfruttando le capacità degli operai, e poi buttarli a mare e delocalizzarla, perché la politica è tanto idiota da non adeguare il costo dello Stato alle variazioni della produttività, anzi, più cala la competitività e la produttività, più lo Stato tassa le imprese per farle chiudere, fallire o scappare.
Quindi, ciò che manca nei sistemi sociali non sono i legislatori, i progettisti di leggi intelligenti, che per quanto possano esserlo non ci daranno mai leggi perfette. Ma i meccanici giudiziari che le adattino ai bisogni e aspettative del popolo.
Se in una zona povera si impongono le stesse tasse di una ricca, la povera si paralizza, le imprese chiudono e la gente ruba per mangiare. E poi far ripartire l’economia diventa un miraggio, vedi sud Italia.
Allora uno Stato che non è attrezzato ad adattare le leggi al popolo, dovrebbe avere il buon senso di tollerare l’evasione tributaria di un imprenditore che è utile nella sua zona, ma non riesce ad esserlo altrettanto per lo Stato, per colpa dello Stato. Perché in Italia gli evasori “onesti” (che oggi chiamano di necessità) sono gli eroi del terzo millennio, subiscono i rigori di leggi idiote, e burocrazie demenziali, per svolgere in condizioni di estrema difficoltà finanziaria, l’encomiabile compito di mantenere in vita dipendenti e sistema economico, evitando che collassi e non riparta mai più come adesso.
Fra qualche anno, (o mese) per evitare la guerra civile per l’esplosione della disoccupazione, lo Stato dovrà girare casa per casa e pregare in ginocchio gli imprenditori evasori di riaprire le imprese, di assumere lavoratori e di pagare tasse se, quando e quanto riusciranno a pagare.
Con le leggi attuali, e con la feroce lotta all’evasione, il sistema economico italiano è diventato rachitico, perché non si adeguano le tasse alla produttività di ricchezza che cresce nei periodi di sviluppo e crolla nelle recessioni.
Le tasse si impennano quando la produttività crolla e le imprese chiudono, perché il costo della macchina dello Stato è sempre crescente (di sprechi e ruberie) e nessuno si preoccupa di adeguarlo al PIL nazionale. La politica che con leggi idiote impoverisce il sistema economico, la società e lo Stato, non è politica sbagliata, è omicida: dove gli imprenditori vengono condannati al fallimento ed istigati al suicidio con persecuzioni tributarie naziste, non c’è niente che possa sfuggire al default.
Far mancare ad un popolo i soldi che servono per vivere, è come ucciderlo. Quindi nessuna istituzione pubblica dovrebbe arrogarsi il potere di ostacolare o chiudere una impresa, salvo che non sia scientificamente dimostrata la sua pericolosità sociale. Affamare un popolo, ostacolando, distruggendo o rubando ricchezza, dovrebbe essere considerato criminale al pari del genocidio e punito di conseguenza. 
Il diritto alla vita dei singoli e dei popoli non dovrebbe subire prevaricazioni da nessun potere, perché affamare un individuo impedendogli di essere produttivo col suo lavoro onesto, è come istigarlo a delinquere, e in galera dovrebbe andarci per intero la classe dirigente, che ha smesso da un pezzo di difendere i cittadini dallo Stato e difende lo Stato dai cittadini. (Di tutti gli imprenditori che si sono suicidati per persecuzione tributaria, nessun politico o burocrate è finito in galera) E questo è il risultato!!!
Come si possono punire gli illeciti di un imprenditore, (al 99% istigati da leggi balorde e burocrazie acefale) chiudendo l’impresa e gettando sul “rogo della disoccupazione” direbbe Don Milani, centinaia o migliaia di lavoratori? Questi sono crimini da dittatura, non da Stato di diritto. L’impresa ha nel l’imprenditore il responsabile legale, ma a produrre profitti è il servizio bancario e la professionalità dei lavoratori. Quindi l’impresa, che non è nociva per la collettività, non dovrebbe essere chiusa: si dovrebbe spostare la responsabilità legale da l’imprenditore ad un gruppo di lavoratori qualificato a risponderne, o in mancanza alla banca creditrice.

In un sistema socio-economico liberale, qualunque interferenza violenta dello Stato sulla singola impresa, tale da attentarne la produttività e mettere in forse la sopravvivenza dei lavoratori, il dovere fiscale dell’imprenditore, nonché i suoi bisogni e quelli della sua famiglia, è crimine comunista legalizzato.

giovedì 28 novembre 2013

Legalità o giustizia?


Legalità o giustizia?
Uno si domanda, ma perché i popoli odiano i burocrati e i giudici che applicano le leggi, ma non i politici irresponsabili che le confezionano?
Per la stessa ragione per cui noi consideriamo rozzo l’infermiere che ci sforacchia il sedere con una iniezione dolorosa, (e magari quello ha due mani di velluto) ma non l’industria farmaceutica che ha confezionato l’intruglio assassino.
Come la medicina nelle fiale, anche le leggi non danneggiano nessuno nella Gazzetta Ufficiale. La dolorosa stupidità del legislatore inizia a produrre effetti devastanti solo quando gli "infermieri" della burocrazia e giustizia incominciano a sforacchiarci di penali e sentenze che mettono a dura prova la vita dei singoli e dei popoli.
Come le leggi che impediscono ai sindaci di spendere soldi anche quando li hanno già nel cassetto della scrivania, per pagare i fornitori che non pagati falliscono. O le leggi che impediscono ai cittadini di fare qualunque lavoro persino in casa propria, come imbiancare i muri con l’aiuto di un amico, senza incorrere nella violazione e nel rigore di una vagonata di leggi le cui penali non sono pagabili nemmeno vendendo la casa o regalandola al comune.
Questa è la vera causa della paralisi del sistema economico, del fallimento delle imprese e dell’esplosione di disoccupati e di poveri. In Italia è legale solo "giocare con le parole". Ma “fare”, fosse pure grattarsi il naso sigillati vivi in una cassa da morto insonorizzata e a porte chiuse, per non disturbare il legislatore, è criminale a prescindere. Ne sanno qualcosa gli imprenditori e i lavoratori italiani onesti.
Ora immaginatevi la montagna di lavori che andrebbero fatti sul territorio italiano perché i nubifragi, i terremoti e gli uragani non diventino assassini come in Sardegna; e le vagonate di leggi e codici che violeremmo noi cittadini e i sindaci se osassimo “fare“ anche gratuitamente nello Stato Italiano che si arroga il potere di autorizzare tutto ai delinquenti e vietare tutto ai galantuomini, e a tragedia consumata, intervenire poi con le casse da morto e i funerali di Stato.
Allora si capisce chiaramente che razza di caricatura di Stato di diritto è diventata l’Italia, se oltre ad avere a Roma un esercito di azzeccagarbugli con funzione paralizzante, abbiamo burocrati e giudici che adempiono alla funzione esecutiva e giudiziaria acriticamente come notai, applicando leggi che non consentono più ai cittadini nessuna forma di lavoro onesto che non implichi una chilometrica autorizzazione burocratica preventiva e un considerevole esborso di denaro prima che il lavoro in questione produca utili per lo stesso lavoratore e anche se produrrà perdite.
Quindi è urgente, per evitare che si scateni una guerra civile, che il legislatore centrale faccia autocritica, posto che le uniche due mansioni in cui "eccelle" sono le tasse e la tumulazione delle vittime della sua secolare abulimia legislativa schizoide, che ha indotto al crimine persino burocrati e giudici, rispettosi della legge.
E pure, quattro decenni fa, prima che i burocrati e i giudici italiani si rassegnassero ad applicare acriticamente leggi immorali e irrazionali; una coppia di carabinieri portò davanti al Pretore un ladro di frutta preso in fragranza di reato, e il giudice lo rimandò libero e incensurato quando sentì che aveva rubato perché i suoi figli non mangiavano da tre giorni.
Allora smettiamola con queste leggi romane che hanno scimunito e paralizzato totalmente le istituzioni periferiche e i cittadini onesti, nonché l’intero sistema economico e indebitato lo Stato a rischio default. Le leggi sono il massimo strumento per indurre civiltà nei popoli. Ma se il rispettarle induce barbarie; se nel rapporto enti-utenti la Carta dei Diritti dell’Uomo finisce insozzata quanto uno zerbino, e gli onesti istigati al suicidio, le leggi vanno buttate nel WC e tirato lo sciacquone, proprio come fece il Pretore (da buon padre di famiglia) che mandò assolto il ladro.
E’ più che ovvio che non si debba mai legittimare l’anarchia, consentendo ad ogni singolo cittadino di mettere in discussione le leggi, che invece vanno rispettate. Ma bisogna gridarlo forte e chiaro, che i giudici che applicano a danno dei cittadini, leggi che calate nel singolo caso concreto si dimostrano lesive persino della Carta dei Diritti dell’Uomo; più che da giudici, operano da irresponsabili custodi della "legalità irrazionale", omicida per il singolo, e suicida per la collettività.

