giovedì 25 aprile 2013

Un Letta a due piazze


Un Letta a due piazze
In Italia abbiamo un solo cognome al vertice della politica, che sia spalmato su tutto l’Arco Costituzionale: quello di Enrico Letta del PD, nipote di Gianni Letta del PDL.
E poiché l’Italia deve uscire in tutta fretta da una lunghissima stagione di contrapposizioni ideologiche, veti incrociati, letargo intellettuale, sonno della ragione, dove il dialogo in funzione del bene comune è stato classificato come il peggior crimine politico da combattere: "inciucio"; per un governo delle larghe intese che salvi l’Italia dal burrone dove sembra in caduta libera, serviva una famiglia priva di paraocchi per cavalli, dove, almeno per vincoli parentali, i comunisti guardassero anche a destra e i liberisti anche a sinistra.
Così il Presidente Napolitano, che per acume politico non è secondo a nessuno, ha incaricato Enrico Letta di fare il governo delle larghe intese o il governissimo come si usa chiamarlo: speriamo che almeno questa sia la volta buona.
Un tale diceva che al mondo non c’è niente che sia abbastanza irrazionale, che poi ripetuto all’infinito non finisca per sembrarci giusto, intelligente e persino geniale. Aveva ragione.
La politica contrapposta in campagna elettorale, ma che continua tale per l’intera legislatura impedendo qualunque tentativo embrionale di dialogo, (altro che inciucio) è il peggiore crimine politico in democrazia, dove le scelte del popolo sovrano non sono sindacabili. I rappresentanti del popolo legittimati ad accedere in Parlamento sono già perfettamente selezionati. A nessuno, e ripeto nessuno, (prima di tre gradi di giudizio) è consentito distribuire patenti di legittimità, illegittimità o "impresentabilità". Solo la magistratura può delegittimare un parlamentare dopo un normale iter giudiziario.
Un giudice che azzardasse un aggettivo improprio prima della sentenza, e tale da far temere che possa avere dei pregiudizi nei confronti  di una delle parti in causa, verrebbe ricusato subito.
I legislatori invece si sono riservati il privilegio di coltivare e moltiplicare i problemi drammatici che dovrebbero combattere, combattendo con chi avrebbero il dovere di dialogare per risolverli.
A questa mostruosità, i politici e l’intera classe dirigente italiana, mettono puntualmente riparo quando devono dividersi la torta delle risorse disponibili (perchè quello e solo quell'istante non è inciucio). Ma finita la spartizione, riprende la contrapposizione  in modo che l’intera Italia vada in malora con il suo carico di problemi irrisolti e cittadini ridotti alla fame o al suicidio.
Il Parlamento è il “pronto soccorso” dove il “bene comune o se vi piace, la giustizia sociale”, arriva malato per farsi curare. Ora immaginatevi che razza di accoglienza gli riservano i sanitari della politica italiana, se impiegano mesi, anni o decenni litigando fra loro, prima di stabilire quanto vantaggio personale ne traggono a curarlo, e quanto danno possono arrecare agli avversari lasciandolo schiattare.
Danneggiare poche migliaia di persone con un comportamento antisindacale è un illecito forse da codice penale. Immaginate che razza di crimine commettono i politici che invece di assolvere alla funzione di legislatori, cambiando le leggi sbagliate, tipo il “porcellum universalmente criticato”, e migliaia di altre mostruosità giuridiche, si infilano la toga di pubblici ministeri per processarsi e impedirsi reciprocamente di governare, impoverendo così i 30 milioni di italiani di classe media e riducendo alla fame 20 milioni e passa di poveri.
La presenza di un Al Capone o di un Adolf Hitler nel Parlamento Italiano può sindacarla solo la magistratura con tre gradi di giudizio. Chiunque delegittimi un parlamentare anche solo un giorno prima, delegittima quel pezzo di popolo sovrano che se lo è scelto come proprio rappresentante politico: e questo potere non lo ha nemmeno il Presidente della Repubblica e nemmeno tutte e cinque le alte cariche dello Stato in seduta comune.
Solo una sbornia di demenza collettiva ha potuto indurre i politici e i giornalisti a considerare per un ventennio la legislatura un’appendice di campagna elettorale, dove continuare ad usare colpi bassi per atterrare l’avversario con cui si aveva il dovere di dialogare. Come se la politica degna di questo nome, non fosse altro che un bottino di guerra fra opposti schieramenti armati di clava anziché di idee e progetti da mediare e perfezionare.
Ora un semino di dialogo e con grande senso di unità lo ha gettato il Presidente Napolitano incaricando l’unico politico di sinistra che non studia la destra come un fronte nemico da bombardare. Speriamo che ci sia gente capace di innaffiarlo; perché se tutti si dicono disposti a sostenere qualunque Premier, purché realizzi gli otto punti di riforme di Berlusconi e forse altrettanti di Grillo, e poi ci sono altri otto punti dei PD, è come rimandare Enrico Letta all’asilo, e imporgli, per non sbagliare il compitino, di farlo sotto dettatura di Berlusconi a destra, PD al centro e  Grillo a sinistra.
Perché se la politica dei veti incrociati continuerà con questa musica che ha già distrutto l’Italia; tempo un anno e gli italiani romperanno disco e giradischi.

