venerdì 31 gennaio 2014

La transpolitica italiana


La transpolitica italiana
In Italia i nostri politici soffrono di disturbi dell’identità di genere "politico": come dire, non sono né carne né pesce; visto che quelli che promettono comunismo aiutano le multinazionali, le banche e le assicurazioni ad arricchire e poi spostare la sede legale o i profitti nei “paradisi fiscali”; mentre chi promette liberismo, impicca di tassi a strozzo e tasse rapina la “risibile minoranza delle piccole imprese”, per garantirsi il consenso dei lavoratori e quindi il diritto di governare.
Cercando di capire se è meglio il comunismo del liberismo, l'Occidente ha sprecato 65 anni ed è ad un passo dal baratro; mentre l’Oriente è scappato un attimo a Casablanca da comunista squattrinato, ha cambiato "sesso", ed è tornato liberale: e ora la Cina è PRIMA POTENZA MONDIALE.
Come faccia in Italia un politico a promettere comunismo, lavoro e giustizia sociale, se da venti anni si scontra con la destra berlusconiana inossidabile alle persecuzioni giudiziarie; e come possa la destra promettere liberismo, in una Italia allagata culturalmente, mediaticamente e giuridicamente di comunismo fino al midollo, io non l’ho ancora capito.
Insomma, ci sentiamo assediati da troppi politici e troppa politica, ma è tutta “transpolitica”: come dire politica in crisi d’identità di genere politico.
Quella che si spaccia per comunista: è liberale alla bancarotta; e quella che si dice liberale: fa politica comunista per raccogliere il consenso della classe sociale maggioritaria, cioè i lavoratori; ma così facendo uccide le piccole imprese e mette in fuga le grosse: le “FIAT”.
Perciò noi italiani dovremmo deciderci se essere un Paese comunista, con uno Stato reso ricco e solido da un popolo sfruttato e schiavo; o liberale, con il popolo libero di rubare succhiandosi lo Stato come un ossobuco. Oppure creare un nuovo modello con i comunisti e i liberali che la smettano di spacciare entrambe le ideologie truffa come salvifiche religioni, e costruire insieme una "Casa Comune", dove il popolo non debba conquistarsi da terrorista o mafioso il diritto alla vita (in galera); né lo Stato finisca vittima degli assalti alla diligenza delle "consorterie mafiolegali", pubbliche o private a caccia di profitti e potere.
E per arrivare a questo ambizioso traguardo il popolo deve sapere che uno Stato ricco si costruisce solo con politica comunista che rende il popolo schiavo e povero; mentre la politica liberale porta allo svuotamento e alla bancarotta dello Stato, grazie alla libertà anarchica ed egoista di ogni singolo cittadino, di arricchire derubandolo.
Alla vera democrazia e alla vera giustizia sociale ci si arriva solo se la classe dirigente smette di rincretinirci con mezze verità comuniste e liberali fasulle: posto che in un Paese veramente democratico non si salva niente e nessuno se non salvando TUTTO e TUTTI: lavoratori, imprese, Stato, comunisti e liberisti.
Prima ce lo ficchiamo in testa meglio è: al mondo non ci sono più popoli abbastanza stupidi da lasciarsi violentare da una tirannia comunista schiavista; né da una tirannia liberale truffa, che ti consente di vivere o di arricchire, ma solo illecitamente, giusto per fare più ricchi i ricchi e più poveri i poveri.
Quindi, chi usa la democrazia italiana per inquinarla di comunismo sfruttatore e di liberismo truffa, prima o poi verrà chiamato a pagare il conto "salato".

domenica 26 gennaio 2014

Rottamare gli autisti politici o il catorcio Italia?