Se quel Pretore avesse spedito il ladro in galera, nessuno avrebbe potuto contestargli la sentenza. Ma avrebbe agito da notaio custode della legalità, non certo da giudice paladino della giustizia, che se indipendente e autonomo dalla politica, è ben altra cosa.

venerdì 22 novembre 2013

Leggi senza collaudo



Leggi senza collaudo
Se escludiamo Pitagora, i cui numeri non danno ancora segni d'invecchiamento e reggono ai mutamenti ambientali e culturali dell’Umanità; non c’è altro intellettuale al mondo che abbia pensato qualcosa di tanto perfetto e duraturo da non essere smentito negli anni, secoli o millenni successivi, o abbia progettato qualcosa di realizzabile utilmente in ogni tempo e luogo, e fruibile da chiunque senza danni o guasti omicidi.
Allora, tutto ciò che è umano, o è fresco di giornata, ancora inutilizzato, oppure sta subendo o ha subito l’usura del tempo, il controllo di qualità della storia che ne ha messo in luce le vistose crepe che giustificherebbero la riparazione e il collaudo come l'automobile, o peggio la rottamazione come il comunismo, il fascismo, il nazismo.
Ma anche il liberismo e la globalizzazione iniziano a presentare crepe che renderebbero necessario il passaggio dal meccanico per una messa a punto generale; ma il legislatore, (diversamente dall'ingegnere) non prevede per i suoi mezzi legislativi, un centro collaudi, una linea di officine e meccanici che impediscano alle leggi di muoversi seminando danni e persino catastrofi, e finendo per diventare come una toppa peggiore del buco. (Giusto per un esempio tutto italiano: la legge Bossi-Fini o peggio la Severino, nata con le quattro gomme bucate e forse pure quella di scorta.
Quindi è evidente che le critiche a legislatori e governanti sono idiote come la riscoperta dell’acqua  tiepida. Le leggi come le automobili, o nascono difettose, o sono soggette ad usura, o sono perfette in un certo tempo e luogo e per un certo popolo, o per una certa classe sociale, o per certi cittadini, ma sono devastanti per altri. Vedi quel capolavoro di porcellum nato male e vissuto peggio: nessuno lo vuole, ma nessuno lo cambia.
La funzione della burocrazia e giustizia, è decisamente più utile, perché calando le leggi nella realtà oggettiva ne rilevano i guasti, più e meglio degli ingegneri legislativi che le hanno progettate e montate, e se ne avessero il potere potrebbero mettere riparo, o almeno rallentare, o minimizzare la loro distruttività.
Perciò a salvare un popolo non è tanto la qualità della politica e delle sue leggi che sono nel migliore dei casi contorte come tutto il pensiero umano; ma il livello di discrezionalità e di potere che si riconosce a burocrati e giudici, (oggi sottozero) nel proporre correttivi al legislatore, e nel sospendere l’applicazione di leggi sicuramente democratiche, ma con guasti tali da seminare più ingiustizie e morte di comunismo e nazismo assommati.
Il mondo è passato definitivamente dal comunismo al liberismo da 24 anni, e sarebbe stato igienico sottoporre a revisione l’intero parco macchine legislative (italiano e forse mondiale); ma ahinoi, in materia di diritto tributario abbiamo una vagonata di leggi comuniste, che in linea con un secolo di filosofia maxista considerano ancora problema, ciò che per l'intero pianeta oggi è soluzione: la proprietà privata, l'impresa, gli imprenditori, il libero mercato, il profitto. E abbiamo addirittura leggi borboniche mai abrogate o modificate che nessuno osa mettere in discussione.
Quindi, l’Italia, è prossima al default, non perché è carente la progettazione e la costruzione legislativa dello Stato, (che da qui alla fine del mondo avrà sempre qualcosa di rotto o difettoso) ma la manutenzione periferica inesistente, per evitare che lo Stato, con le sue leggi, diventi per i soggetti più deboli, anziché un salvagente, uno schiacciasassi omicida, senza che gli addetti centrali e periferici si sentano assassini, come invece lo sono ferocemente contro gli eroi della piccola imprenditoria italiana marchiati “evasori”, ladri di Stato, pur essendo i veri derubati, ridotti alla chiusura, al fallimento, alla fame, al suicidio, alla pazzia, e le cui conseguenze si ripercuotono anche sui lavoratori dipendenti e su tutto lo Stato, attentando alla pace sociale e alla democrazia.