lunedì 22 aprile 2013

Muratori conto proprio


Muratori conto proprio
Il grande Henri Poincarè diceva: “La scienza è fatta di dati, come una casa di pietre. Ma un mucchio di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa”.
Quindi, in democrazia, il mucchio di partiti e istituzioni diventa Casa Comune, solo se il cemento del buon governo riesce a dare forma e solidità al tutto. Perché se l'assemblaggio si pretende di realizzarlo con lo sputo del malgoverno, che spacca, rottama, frantuma e ammucchia invece di unire, non bastano mille anni per mettere in piedi e funzionante un vespasiano!!
Se il cemento viene rubato e impiegato tutto per assicurare finta funzionalità ai singoli partiti e singole istituzioni, in guerra reciproca a tempo indeterminato, lasciando che lo Stato si riduca in un mucchio di pietre costose quanto lingotti, ma scollate come le macerie di una costruzione terremotata, allora la Casa Comune diventa un incubo per tutti gli onesti pagatori e una refurtiva per ladri.
Con i poteri privati e pubblici che danno l’illusione di produrre scuole, ospedali, strade, infrastrutture di tutte le razze, ma realizzate solo per l’arricchimento degli addetti ai lavori corrotti e mafiosi, riempite di dipendenti che non hanno alcun dovere di rendere un servizio, o lasciate incompiute, o offerte finite e arredate di tutto punto, ai professionisti del vandalismo o del furto che corrono a smontarsi una porta, un lampadario, un condizionatore, un bagno pubblico e a convertirlo d’urgenza in privato.
Un mese prima delle elezioni, in Italia avevamo il PDL in liquefazione, così ha vinto il PD e in 50 giorni ha dato prova lampante di essere un partito evaporato, incapace di fare un governo e persino di eleggere il proprio Presidente della Repubblica pur avendo tutti i voti per farlo, e persino la disponibilità del PDL a votarglielo.
Quindi l’anomalia italiana sta nello avere architetture partitiche e istituzionali solidissime, ma mai incollate e rese co-operative, perché alla salvezza dello Stato, ogni singolo soggetto della nostra classe "dirigente?" antepone il consolidamento della propria casta, partito, sindacato, istituzione, cordata mafiosa o potere e arricchimento personale.
E’ una colossale truffa sostenuta dal mondo dell’informazione, per far apparire i partiti sempre in disfacimento, in liquidazione fallimentare, salvo cambiare qualche sigla e qualche segretario e farli ricomparire più nuovi e lucidi di prima.
I problemi veri sono della società che paga falsi muratori politici, giornalisti complici e giudici impegnati a difendere lo Stato dal popolo, quando il vero problema è come difendere il popolo dallo Stato, i cittadini onesti dai burocrati macellai, gli impotenti dai potenti, che da 65 anni impiegano il cemento del buon governo, non per trasformare i mattoni sciolti delle istituzioni in Casa Comune, ma per consolidare il loro potere di burocrati, sindacalisti, partiti e singoli politici, che crescono e durano inestirpabili quanto gramigna.
Vedrete, il tempo di prendere il caffé al bar e il gommista avrà riparato la gomma bucata al PD che ripartirà alla grande con un altro autista che sarà la copia sputata di Bersani, per portarsi a rimorchio, come la cosa più normale del mondo, lo stesso Stato sfasciato, ingovernato e ingovernabile di prima; e pazienza se sarà un suicidio per i segretari di partito di destra e di sinistra, a cui si chiede solo di delegittimarsi reciprocamente per impedire qualunque forma di governo degna di questo nome.
Così tutti cercano e spendono soldi, ma nessuno produce istruzione, informazione, sanità, lavoro, previdenza e giustizia, (insomma valore aggiunto) perché nessuno a destra e sinistra produce politica: tutti rubano la malta cementizia dalla CASA COMUNE, (i soldi dei contribuenti) e chiamano politica il correre ad incollare mattoni in casa propria, nel partito, o peggio, nel conto in banca personale in un paradiso fiscale, alla faccia di milioni di genitori e figli, che la casa se la sognano, che il lavoro lo perdono e che il fisco, nella latitanza assoluta della giustizia, li riduce al suicidio “a norma di legge”.
La classe dirigente pubblica e privata andrebbe inchiodata alle proprie responsabilità, perché dove si riconosce alla legge il potere di uccidere la morale, fino a far apparire gaglioffo un galantuomo e benefattore un ladrone; la voragine di ingiustizia sociale che si crea fra super ricchi e strapoveri, difesi e indifesi, garantiti e rapinati, solo una feroce guerra civile può colmarla: ma con una toppa largamente peggiore del buco.
Insomma, le democrazie hanno un solo problema, ed è culturale: formare cittadini pacifici e dialoganti, uomini capaci di vedere e perseguire il bene comune; perché a formare buffoni, demagoghi, arruffapopoli, ladroni, anarchici e urlatori inconcludenti, ci riescono già divinamente professori e giornalisti. E di ciò, gli ultimi due mesi di politica italiana ci hanno offerto una prova scientifica inconfutabile.
Allo stato delle cose, sarà pure lavoro da Padreterno trasformare le regge dei governanti famelici italiani, in Casa Comune dei governati affamati: ma come direbbe quel tale, è l’unica finalità degna di un uomo. 
E per nostra fortuna, che Dio ce lo conservi, ri-abbiamo il Presidente Napolitano alla guida dell'Italia sulla corsia di emergenza:  attenzione, gli airbag sono tutti scoppiati da venti anni, guai a disturbare il guidatore.