Rottamare gli autisti politici o il catorcio Italia?
Che della vecchia classe dirigente ci sia poco da salvare, è chiaro anche allo scemo del paese. E dopo Berlusconi, Renzi ha sfondato una porta aperta parlandoci di rottamazioni e ricambi generazionali della classe dirigente.
Però quello è solo lo spicchio insignificante dell’intero e vero problema. Ancora nessuno ha provato a domandarsi: ma del sistema Italia nel suo complesso, (depurato dagli addetti idioti e disonesti), cosa si può ancora ricavare? Quale istituzione, può iniziare subito a garantirci una decente funzionalità, se depurata dai vecchi marpioni del potere?
La scuola, la sanità, i trasporti, la previdenza, le amministrazioni periferiche, il lavoro privato, l’impresa, le tasse, le banche, le assicurazioni o la magistratura? Io dico, nessuna di queste. Siamo alla cancrena istituzionale al 1000%.
Chi pensasse che bastano pochi correttivi sul fronte della burocrazia sfaticata, politica ladra ed Equitalia rapace, si ricreda con urgenza e provi ad ascoltare questa storia.
Un giovane trova la sua prima occupazione a 600 euro mensili, ma a venti chilometri da casa. E' un avvenimento storico, in un Paese col 40% e passa di giovani disoccupati.
Gli amici ci mettono una piccola automobile gratis, ma deve farsi il passaggio di proprietà a suo nome e partono le prime 500 euro per un’auto che ne vale 50. Poi vanno in pellegrinaggio alla ricerca di una compagnia di assicurazione non esperta in salassi e partono altri 1100, poi ancora 150 di bollo, deve fare il collaudo e passa dal meccanico per una messa a punto da 200 euro, collaudo compreso, poi passa dal distributore e ci mette le prime 10 euro per andare a guadagnarne 20.
Per un catorcio ricevuto in regalo, ma che gli garantisce la mobilità e quindi la possibilità di lavorare e mantenersi ha speso già 2000 euro di amici e parenti finanziatori. Ne guadagnerà in un anno, al netto delle spese di benzina, 3600. Ma poi ci sono gomme, olio, riparazioni varie (qualche multa che è sempre gradita) e rischia di non riuscire nemmeno a mantenere l’auto (anzi il catorcio) con quello che prende di stipendio.
Per mangiare, vestirsi e vivere è possibile solo grazie alla famiglia, ma questo lusso lo Stato te lo consente solo se paghi le tasse. E con quali soldi un giovane si procura la casa, si sposa, fa figli e paga tasse per mantenere anche lo Stato?
Quindi la rottamazione della classe dirigente non cambia di una virgola le condizioni di quel 40% di giovani da cui dipende il futuro economico degli anziani. Se pure lavorassero tutti, non sarebbero in grado nemmeno di mantenere se stessi, manco se lo Stato azzerasse le tasse e gli 850 miliardi che gli servono se li procurasse svendendo l'Italia.
Allora dobbiamo guardare i problemi di casa nostra da un altro punto di vista. Forse il tempo della rottamazione degli autisti politici è passato. Cambiando autista, le prestazioni di un auto possono cambiare dalla notte al giorno. Ma un’auto prelevata dalla pressa dell'auto demolitore la puoi affidare ad una squadra di campioni mondiali di formula uno, ma non caveranno un ragno dal buco.
Quindi l’Italia aveva bisogno di autisti politici, burocratici e giudiziari degni di questo nome, 40 anni fa. Oggi ha solo bisogno di uno sfascia carrozze di fiducia. Visto che i farabutti non hanno difficoltà a difendersi dalle fastidiose punture delle zanzare giudiziarie; mentre i galantuomini devono subire immobili i salassi mortali dei vampiri finanziari e sorridere per non indispettirli.
Muovere un mattone a questo Paese, che non ha più un solo mattone né pubblico, né privato integro, è più complicato che riportare in vita Pompei e pompeiani a prima de l'eruzione del 79 d. C.


giovedì 23 gennaio 2014

La pentola sinistra “scuperchiata”


La pentola sinistra “scuperchiata”