Va detto però ad onor del vero, che non sono solo le leggi comuniste a sfasciare l’Italia, ma ci sono le finte liberali, quelle che legittimano il salvataggio o l'arricchimento dei paperoni, e la macellazione quotidiana degli agnelli sacrificali: gli illusi del libero mercato, troppo mercato, ma sempre poco libero.

martedì 1 ottobre 2013

Governanti a loro insaputa


Governanti a loro insaputa

L’intera classe dirigente italiana fissata da venti anni col “farabutto” Berlusconi non si accorge che il problema è un altro. Nel mercato globale, le nazioni povere producono, inducendo in quelle ricche che falliscono, un tale groviglio di problemi socio economici che politici e giudici non sono più in grado di governare con leggi e sentenze che tengano le imprese nel guardrail della competitività e produttività, e non le mandino fuori strada, generando una carneficina di falliti e disoccupati.
Legislatori e giudici non riescono più ad adeguare tempestivamente l’ordinamento giuridico e giudiziario ai cambiamenti fulminanti del mercato globale, almeno per conservare la produttività delle grosse imprese nazionali, e non indurle a delocalizzare.
Posto che la normalità italiana è caricare le piccole imprese di costi e incombenze antieconomiche che le riducono alla fame, istigando gli imprenditori a delinquere, truffare, rubare, evadere ne l’illusione di tornare alla legalità il mese o l’anno successivo, quando lo sviluppo scaccerà la recessione, (campa cavallo!!!!) e finendo puntualmente falliti, in galera o suicidi, perché in Italia, non c’è niente di più stabile della recessione.
Nel mercato globale, anche il venditore di bruscolini è tenuto a rispettare le leggi del libero mercato se ha voglia di esistere produttivamente. Ma se le leggi nazionali antieconomiche gli impediscono di essere competitivo, imponendogli costi di produzione e tassazione dei profitti (anzi delle perdite) anche cento o mille volte superiore, lo istigano all’evasione fiscale, o letteralmente a delinquere, nell'illusione di evitarsi il fallimento o il suicidio.
Naturalmente, le multinazionali con la valigia della delocalizzazione già preparata, reagiscono alle leggi e alle sentenze nazionali che sono in antitesi con il libero mercato, cambiando aria, come ha fatto la Fiat & C.
Quindi, i politici e i giudici italiani, stanno usando Berlusconi da paravento per impedirci di vedere che i problemi economici nazionali da suicidio per lavoratori, disoccupati e piccole imprese, con lui non centrano una mazza.
Centra invece la lentezza dei governanti (Berlusconi compreso) nel prendere atto dei problemi tipo Telecom, Ilva, Alitalia, senza aspettare l'emergenza per legiferare; o rassegnarsi da giudice ad applicare leggi che sono la malattia spacciata per cura: o da burocrate scaricando il groviglio di costi e furti pubblici sulle piccole imprese che non sono in grado di sostenerli, mentre le grandi li affrontano avendo con lo Stato rapporti a due mani: prendono dieci di sovvenzioni ed esenzioni con una mano e versano cinque di tasse con l’altra, salvo poi a delocalizzare quando lo Stato smette di dare. E’ tutta qua la politica economica oculata dell'intero Occidente ex ricco.
Insomma, l’economia globalizzata sta minando la pace sociale delle “ex potenze mondiali”, dove politici e giudici sono in grado di fingere di governare la classe dipendente indebitando lo Stato, ma non la mostruosa complessità del mercato globale, che spinge le economie nazionali, ricche solo di costi e furti pubblici, al default e gli imprenditori e dipendenti privati al macello.
In Italia si sono inventati Berlusconi come paravento numero uno, per occultare alla gente che il vero problema è il costo stratosferico dello Stato. Berlusconi ha tentato di mettere a dieta la balena pubblica, ma come un “pinocchio” c’è finito nella sua pancia con tutte le scarpe, e a seguire papà “geppetto”, il suo elettorato che da venti anni lo legittima a governare, pagando salato i danneggiamenti reciproci di questo bipolarismo da manicomio.
A destra e a sinistra si ostinano a non vedere che il problema degli Stati ricchi d’Europa e America non è la politica ladra, ma il PIL in caduta verticale. Negli Stati poveri del mondo, fare profitti è una passeggiata, perché costa cinquanta o cento volte meno. E non c’è politica e giustizia che possa reggere alla guerra della competitività orientale, dove producono tutti e rubano pochi, a differenza dell’Italia che ha nel furto l'unica fonte di sostentamento.
Perciò, che Dio salvi l’Italia, da chi combatte per arrivare al potere, senza aver capito che alle leggi ghigliottina del mercato globale non si sfugge; e la politica (di destra e sinistra) che mette all’ingrasso lo Stato con tasse crescenti, generando una carneficina di falliti e disoccupati, diventa suo malgrado complice di ricchi e banchieri e assassina di poveri.
Curare con la giusta politica e giustizia la bulimia pubblica per frenare l’anoressia privata è un lavoro da padreterni. Ma solo imponendo allo Stato una graduale e sostenibile dieta dimagrante, si può liberare il popolo da mezzo secolo di rapine tributarie, che ormai lo hanno portato a un passo dalla guerra civile.

E chi non credesse ancora che tutto l’Occidente exricco è in serie difficoltà economiche; con queste parole di Obama: (Corriere della sera 30/9/13) sa come è messa in questo momento anche l’America.


“Se il Congresso sceglierà di chiudere il governo» lasciando scattare lo shutdown ci sarà un «impatto immediatamente su tutta l'economia, il peggiore dalla seconda guerra mondiale». Obama fa sentire la sua voce sul rischio shutdown, che in caso di mancato accordo fra repubblicani e democratici sul bilancio provvisorio scatterà alla mezzanotte americana (le 6 di mattina in Italia)”.

venerdì 27 settembre 2013

Il Mistero Berlusconi


Il Mistero Berlusconi
Se fra le cose che ho evitato di approfondire nella mia vita sentendomi incapace, ci avessi infilato anche il rompicapo Berlusconi, mi sarei evitato di scrivere una cinquantina di fesserie, per concludere dopo venti anni, che di lui non ci ho ancora capito niente. Ma giuro, questa è l'ultima.
Sarò sicuramente blasfemo; ma secondo me Berlusconi, come mistero impenetrabile, è secondo solo alla Santissima Trinità. Chi cercasse prove che B. è il diavolo, avrebbe l’imbarazzo della scelta. E chi lo volesse santo ne troverebbe altrettante. Insomma, Berlusconi non è un mistero, ma IL MISTERO.
Cercare il bandolo della matassa nel groviglio delle opinioni pro e contro che lo riguardano è un lavoro per il quale oggi non mi sento più attrezzato, e venti anni fa credevo di aver capito tutto. Ma non si può capire niente, perché non c’è niente di vero e di logico nei fatti attribuiti a B. da inquisitori, sostenitori e detrattori.
Come fa un imprenditore ladro, che arricchisce cercando e pagando complicità e protezioni istituzionali a 360 gradi, a riciclarsi in politico filantropo, e a totalizzare un numero incalcolabile di nemici a livello nazionale e mondiale?
Ma se era un genio nell’associazionismo a delinquere, forse anche mafioso, (a sentire giudici e giornalisti) come ha fatto da politico a diventare una schiappa internazionale, un fabbricante di nemici che lo combattono e si augurano che tiri presto le cuoia o che lo accoppi qualcuno?
Perché i farabutti di cui è allagata l’Italia, dovrebbero temere e odiare di più il farabutto Berlusconi, portatore di affari sporchi, che i giudici guastatori? Ma Berlusconi è davvero un ladro, un evasore, un approfittatore? Oppure lo combattono perché non è abbastanza losco per i farabutti italiani, e più che portatore è guastatore di affari? Se nel suo ventennio da Premier ladro, gli illeciti si è dovuto cercarli spiando dal buco della serratura, nella sua stanza da letto, nelle sue mutande e in quelle improbabili delle sue escort, perché non vi erano conti bancari sporchi di soldi rubati, ma solo regalati, che marca di farabutto è mai questo Berlusconi?
Si fa una intera carriera di imprenditore che ruba e evade per arricchire, e poi va ad espiare i suoi peccati in politica per impoverire pagando un esercito di avvocati, di spese processuali e di escort per affogare i suoi guai giudiziari alla faccia dei suoi persecutori: B. è carnefice o vittima?
Tutto ciò che Berlusconi ha toccato come imprenditore è diventato oro; ma ciò che lo ha sfiorato da politico, anche solo per caso o per sbaglio è diventato escremento infetto del diavolo.
Qua cari italiani i conti non tornano: le prove del Berlusconi farabutto sono paraplegiche, e quelle del galantuomo sciancate. Io credo che come imprenditore abbia dovuto adeguarsi e rubare per non morire derubato. Poi stanco di farsi usare da burattino, si è illuso di avere talento come burattinaio politico, ma il lavoro gli è riuscito a metà: ha acquisito il potere, ma gli hanno impedito di governare il risanamento italiano. Così ha concluso la sua storia, passando da sfruttatore economico in costante arricchimento, in politico assediato e carcerato, per impedirgli di liberare e salvare il Paese dalla mafia delle caste, corporazioni, sindacati e banche strozzine.