venerdì 12 aprile 2013

La povertà è mutata da endemica in pandemica



La povertà è mutata da endemica in pandemica
I saggi, i ricchi, i potenti, i privilegiati del nord non potevano capire, e infatti non hanno capito, quando la naturale tendenza alla solidarietà meridionale non bastava più ad affrontare il problema endemico, secolare, della povertà dei terroni, ma serviva Politica con la maiuscola, per evitare il rischio che l'endemia muti in pandemia, prima dal sud al nord, e ora dall’Italia all’UE.
Questa è la ragione che ha fatto lievitare l’antipolitica in Italia, grazie  a Beppe Grillo che ha colto per primo il segnale inquietante della povertà italiana e ha addentato una grossa fetta di potere ai belli addormentati della politica: Bersani, Berlusconi, Monti & C.
Ora la spoletta è tirata e la bomba potrebbe esplodere. Alcuni ipotizzano che a Grillo non basti più una fetta di potere e vorrebbe tutta la torta (io temo che si sia già pentito per quel boccone gigante che potrebbe andargli di traverso). Ma neanche a Bersani e Berlusconi va giù che gliela strappino sotto il naso, però hanno ancora spesse fette di mortadella sugli occhi e non possono capire che il loro potere rischia di evaporare come l’alcool in una bottiglia a cui Grillo ha rimosso il tappo.
Negli ultimi tre decenni, comunisti e liberali italiani hanno affrontato la questione PIL: competitività e produttività, per uscire vincenti sull’avversario che governa, facendogli incancrenire il problema. Ma visto che la guerra non ha mai prodotto vincitori; i vecchi avversari politici abituati a combattersi fra loro invece di combattere i problemi, saranno ben presto spazzati via, se non coglieranno al pari della Merkel l’urgenza di stringere un’alleanza comunisti-liberali almeno in acciaio inox, per affrontare il problema della povertà italiana, che da secolare rompicapo dei terroni, (affidato alle amorevoli cure della rapina tributaria, usura, corruzione e mafia, tanto dai polentoni non ci sarebbe mai arrivato) si è tramutato in pandemia nazionale, con rischio di contagio UE.
Senza una sfilza di suicidi di imprenditori del nord e la vittoria di Grillo, i politici e gli intellettuali italiani alla mortadella non avrebbero ancora capito che la globalizzazione dell’economia, spostando competitività e produttività dall’Europa all’Asia, ha sfrattato la povertà dalla Cina e l’ha costretta ad imboscarsi nel sud Europa, dove stupidità, miopia, corruzione, ignoranza e mafia, le offrono, vedi Italia, un habitat regale.
Naturalmente Bersani non ha capito che Grillo non vuole governare, ma indurlo a guardare il problema dilagante, che tutta la sinistra ha lasciato per venti anni in mano al perseguitato fisso Berlusconi, aspettando che gli esploda, per raccogliere la massima eredità di consenso politico. Ma fra i due litiganti, è arrivato Grillo ad addentargli una grossa fetta di potere e ora sta costringendo gli avversari Bersani e Berlusconi ad allearsi e affrontare il problema a quattro mani, oppure rimanere stupidamente nemici e finire nel bidone della immondizia politica al prossimo e imminente passaggio elettorale.