Per un imprevisto “spunto pressorio”, alla pentola sinistra italiana è saltato il “Cuperlo”. Dopo due decenni ininterrotti di antiberlusconismo ossessivo, ottimo per fermare la politica altrui in assenza di una propria, Renzi e Berlusconi hanno messo fine alla guerra fredda, alla stagione dell’immobilismo, e ora a destra e sinistra inizieranno i mal di pancia.
L’Italia è da così tanto tempo istruita, informata e governata da anarchici, che è più facile ritrasformare in un foglio integro un mucchio di coriandoli; che in democrazia il popolo italiano che ha un senso dello Stato così deficitario, da accettare qualunque cambiamento, purché nell’orto altrui.
Insomma, dopo i “Fini”, i “Casini”, gli “Alfano”, i Bersani, alla pentola sinistra è saltato il “Cuperlo”. Perché ogni politico pretende, da buon individualista, di imporre agli altri la propria linea politica, o si dissocia, si dimette e si crea il partito personale, alimentando il caos in un sistema politico ormai da decenni senza più né capo né coda.
Tutti pretendono il ruolo di primi attori, presidenti e segretari di partito, per tracciare e asfaltare la propria strada politica, e non battere mai quella altrui per non passare da “comparse”.
Quindi, mettere insieme una maggioranza di consensi in Italia, per una linea politica che la minoranza sappia di dover accettare, come in ogni democrazia che si rispetti. è lavoro da padreterni.
Però Renzi e Berlusconi hanno fatto il miracolo di accordarsi, e ora bisogna vedere nei rispettivi partiti, quanti “benaltristi” lavoreranno per dimostrare scientificamente che la montagna ha partorito un topolino. Che si poteva fare diversamente, meglio e di più, perché gira gira, la nuova legge elettorale, se mai ci sarà, sarà figlia di un rapporto incestuoso liberalcomunista, una bastardina di razza suina: figlia di porcellum e tanto basta!!!

Perciò Cuperlo si è affrettato a mollare la poltrona di Presidente, perché la maggioranza del partito ha accettato la linea politica di Renzi. E ora vedremo quante coliche accuserà il fronte berlusconiano, e sapremo finalmente da quale direzione arriva la maledetta febbre anarchica che mina da troppi decenni, con una proliferazione patologica di partiti e politici inutili, la salute della incompiuta democrazia italiana.

sabato 11 gennaio 2014

Produrre o perequare: questo è il problema politico.


Produrre o perequare: questo è il problema politico.

Posto che nessun genio riuscirà mai ad inventare una politica definitiva e risolutiva di tutti i problemi, senza rischi o danni per i singoli, i popoli o gli Stati; è chiaro che la migliore classe politica non è quella che difende la bontà del sistema o pretende di perfezionarlo all'infinito, ma quella che si affretta come il gommista a riparare subito le forature per far ripartire la macchina.
E qua i problemi si fanno seri, perché a fingersi con le gomme bucate, sono sempre i ricchi, che invece andrebbero tassati con moderazione per soccorrere i poveri, per riparare le vere forature di chi, per un deficit culturale, finanziario, fisico o intellettivo, non ha potuto produrre ricchezza o ne ha subito un danno, e se abbandonato a sé stesso, o peggio perseguitato da fuorilegge, rischia di diventare un pericolo per sé o per l’intera collettività.
Ma in Italia la politica fallisce puntualmente l’obbiettivo da 65 anni, e persino il “messia” prof. Monti, più qualificato del presidente degli Stati Uniti, che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi italiani con la bacchetta magica, ha finito di impoverire anche la classe media che è il polmone finanziario di ogni democrazia che si rispetti. E la ragione la sanno bene gli economisti, secondo i quali “l’economia va tanto meglio, quanto meno i politici ci mettono le mani”.
In realtà, il politico liberale che va in soccorso agli imprenditori o ai banchieri per aiutarli a produrre ricchezza, è meno qualificato di un contadino che corre in soccorso di un chirurgo in sala operatoria porgendogli la zappa come fosse bisturi. Se poi si tratta di un politico comunista che si spaccia per liberale, ma è un genio ne l’accoppare imprenditori, il danno non è scientificamente quantificabile.
In altri termini, la politica, per mettere le mani sui soldi e infarinarsi come mugnaia, finisce per occuparsi di produttività e trascura la perequazione, la GIUSTIZIA sociale, e il risultato italiano è già eloquente da sé.
Da questo e solo da questo deriva lo sfascio, la mortalità delle imprese e l’esplosione della povertà. Le multinazionali non accettano a farsi insegnare il mestiere d’imprenditore dai politici e nemmeno dagli economisti, che magari nella loro vita non hanno prodotto personalmente una quattro soldi bucata, e delocalizzano (vedi Fiat). E i piccoli imprenditori si rassegnano ad evadere, a chiudere, a fallire, a suicidarsi, in attesa che sia il sistema a collassare.
Insomma, diciamola chiara chiara, la politica che finge di sostenere la produttività di ricchezza, si impegna a risolvere il problema inesistente del fare soldi, di cui i ricchi sono maestri, ma lascia incancrenire il problema millenario della povertà, in attesa della guerra civile.
A questo punto voi mi direte, ma allora neghi che nel mondo ci sono i periodi di recessione che interrompono lo sviluppo e necessitano del sostegno politico? Certo, lo nego e lo rinego. Non ho prove scientifiche inconfutabili, (sarei il padreterno!) ma ho il sospetto che le recessioni siano finte, pilotate per far fallire le imprese e arricchire le banche. (Forse l’ultima autentica è stato il crollo della borsa del 29).
Quando una impresa porta i suoi libri contabili in Tribunale, per le banche inizia la festa, perché perdono la cartastraccia che hanno prestato, ma incamerano e mettono in vendita gli immobili delle imprese fallite che tengono ipotecati in garanzia e che valgono cento o mille volte di più.
Lo sviluppo è indotto dalle banche che prestano denaro alle imprese per farle fare profitti e pagare tassi e tasse. Ma anche le recessioni sono indotte dalle banche, che chiudendo il rubinetto del credito e facendo fallire le imprese, è come orientassero il vento dei profitti verso di loro: iniziano ad ingrassare svendendo i beni ipotecati in garanzia e comprando debito pubblico a tassi usurai.