Questa in sintesi mi sembra una storia passabile del Mistero Berlusconi; del don Chisciotte che non si è accorto di lottare contro poteri più forti di lui, che per combatterlo hanno ucciso l’Italia e gli italiani e sterminato peggio di ebrei, la razza operosa e onesta dei piccoli imprenditori, oltre a far scappare i grossi.

domenica 11 agosto 2013

Analisi d'impatto ambientale


Analisi d'impatto ambientale

Certo, dal punto di vista giuridico Berlusconi ci garantisce da venti anni che in Italia abbiamo l’opposizione liberale al comunismo, e quindi la democrazia. Ma è solo da cento giorni che tenta col governo Letta di riempire la forma democratica, di sostanza economica, che non è garantita come pensano i più dalla alternanza delle classi sociali al potere, ma se destra e sinistra insieme nello stesso governo, si inventano una qualche forma di convergenza, che renda governabili le ingovernabili democrazie all'italiana, salvando lavoratori e padroni.
I partiti, si chiamano così, perché rappresentano una parte specifica della collettività: e non fanno certo mistero della loro vocazione a tutelare solo gli interessi dei dipendenti, o solo degli autonomi.
Allora qualcuno può dimostrarmi che la salvezza di uno Stato passa dal salvare i soli lavoratori con un governo comunista o i soli padroni con uno liberale? Se c’è fatemelo sapere.
Ma in attesa di essere smentito, io continuo a pensare che i governi monocolore, solo comunisti o solo liberali, solo destri o solo sinistri sono una truffa: sono l’autostrada a scorrimento veloce verso il default. Sono a scivolamento garantito dell’Italia verso l’Africa, non un avanzamento ne l’UE.
Ci vuole un governo arcobaleno, "consociativo", con i mille interessi di parte, divergenti a l’origine,  (di cui sono portatori sani i singoli partiti) poi costretti a convergere verso il bene comune.
E’ solo questo tipo di cultura politica, e ripeto, è solo questo tipo di cultura politica, che può garantire governabilità alle democrazie. La sola presenza dei partiti l’un contro l’altro armati, mediaticamente e giudiziariamente, garantisce solo rissosità e sfascio: governi truffa di destra e sinistra, che in 20 anni hanno ridotto l’Italia ad un ammasso di macerie.
Va da sé che il primo Governo degno di dirsi tale, è proprio quello Letta-Alfano che si vuole accoppare, con l’alibi fornito fresco fresco dalla Cassazione, che non si possano sopportare i galantuomini di sinistra mischiati al farabutto Berlusconi. Perché, il consociativismo che ha fatto della Prima Repubblica, la quinta potenza mondiale, cosa è stato se non una miscela di galantuomini e farabutti ma impegnati a salvare insieme capre e cavoli, padroni e lavoratori?
Se ora faranno cadere il governo Letta-Alfano, uccidendo la neonata governabilità, dopo venti anni di guerra civile camuffata da bipolarismo, una ulteriore scivolata di questo Paese verso l’Africa, non ce la leva nessuno.
Allora mi piacerebbe sapere se la magistratura, in quanto terzo potere dello Stato, ha, al pari del Parlamento e del Governo, l’obbligo di controllare l’impatto ambientale delle sue sentenze, posto che il procedimento “mani pulite” ha azzerato una intera classe politica e tirato giù la Prima Repubblica; mentre l’attuale condanna di Berlusconi,  rischia di far cadere il primo governo democratico della Seconda, con conseguenze socio-politico-economiche incalcolabili.
Non sono un addetto ai lavori in campo giuridico, ma temo sia stato inopportuno affidare il procedimento penale a carico di un leader politico, ad un gruppo ristrettissimo di giudici, dimenticando che l’impatto politico della sentenza di condanna di un leader, equivale, in uno Stato democratico, ad uno sconvolgimento tellurico.
Il problema non è se Berlusconi va o no processato e condannato (è chiaro che come cittadino deve avere un trattamento normale). Ma è il Berlusconi rappresentante di dieci milioni di elettori sovrani che non doveva essere affidato ad un manipolo di giudici qualsiasi, senza una seria verifica d’impatto ambientale della eventuale sentenza di condanna sul governo, i mercati, lo spread, ecc. a cura del CSM e magari anche del Presidente della Repubblica.
Quanto meno per rispetto a Napolitano che ha voluto Berlusconi al governo delle larghe intese e che considera un crimine oltre che una iattura la caduta del governo. Condannare Berlusconi ora è stato a dir poco inopportuno. Anche perché la democrazia in questo Paese è garantita proprio dai dieci milioni di elettori che votano Berlusconi, come unica e sola alternativa liberale al comunismo.


Con questo ultimo atto la magistratura ha dimostrato che non ha difficoltà ad abusare del suo potere, contro la politica divisa, rissosa e impotente, che mai riuscirà a riformare l’ordinamento giudiziario. Ai politici servono 500 parlamentari per riformare la giustizia; mentre ai giudici basta un PM giustizialista di buona volontà, per garantire alla Seconda repubblica la stessa fine ingloriosa della Prima, ma questa volta con un serio rischio aggiuntivo di guerra civile.