martedì 9 aprile 2013

E' tutto da rifare



E' tutto da rifare

La vera causa dei problemi italiani sta nelle leggi sul lavoro e tributarie che spostando potere dai padroni, ai lavoratori e pensionati, hanno operato il miracolo dell’arricchimento dell’intero popolo per mezzo secolo e passa. Ma col passaggio dell’economia, da chiusa a globale, quella giustizia da equa è diventata iniqua.

La politica consociativa della Prima Repubblica, artefice del bum economico pre-globalizzazione, non ha saputo, voluto o potuto riadattare nella Seconda, le vecchie leggi al nuovo mercato, spostando potere in direzione opposta: dai lavoratori alle imprese, per compensare il calo di competitività del nostro sistema economico, ed evitare recessioni, fallimenti, licenziamenti e impoverimenti in massa.
Più le imprese macinano perdite, più vengono caricate di tasse per garantire ai lavoratori e pensionati pubblici e privati, continuità o crescita nel livello di benessere acquisito. Tutti hanno pensato che così il mercato italiano si sarebbe ripulito dalle piccole imprese incapaci di reggere la concorrenza; invece sono state le grosse e produttive a fuggire per prime dall’Italia, fino alla storia recente degli imprenditori italiani che si suicidano, sapendo bene che con l’attuale sistema legislativo, non esiste giudice che possa aiutare gli imprenditori onesti, senza finire lui stesso in galera: perché il massacro sindacale e fiscale degli imprenditori, in Italia è a norma di legge.
I beni o servizi che da noi costano 100, in Cina costano 10. Quindi la lenta agonia delle imprese italiane che continuano a subire tasse crescenti per profitti calanti o inesistenti, è sancita dalla legge. Ad ogni imprenditore onesto in difficoltà servirebbero tre giudici banditi, che violando per tre successivi gradi di giudizio, le leggi sul lavoro e tributarie, lo salvassero da sicuro massacro: cosa meno probabile di un sei al superenalotto.
Perciò gli imprenditori che per decenni hanno avuto fiducia nella giustizia italiana, ora preferiscono levare il disturbo da sé, ad una impossibile sentenza che li liberi dalla valanga di tributi che la politica idiota e la burocrazia menefreghista, irresponsabile o peggio criminale gli fanno piovere addosso.
Soltanto i lavoratori e pensionati avrebbero i numeri per consentire alla politica il salvataggio delle imprese italiane, cambiando le leggi e restituendo agli imprenditori il diritto di fare profitti e pagare salari e tasse, senza il dovere di concludere una vita onesta e una fede incrollabile nella giustizia con due metri di corda, dopo aver tentato la via altrettanto suicida dell’evasione tributaria, nella vana attesa che finisca la recessione o la bulimia fiscale: la tassazione delle perdite dove non ci sono profitti.
Ma per i lavoratori e pensionati, questo implicherebbe un arretramento nei diritti acquisiti: e una cambiale in bianco in tal senso non l’hanno ancora firmata e non la firmeranno mai per nessuno schieramento politico, né di destra, né di sinistra.
I governi Berlusconi hanno avuto valanghe di voti dai lavoratori e pensionati, maggioranze plebiscitarie, ma per pretendere più soldi per sé e più tasse per le imprese. Quindi hanno costretto Berlusconi a sfasciare, anche ciò che voleva e poteva risanare.
Ora, nemmeno la sinistra di Bersani ha il consenso per riportare in equilibrio la giustizia sociale, che così rischia di condannarci tutti alla distruzione, perchè un mercato fatto solo di arricchimento crescente, se non l’hanno ancora inventato per  le banche che falliscono a grappoli; si potrà mai garantirlo ai soli lavoratori e pensionati? No, è socialmente suicida.
L’Italia è ferma da sei anni nella recessione, che per le imprese significa impoverimento o fallimento, e per troppi imprenditori anche suicidio. Ma lo Stato e il popolo dei lavoratori e pensionati non sentono ragione: spremono gli imprenditori come limoni con tasse crescenti fino a farli fallire. Peccato che dei soldi rubati agli imprenditori, solo le briciole vengono impiegate per sfamare i poveri, ma il più, va ad ingrassare i ricchi.
Tutti pretendono gran parte dei profitti degli imprenditori; ma quando la politica economica comincia a regalargli perdite per anni, il socio Stato non solo si sottrae alla condivisione, ma ne accelera la fine continuando a tassare in maniera crescente fino al fallimento delle imprese o alla distruzione degli imprenditori: un milione di licenziamenti nel solo 2012.
Una volta i padroni rapaci condividevano con i lavoratori solo l’impoverimento, e trattenevano la ricchezza per sé. Oggi questo sistema si è capovolto, ma rimanendo rigorosamente criminale. I profitti di una impresa sono di sessanta milioni di padroni, mentre le perdite, di padrone ne hanno uno solo: quel fesso dell’imprenditore che si dissangua di pagamenti in attesa  di fallire.
Solo dalle demenziali leggi sul lavoro e tributarie dipende l’ingovernabilità e il fallimento dell’Italia, Spagna, Grecia e forse anche Francia e oltre; speriamo che almeno l’UE trovi la forza e il buon senso per metterci una toppa che non sia peggiore del buco.
Ma in attesa, bisogna gridarlo forte e chiaro: le finte democrazie che succhiano il sangue a venti milioni di poveri, (fino ad istigare disoccupati, pensionati o imprenditori in difficoltà al suicidio) per garantire privilegi, sprechi e ruberie ad un milione di parassiti e ladri pubblici e privati sono tirannie criminali, anche se affidate a soggetti di indiscutibile onestà, come lo sono le cinque più alte cariche dello Stato, e in primis la Presidente Boldrini che di fronte al dramma dei suicidi ha confessato con grande onestà: non avrei mai immaginato che in Italia potesse esserci questo livello di povertà. Invece è molto peggiore di quanto lei possa immaginarselo. Se non ci fossero le famiglie a fare costantemente da ammortizzatore sociale, le leggi e la burocrazia di questo Stato spingerebbero due italiani su tre a farla finita.
Presidenti Boldrini e Grasso, siete le due nuove risorse di speranza per questo Paese. Ma solo il Padreterno  potrebbe illuminarvi a capire in quale abisso sono sprofondati gli italiani poveri, in conseguenza di un sistema legislativo scadente e scaduto, in mano ad una burocrazia che eccelle solo per stupidità o criminalità: e perciò assassina con gli onesti e protettiva con i criminali.
Metteteci il cuore: perché il solo cervello dei saggi da strapazzo ha fatto troppi danni. Seguite la coraggiosa Boldrini fra la gente, senza aspettare i funerali, le lacrime e le urla di contestazione e troverete la chiave per salvarvi, salvando l’Italia, che ha in troppe leggi asociali e burocrazia idiota un tumore incurato e speriamo non incurabile.