venerdì 19 luglio 2013

Il punto morto inferiore


Il punto morto inferiore

Applicando la scienza meccanica a l’analisi politica, potremmo dire che la macchina delle democrazie occidentali, ha il pistone al punto morto inferiore. Siamo ad un livello di involuzione della civiltà, arretrata di due secoli, perché si è puntato tutto sulla legalità, ma massacrando l’intelligenza dei soggetti responsabili.
E il mondo ci sta venendo addosso, perché a fare la differenza, nel potere, prima della legalità, è la saggezza. Il potere è sempre e comunque un "crimine necessario": sarà tale persino quello delle religioni; e sacrificare l’intelligenza alla legalità è genocidio.
I tiranni e gli imperatori che noi giustamente consideriamo criminali, si predisponevano a svolgere al meglio la funzione di ricettatori, rapinando il popolo dopo averlo lasciato libero di produrre ricchezza o refurtiva senza andare troppo per il sottile.
In Italia la politica si spacca il cervello per assolvere ad una funzione che non le compete: "rendere produttivo il popolo". Ma fallisce a tal punto da ridurre gli onesti al suicidio per improduttività cronica; e di conseguenza fallisce poi sul fronte tributario, tassando chi non ha da pagare; e perdendo minimo 150 miliardi annui di tasse, dai ladri che non vogliono pagare, e scappano carichi di refurtiva verso il più sicuro dei paradisi fiscali, condannando il sistema alla bancarotta.
Allora il potere deve disimparare questo modello di legalità assolta da cane, e deve puntare alla intelligenza del ricettatore che istiga il ladro a rubare, ma poi gli requisisce la refurtiva per un piatto di pasta e fagioli. 
Perchè non c'è crimine peggiore dell'ostacolare o peggio impedire ai cittadini di vivere di lavoro onesto, sequestrandoli in un sistema legislativo agibile solo per ladri, corrotti e mafiosi. E sul fronte della ricettazione tributaria, chiedere la refurtiva agli onesti che faticano a mangiare una volta al giorno, e quattro bruscolini di tasse ai criminali miliardari che si fingono con le tasche bucate.
Un potere come quello italiano che ha raggiunto un livello di imbecillità suicida inimmaginabile, fa rimpiangere al popolo in fila indiana e in ordine alfabetico, tutti i più sanguinari tiranni del pianeta, passati, presenti e futuri.
Distruggere la produttività e il lavoro di due generazioni consecutive di italiani, costringere alla emigrazione i migliori cervelli, in uno Stato che si arrogava il titolo di quinta potenza mondiale, è genocidio, con l’aggravate di essere a norma di legge.
In una democrazia il potere può e deve tentare di evolversi da crimine necessario, in legale autogoverno del popolo: ma se la vecchia e saggia intelligenza del buon padre di famiglia finisce trucidata dalla pignoleria della legalità di politici, giudici, burocrati e intellettuali irresponsabili è l’apocalisse.
Notizia fresca fresca di oggi, su L’HUFFINGTON POST, "il caso Mose sfiora i due Letta". La politica italiana si è arricchita di due nuovi mostri sbattuti in prima pagina, e chissà quando potranno scendere da lì. 
Ma è davvero intelligente spacciare per verità le chiacchiere di cortile, sul Premier in carica, con tutte le implicazioni internazionali a danno dell'intero popolo che ne possono seguire? Per questa via, siamo arrivati ad esporre Berlusconi a pomodori e pietre in faccia. Ora, in obbedienza alla legalità, replichiamo lo stesso trattamento su Letta, magari migliorando il dosaggio per eliminarlo prima.
Più che i soldi, temo che ormai agli italiani ossessionati dalla legalità acefala, manchi il cervello. Vedi caso Shalabayeva.
Giampaolo Rossi ha scritto: “Prima ancora di scommettere su chi sarà il prossimo a dimettersi (se un ministro, un prefetto, un magistrato o un questore), dovremmo preoccuparci di chi sarà il prossimo (cittadino italiano o meno), a cadere in questa trappola kafkiana che è ormai l’Italia”.
Far dipendere il governo di un Paese solo dalle leggi, (e alcune vecchie anche di secoli) è come pretendere che il vestito legale per il giorno del matrimonio sia quello della cresima di dieci taglie più piccolo. Una legge può essere applicata utilmente per decenni, ma può anche scadere dopo 24 ore, per sopravvenute variabili non previste dalla legge, e da quel momento la legge incomincia a fare danni, perchè il legislatore non è mai abbastanza tempestivo da evitarli e non doverli poi sanare a danno della collettività. In Italia vedi problema esodati.
Rispettare acriticamente la legge, è come pensare che gli unici soggetti provvisti di cervello per governare un popolo siano solo i legislatori, e che non sia giusto contare sulla intelligenza critica di burocrati e giudici, perché ne sono sprovvisti.
Le democrazie moderne sembrano soccombere per assenza totale di soluzioni; ma è perché l’unica a cui ci siamo affidati acriticamente in massa è la legalità. Ma quella ci libera dai problemi, se oltre ai legislatori ci mettono cervello e responsabilità anche burocrati, giudici e intellettuali. Altrimenti si salvi chi può.
Comunque, il 90% di responsabilità l'hanno i giornalisti, perchè ci inducono a pensare che un ministro che varca la soglia di un ministero possa e debba avere all'istante, il controllo totale nel suo campo. Questa è una corbelleria galattica. I politici possono e devono inventarci un futuro meno scandaloso del presente, ma ci prendiamo per i fondelli da soli se pensiamo che debbano garantirci il controllo capillare dell'amministrazione che compete ai burocrati, e della giustizia ai giudici.
Ciò che avviene oggi è sempre all'insaputa del ministro, se ha preso possesso del ministero da una manciata di ore o di giorni. E' quello che avverrà nei prossimi anni che gli va imputato al 100%.
Soltanto una classe intellettuale idiota poteva istigare la politica a pretendere la testa del ministro Alfano per aver governato male il caso Shalabayeva. Se lo avesse curato personalmente sarebbe corresponsabile dei burocrati; altrimenti, di come dis-funziona quel ministero è più responsabile Maroni che ci aveva le radici, e non Alfano, che non ha ancora lasciato nemmeno impronte digitali sulla maniglia della porta o la tazza del caffè.
Proprio cambiando politici come mutande, e conservando inamovibili e irresponsabili burocrati e giudici, che hanno sempre l'alibi di aver rispettato la legge, come se le leggi il legislatore le concepisse proprio per distruggere e non per salvare: siamo arrivati al punto morto inferiore della civiltà o superiore della barbarie.

venerdì 12 luglio 2013

Il legislatore, chi l'ha visto?


Il legislatore, chi l'ha visto?
Una analisi superficiale della realtà ci indurrebbe a credere che le dittature muoiano perché i tiranni sanguinari non danno potere ai giudici; mentre le democrazie fanno una fine ancora peggiore, perché i giudici il potere lo hanno, ma ne abusano fino al punto di impedire, come in Italia per venti anni, al premier Berlusconi di governare, ma possono anche sbatterlo in galera ed eliminarlo politicamente.
Insomma, guardando la realtà con quelle fette di prosciutto che la disinformazione ci incolla sugli occhi, saremmo indotti a concludere che sia lo strapotere criminale dei politici, ad uccidere le dittature, e lo strapotere legale dei giudici le democrazie.
I PM comunisti tengono sotto scacco la politica liberale italiana perseguitando Berlusconi e l’intera magistratura convalida la loro linea d’accusa ed è pronta a rendere definitiva la condanna al carcere e alla interdizione dai pubblici uffici.
Giuridicamente Berlusconi (se non mi sbaglio) non è ancora criminale con sentenza passata in giudicato, ma è moralmente e mediaticamente amato dai suoi nemici al pari di Adolf Hitler, Al Capone e Jack lo squartatore assommati. Sicuramente i comunisti dichiareranno festa nazionale o di liberazione il giorno in cui l’Italia si sarà scrollata dal groppone quel fetente di Berlusconi.
Ma in questa cultura con la bava alla bocca, quante sono le reali responsabilità di Berlusconi e quante del sistema? Uno Stato che muore di “berlusconismo” e quindi per colpa di Berlusconi, è una dittatura, perché le democrazie muoiono solo per colpa di tutti, come ci insegna Camus.
Ma se l’Italia non è politicamente democratica, (è dittatura berlusconiana da venti anni), come può esserlo giudiziariamente e mediaticamente democratica? Infatti non lo è. E non per colpa dei giudici iperattivi, ma dei legislatori iperpassivi.
E' tipico dei legislatori italiani rimandare, perdere tempo, conservarsi le mani pulite, lasciando ai poveracci che hanno bisogno l’incombenza di sporcarsele violando un sistema legislativo ormai da ospedale psichiatrico. (La legge sul conflitto di interessi la aspettiamo inutilmente da venti anni) Che inducendo il popolo a commettere crimini per salvarsi, trasferisce potere dalla politica alla giustizia, fino a quello strapotere che oggi istiga i poveri al suicidio e i Berlusconi a piangersi addosso come vittime dei PM tiranni.
Ma i PM tiranni non sarebbero mai nati, se uno spermatozoo filosofico degno di questo nome, avesse ingravidato l’Italia di legislatori responsabili. Quindi è la presenza di legislatori irresponsabili, quelli che creano problemi invece di risolverli, a mettere la magistratura nell'infelice condizione di supplente politica tirannica da tangentopoli in poi.
Ecco perché in Italia gli idioti della cultura faziosa e della politica irresponsabile hanno gioco facile a dichiarare ogni sentenza politicizzata. E’ ovvio che la magistratura non possa fare altro che politica scandalosa con le sue sentenze, perché dove la colpa è dell’intera classe politica, ma direi anche del popolo, perseguire gli illeciti di un singolo soggetto e ignorare altri milioni di illeciti, sarà pure giuridicamente legale, ma è moralmente scandaloso.
Quindi il legislatore inadempiente, che crea problemi invece di risolverli, che impone tributi e distrugge lavoro, costringe il popolo a delinquere nell'illusione di liberarsi dai problemi. Ma così facendo opera da procacciatore di utenti e quindi di potere tirannico per  i magistrati.
Se i vigili del fuoco accorressero sul luogo dove si consuma un incendio, ma non fossero obbligati ad aprire gli idranti per spegnerlo, provate voi ad immaginare che abbondanza di crimini commetterebbero tutti quelli che hanno la forza bruta di salvarsi camminando pure sui cadaveri dei loro parenti e conoscenti. E non è forse ovvio che i crimini arricchiscono il potere dei magistrati e corrodono in egual misura quello dei politici?
E' così che siamo messi in Italia. La nostra pseudo democrazia sta tirando le cuoia perché a Roma ci sono mille parlamentari legittimati a grattarsi impunemente l’ombelico. Manca il legislatore pompiere con l’obbligo di accorrere sul luogo dell’incendio e di infilarsi fra le fiamme a salvare chi brucia, con gli idranti già in funzione.
Invece abbiamo in abbondanza legislatori pompieri con diritto all’inadempienza. Quella che sta consentendo a tre schieramenti politici di fingere di governare (ma forse in Italia è già tutto ingovernabile) e al quarto di chiamarsi fuori da qualunque dovere che non sia quello di autoridursi il compenso, per godersi lo spettacolo senza rischiare.
Forse la severità della magistratura induce il legislatore a proteggersi dai rischi dell’azione giudiziaria, con l’inazione politica; guarda quei fessi dei cittadini che si contorcono le meningi alla vana ricerca di una soluzione legale per i loro problemi, e più fanno e più affondano nello sfascio, senza protezione di un qualche potente corrotto.
Berlusconi in tutto questo sfacelo ha la colpa di essersi salvato agendo da imprenditore politicamente protetto; e poi da politico per aver minacciato di agire, di riformare la giustizia, nella patria dell’inazione, della politica lasciata al caso.
Perciò in Italia non è discutibile l’azione giudiziaria, ma demenziale l’inazione politica benedetta da una razza di intellettuali e giornalisti "sciroccati", a cui quel maledetto “uomo del fare” di Arcore ha già rotto parecchie uova nel paniere, ottenendo come compenso un invito a San Vittore o Regina Coeli a spiluccare gratis pasta e fagioli.
In quale anno in Italia un galantuomo potrà agire, legittimato da un legislatore “adempiente”, senza le persecuzioni di una magistratura (tributaria in primis), che oggi utilizza per miopia o opportunismo o fede politica cieca, un sistema legislativo premiante per parassiti e suicida per produttori onesti, è ancora presto per stabilirlo.

martedì 9 luglio 2013

I pedoni della politica


I pedoni della politica
Togli la bicicletta ad un campione di ciclismo e nessuno si scandalizzerà che senza quel mezzo viaggia alla velocità di un qualsiasi pedone.
Invece è da spacca cervelli capire quanto i successi o i fallimenti di chi governa un popolo, sono imputabili al ciclista, e quanto alla qualità della bicicletta del potere che gli hanno dato in uso.
Perché spesso la stampa ci induce a pensare che un Premier capace, possa esattamente tutto ciò che vuole, visto che da capo del governo è sempre a cavallo del potere, e se non produce risultati non può dire che lui ha pedalato, ma la bicicletta era forata.
Invece ci sono poteri nuovi come quelli di un dittatore e poteri usati come quelli del Premier Letta che deve concordare con Alfano l’uso della bicicletta ormai inservibile da decenni, con una barca di miliardi da pagare e non da spendere, con le magistrature civili, penali, contabili e costituzionali che inibiscono l’uso libero del potere. E poi c’è la UE che detta la politica e la vuole tonda, e poi passa la BCE e la vuole quadra.
Poi ci sono i conti da fare con spreconi, ladri, corrotti e mafiosi (alcuni ancora sconosciuti alla magistratura) nello Stato centrale e nelle istituzioni periferiche, come comuni, province e  regioni, che in teoria avrebbero dovuto aiutare l’Italia a correre più veloce su l’autostrada del sistema economico, invece l’hanno aiutata a correre sulla via sterrata del cimitero, e nemmeno ora che siamo ad un passo dalla bancarotta, il potere del Premier va oltre lo spendere o risparmiare i soldi personali che ha nel suo portamonete:  per il resto, è come fosse immobilizzato mani e piedi.
Non può ridurre o abolire l’IMU, non può tagliare o contenere l’acquisto degli F35, non può abolire o ridurre le province: insomma, non può e basta.
E' come se a Palazzo Chigi avesse trovato la bicicletta del potere chiusa col catenaccio e senza chiave per aprirla. E la condizione di impotenza del Premier tipica delle democrazie, in Italia è diventata  patologica, da quando "tangentopoli" ha spostato troppo potere verso i giudici, e ora i condizionamenti di UE e BCE, (con pesanti interferenze anche del FMI) è come  avessero buttato la chiave del potere politico delle singole nazioni indebitate, nel famoso Triangolo delle Bermuda, perché nemmeno i dittatori più sanguinari ne possano fare uso o abuso.
Dopo Craxi, ci ha rimesso il collo Berlusconi per un ventennio. Ma Letta è ciclista nato, ed ha chiarito senza ombra di dubbio che in Italia abbiamo il governo ma non il potere di governare; perché se mai avessimo da spendere o risparmiare qualche euro, il numero dei soggetti italiani ed europei che potrebbero impedircelo è pressoché illimitato, senza contare quelli che potrebbero dimostrare di avere titolo legale di acquisirlo con gli interessi di ritardato pagamento,
Il "perseguitato" Berlusconi ha fatto intendere che per svolgere al meglio la funzione di PM bisogna essere matti. Io invece temo che sia la funzione di Premier italiano a necessitare di una dose di pazzia da manicomio, perché si hanno in carico troppi problemi, pochi soldi, troppi debiti, troppi topi da tenere lontani dal formaggio, e nessun potere decisionale autonomo di attuare uno straccio di soluzione che sia tale di nome e di fatto.
Insomma, più che grattarsi l'ombelico, in attesa di incriminazione per illecita grattatura, il Premier italiano non può. E pensare che da quel ciclista appiedato ne venga la salvezza dell'Italia è autolesionismo.