giovedì 4 aprile 2013

Processate la cultura, non i politici.



Processate la cultura, non i politici.

E’ vero, non c’è un modo diverso per vederli all’opera: si deve per forza incendiare la casa per avere l’intervento dei pompieri, o minarla per vedere all’opera gli artificieri. Ma cosa va fatto per avere una squadra di operosi restauratori politici, nella CASA COMUNE ITALIA, prima che venga giù come una ricotta malfatta e si finisca tutti per accoppare i potenti in una rabbiosa guerra civile?
L’attuale generazione dei Robespierre sprovvista di ghigliottine, per non morire d’inedia s’è procurata ogni tanto un Andreotti in odor di mafia da processare, un Craxi corrotto da far morire in esilio o un genio del crimine come Berlusconi, per vivacizzare le aule di giustizia per un ventennio.
E pure, un modo alternativo per procurare clienti illustri alla “signora guillotten”, il mondo della cultura lo avrebbe decapitando le idee e le ideologie idiote, prima che possano accoppare interi popoli come il comunismo, il liberismo, o entrambi in guerra fra loro come in Italia da 65 anni.
In mancanza di re Luigi XVI e consorti da accoppare, gli attuali Robespierre italiani giocano al gatto e topo con i Berlusconi e affini; e forse farebbero bene a domandarsi, prima che sia tardi, se i popoli sono barbari:
1°  perché tale è la natura umana.
2° o perché la cultura occidentale induce ogni singolo individuo (peggio s’è molto istruito) a condannare ossessivamente le azioni altrui, per risparmiarsi, da “portatore sano” di idee da manicomio, la camicia di forza.
Se in Italia il governo è sempre stato una specie di conclave alla rovescia, dove si entra papa e si esce, (altro che cardinale) prete spretato, e magari ammanettato, (se si tratta del “papi” di Arcore) senza avere il potere reale di licenziare nemmeno un cameriere di Palazzo Chigi, figuriamoci un ministro, allora, qualcosa di profondamente guasto nella cultura filosofico giuridica italiana c’è.
E insabbiare questo problema è un attentato al popolo e al suo sacrosanto diritto di autogovernarsi per vivere e non per schiattare. Per 65 anni abbiamo affrontato i problemi cambiando i politici invece della cultura politica da manicomio d’Aversa. Ora siamo arrivati anche a processarli invece di processare le idee. Quindi il popolo si predispone ancora oggi a truffare sé stesso, visto che avrebbe bisogno di una esplosione di posti di lavoro e di PIL, ma si è affidato ad una classe politica capace solo di spendere poco, invece di produrre molto.
Insomma, sindacalisti e dipendenti hanno fatto ricca l’Italia, ma ora dovrebbero affidare il potere agli imprenditori per far ripartire la produttività ed evitare l’imminente default, ma non lo faranno.
Agli imprenditori italiani agonizzanti, i sindacalisti e i comunisti hanno il potere di riservare in esclusiva tre cose: tasse, manette o corda per impiccarsi; anche se da venti anni insistono a farsi rappresentare politicamente dall’imprenditore più capace e potente d’Italia: Berlusconi. E se è questo il trattamento riservato allo strapotente, immaginate cosa è in grado di fare, questo Paese, ad un qualunque imprenditore onesto che osasse fare politica !
Il potere dei lavoratori è così radicato, esteso, inossidabile e potente come una dittatura, che agli imprenditori non comunisti, restano tre sole cose a loro insindacabile scelta: fallimento, galera o cassa da morto.
Guardatevi intorno, gli imprenditori italiani stanno fallendo in massa, e i titolari di nuove imprese sono tutti immigrati di colore. Nei mercati di paese, un imprenditore di pelle chiara, sembra un immigrato clandestino in Africa, per la schiacciante maggioranza di imprenditori di colore che vendono beni e servizi più competitivi dei suoi.
A questo ci ha portato il comunismo: ha il merito di aver fatto dell’Italia la quinta potenza mondiale e degli italiani un popolo ricco, ma porterà tutto e tutti al fallimento, tenendo ancora gli imprenditori sul banco degli imputati, per risparmiare all’idea comunista vera e liberale finta, la camicia di forza.
Nella dittatura italiana, il potere liberale non tornerebbe più agli imprenditori nemmeno con la guerra civile, perché degli imprenditori capaci di investire autonomamente ricchezza propria e produrre ricchezza per tutti pagando salari e tasse, si è estinta la razza almeno da tre decenni.
Perciò, caro Presidente Napolitano, si risparmi pure un travaso di bile. I popoli non si salvano all’ultimo secondo del suo mandato come vuole fare lei. Trenta anni fa avrebbe dovuto vederla l’urgenza di trasformare questo Paese da comunista a liberale e non l’ha vista. Ora lo spieghi lei ai suoi procuratori d’assalto che fermando Berlusconi (il maggior contribuente d’Italia) stanno segando il ramo su cui siedono. E se riuscirà a convincerli avrà salvato l’Italia: senza tecnici e senza saggi.
Dopo 65 anni di istruzione obbligatoria, in Italia abbiamo cervelli pensanti (professori, dottori e tecnici) da impestare il pianeta; ma ci mancano le mani operose di imprenditori onesti e capaci, perseguitati, rapinati e distrutti dai comunisti manettari e tassatori, e dai banchieri usurai, con la santa benedizione dei liberali, troppo impegnati a fare profitti per capire che in un Paese ibrido: comu-liberista, a trovarsi per primi nei guai sarebbero stati i liberali col dovere di produrre, rubare o impiccarsi, e non i comunisti con lo strapotere di tassare e sperperare.