lunedì 1 luglio 2013

Primatisti di antipolitica


Primatisti di antipolitica
Temo che noi italiani guardiamo la politica con una punta di pessimismo di troppo, e tanto ci basta a vedere tutto sbagliato e tutto da rifare. Invece i comunisti impegnati nella politica “antiliberista” ammazza imprenditori non sono niente male a giudicare da come li hanno ridotti. E manco i liberisti scherzano con la politica “anticomunista”, visto che gli esseri umani ormai si comprano e vendono anche a pezzi di ricambio: e dove gli italiani non li ammazzano le tasse, ci pensano i prezzi, le contraffazioni, gli strozzini e gli avvelenatori del cibo e dell’ambiente.
Insomma, se è vero che paghiamo un fiume di classe dirigente comunista, senza aver mai avuto uno Stato comunista che mantiene il popolo; e altrettanti liberali, per avere quello liberista, che lo lascia libero di produrre e contribuire (oggi prima paghi e poi forse lavori); non possiamo non ammettere che ai comunisti è perfettamente riuscita la demolizione dello Stato liberista, alla cui costruzione, tutti, comunisti compresi, si dicono strenuamente impegnati; mentre i liberali, altrettanto bravi in demolizioni, si sono difesi tenendo costantemente indebitato l'aspirante Stato comunista, a colpi di appalti truccati, corruzioni, evasioni, elusioni, esportazione di capitali, falsi in bilancio, truffe astronomiche e tassi usurai, in modo che anche i comunisti siano tentati, per mancanza di risorse, a prendere dai poveri, (invece di dare) fino ad istigarli al suicidio.
E tutto ciò, sotto la super visione della Corte Costituzionale e della Magistratura che controllano, certificano e garantiscono che tutto “è a norma di legge”: chi si ammazza è perché non voleva più mangiare, non perché non avesse.
Insomma c’è solo da rassegnarsi, perché in ogni campo, l’intera classe dirigente italiana indossa la stessa tuta da lavoro, (con o senza inciucio) e distinguere gli aggiustatori dai guastatori, è facilissimo, ma a lavoro ultimato, non prima che ci abbiano sepolti vivi dalle macerie.
Quindi c’è il rischio di accomunare i buoni, a quel 90% di cattivi, impegnati a fare politica antiliberista se non gli riesce comunista, o anticomunista se la liberista li affatica.
E in conclusione, un pensiero "ottimista" di Giampaolo Pansa  del 24/6/13 su liberoquotidiano.it : "Basta con i processi al Cav. I forcaioli sono dei pazzi".
“È disperante l’Italia che emerge in questo orribile 2013. Siamo diventati i campioni mondiali di tutti i vizi delle nazioni, impotenti a battersi per la propria salvezza. Offriamo al mondo il profilo indecente di un Paese lagnoso, pessimista, in preda al terrore per il proprio futuro. Ma così non avremo altra sorte che darci la morte da soli. Anche se fare il boia e al tempo stesso l’impiccato non si rivelerà semplice.”
Invece è semplicissimo caro Pansa. Un popolo che si diverte a fare "il boia", a fare antipolitica o antigiustizia, credendo di impiccare solo i poveri, i deboli, gli indifesi, gli altri, in automatico si impicca da sé senza corda: perchè il bello della democrazia è che alla lunga non salva nessuno se non può salvare tutti: dallo scemo del paese al presidente.

venerdì 21 giugno 2013

Deformità ideologiche


Deformità ideologiche

L'ideologia è la più raffinata forma di illusionismo e falsificazione della realtà che esista al mondo; perché non si limita solo a farci vedere con i nostri occhi cose che non esistono, ma ce le marchia a fuoco nel cervello, condizionando per secoli la logica di interi popoli e continenti, che non riescono (salvo rare eccezioni) a ragionare diversamente da come sono stati programmati.
Quindi, anche quelli che ci sembrano "sbagliati", in realtà sono “uomini giusti ma nel posto e tempo sbagliato”. La loro logica fa a cazzotti con la cultura dominante e finiscono classificati idioti, pazzi o criminali.
L’Italia, il suo uomo giusto nel posto sbagliato, lo ha a Palazzo Grazioli in Roma. E’ quel gran fetente di Silvio Berlusconi, gioia dei pennivendoli comunisti che grazie a lui guadagnano da venti anni fiumi di denaro criticandolo; ed incubo della politica italiana di destra ormai condizionata più dalle sentenze che dalle votazioni.
Ma bastano poche ore di volo; e lo stesso uomo sbagliato d'Italia, dipinto come una miscela tonante di criminalità economica, pazzia politica e ossessione sessuale, si trasforma da nemico dei comunisti italiani, in amico degli ex comunisti russi e personale di  Putin. E mi piacerebbe sapere se là ci va per insegnargli a nuotare da squalo nell’oceano liberista, o per imparare da lui come galleggiare da vivo nello stagno italiano comunista.
Allora il vero e allucinante problema dell’Umanità non sono gli uomini, ma il plagio culturale a cui vengono sottoposti, fino a convincerli che stanno ragionando da grandi pensatori, anche quando sragionano e sbiellano da manicomio criminale.
E ora, volete la conferma che ad essere giusto o sbagliato non è mai l’uomo, ma sempre la cultura di un certo momento e in un certo luogo? Provate ad immaginarvi che razza di accoglienza avrebbero riservato al nostro Berlusconi, se fosse volato a Mosca in pieno comunismo, ad insegnare liberismo al Putin, capo del KGB. Come minimo ce lo avrebbero restituito orizzontale in cappotto di legno.
Allora smettiamola di classificare gli individui come “porci o dei” a seconda della nostra miope convenienza, direbbe Tolstoj, e cerchiamo meglio di capire se la cultura che ci ha massacrato il cervello non è per caso in conflitto con la vocazione necessaria ad un popolo e persino ad un intero continente.
Perché ora anche lo scemo del paese, può affermare (col senno di poi) che la vocazione del popolo cinese, ieri squattrinato, oggi in grado di comprarsi il mondo in contanti, non era affatto comunista. Ma se lo avesse detto ieri sarebbe stato un uomo morto.
Allora, invece di inseguire le vittime della in-cultura idiota che spiano i bunga bunga di Berlusconi per fornirci le prove inconfutabili che quello è  “l’unico uomo sbagliato nell’Italia giusta, anzi giustissima”; dovremmo cercare di capire quale vocazione è bene che coltivino gli italiani: se quella vecchia cinese, o quella nuova, posto che ci consideriamo liberisti ma siamo squattrinati da fare schifo, e non abbiamo nemmeno un tric trac atomico, (altro che “bomba” come i russi) per sperare negli aiuti americani.
Perché se la vocazione al liberismo, noi italiani (ma direi anche europei), ce la faremo venire davvero, ma dopo aver accoppato l’intera razza dei "padroni" Berlusconi, Agnelli, Riva & C. che a colpi di stipendi e tasse tengono in piedi lo Stato: allora per tutti saranno cavoli amari.
Perciò vediamo di capire di che vocazione abbiamo bisogno: ci serve produttività liberale o accattonaggio comunista? Perché basta davvero una punta di eccesso ideologico nella miscela cultural-giuridica, per convincere il popolo che il potere dominante resta sempre buono e giusto, (fosse pure nazista o comunista) invece il nostro Berlusconi "ex buono" è diventato cattivo, avendo subito una mutazione genetica che lo ha reso ottimo come portafoglio (per mogli stagionate e amanti fresche) àncora liberista, spremuta fiscale, frullato penale e sbattuto mediatico.
Insomma, Berlusconi, si rassegni. Sono venti anni che combatte il comunismo inutilmente per conto proprio, ma a spese dei piccoli imprenditori che poi finiscono schiacciati da un carico burocratico-fiscale insostenibile; e dopo aver girovagato per anni alla ricerca di aiuto dal sindaco, parroco, maresciallo, usuraio e qualcuno ha scomodato persino la procura, hanno capito che qua la giustizia è un’utopia e alcuni hanno levato il disturbo.
E tra fallimenti, cessazioni, vendite e suicidi, da decenni gli imprenditori si sono ridotti ad una schiacciante minoranza e spostano il loro consenso a sinistra, temendo, che dove la maggioranza è comunista, sia inutile allungare l’agonia del sistema facendo opposizione da destra. 
Solo dopo il default forse potrà attecchire il liberismo, e sempre che degli imprenditori onesti e pensanti non si sia già estinta la razza, perché le ideologie di qualunque specie ci inducono non solo a sragionare, ma a vedere la nostra pazzia negli altri.
Sartre diceva: "quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire". Ma se fosse passato di qua 62 anni dopo, ci avrebbe infilato ne "il diavolo e il buon Dio", anche la guerra fra i nostri finti potenti, politici e giudici, che combattendosi a colpi di leggi e sentenze, uccidono da decenni milioni di poveri.

venerdì 14 giugno 2013

Grillo non si lavò le mani


Grillo non si lavò le mani
Fosse pure il peggiore criminale dell’Universo, noi italiani dovremmo a Beppe Grillo riconoscenza secolare per aver tentato di  liberarci dalla più devastante delle mistificazioni culturali, che ci induce a credere che in democrazia l'intera classe dirigente: dai professori, professionisti, giornalisti e fino ai giudici, debba aspettare che i politici  facciano politica o ci mandino in bancarotta.
Tutto falso. Grillo ci ha dimostrato che non serve salire o scendere in politica per fare politica. Lui coordina un quarto dei politici italiani senza essere politico e senza una tessera di partito; ma avendo capito, primo e unico in Italia, che la democrazia è il governo del popolo, non dei politici. 
E se un popolo con decine di milioni fra diplomati e laureati aspetta e spera nei professionisti della politica, come il contadino guarda in cielo sperando che le nuvole gli innaffino l’insalata, e pazienza se poi gliela grandinano, allora un popolo così, di politica democratica, non vive.
In democrazia i politici stanno alla politica, non più dei giornalai al giornalismo. Sono collettori non produttori di politica. Firmano o approvano migliaia di leggi, ma niente di ciò che fanno è opera di un solo politico. Ci vogliono interi eserciti di consulenti e di tecnici che realizzano prodotti finiti, ma collegialmente, perché la complessità della politica necessita di una cultura interdisciplinare di cui nessun singolo soggetto è autosufficiente.
Quindi i partiti e i politici sono semplici contenitori della politica che gli italiani hanno la bontà di riversargli. Come i giornalai aspettano il lavoro dei giornalisti trasformato in giornali da vendere.
Ecco perché a Grillo dovremmo fare un monumento da vivo, per aver liberato gli italiani dalla idea demenziale che si debba aspettare con pazienza che i professionisti della politica facciano politica, impiegando eserciti di tecnici e consulenti strapagati, e magari più ignoranti di loro.
La buona politica in democrazia sorge, non piove. E se un popolo di diplomati e laureati, di Beppe Grillo ne ha uno solo disposto a sporcarsi le mani gratis, a mettersi in gioco per la collettività, sia pure a sbagliare e a pagare, allora quel popolo non merita di fallire una volta, ma mille.
Tutti quegli intellettualoni che hanno sostenuto Grillo, pensando poi di usarlo, e ora lo criticano perché sta perdendo potere, sono l'Italia peggiore, sono l’invasione di locuste che ha raso al suolo popolo e Stato, usando la cultura (acquisita al 90% a spese della collettività che butta il sangue) solo per egoistici e miopi interessi individuali, e mai gratuitamente in funzione del bene comune.
Quella gente non merita di vivere in democrazia, perché mai spenderà i suoi soldi o la sua cultura a vantaggio di tutti; ma solo per  derubare o rovinare tutti a vantaggio proprio.
Perciò, grazie Beppe Grillo per aver liberato questo Paese dalla schifosa mistificazione che riconosce alla classe intellettuale il diritto e l'autorevolezza culturale e morale di criticare la qualità della politica altrui, senza mai sentire il dovere di dimostrare la propria, se non da tecnico o consulente strapagato ed esente da qualunque responsabilità.
Il tuo linguaggio necessariamente aggressivo fornisce ai tuoi avversari l'alibi per attaccarti, e induce non certo i migliori dell'M5S a mettersi contro di te, a farsi espellere o a lasciarti. Non preoccuparti, tu hai già vinto così. Hai dimostrato che la "casta" italiana, considerata inamovibile e strapotente da milioni di Pilato che ci mangiano a lavarsi le mani; per te che hai capacità e coraggio di sporcartele, ha la consistenza della ricotta fresca, ti basta indurre gli elettori italiani adulti e vaccinati a farsela in un sol boccone.
Io non ho l'abitudine di fidarmi delle parole altrui e non ho votato per il tuo movimento. Ma per quello che hai già fatto, mi sento il dovere di ringraziarti. Hai cambiato una grossa fetta dei politici romani. Ora però,  a cambiare politica devono pensarci loro.