C’è da dire però, in difesa dei politici, che a differenza di burocrati, giudici e pennivendoli, pagano salato i loro errori: vedi Craxi e Berlusconi. Insomma, i politici alla lunga truffano sé stessi oltre ai cittadini, se invece di tassare le grosse imprese nei periodi di sviluppo e le banche durante le recessioni pilotate, corrono ad aiutarle, tassando e affamando proprio i soggetti che dovrebbero aiutare: i lavoratori e i piccoli imprenditori squattrinati; predisponendo il tutto alla guerra civile.

lunedì 6 gennaio 2014

La storia di un blogger fatto in casa

La storia di un blogger fatto in casa

Se a settanta anni qualcuno mi avesse detto che avrei raccontato su Internet la mia storia di blogger, gli avrei riso in faccia, perché io sapevo per sentito dire che nel mondo esisteva Internet, ma non avevo la più pallida idea di come entrarci e muovermi in quel labirinto, finché un giorno mio nipote di 13 anni, mago del computer, sapendo che mi dilettavo a scrivere opinioni su diversi giornali, decise di intestarmi un blog su Google e a bruciapelo mi chiese come volessi chiamarlo. Io, tra l’incuriosito e il preoccupato, sparai: “il rebus della cultura”, che era il titolo di un articolo che mi accingevo a scrivere.
E partendo dal diploma di ragioniere mai usato, un lavoro autonomo di agente di commercio stroncato dal fisco nel 1987, la passione prima per la filosofia e poi per il giornalismo (da dilettante), sin dal 1985, politicamente vergine e ignorante come un somaro, nonché rigorosamente povero ma liberissimo, mi ritrovai a zampettare sul web, a scrivere e pubblicare sul mio blog e su altri che bontà loro ancora si mostrano interessati.
Dopo due anni e mezzo, e un paio di centinaia di post lasciati in giro per il solo gusto di comunicare, finalmente ho capito perché “la cultura è un rebus”. Stampa e televisione servono per diffondere l’idea che i popoli sono condizionati dai governi, e i governi nazionali sono mossi come burattini dalle lobby economiche mondiali che operano al pari di dittature, sfruttando e schiavizzando tutto e tutti.
E questa visione semplicistica, che ci fa immaginare il mondo come popolato da dittatori politici e finanziari occulti e potentissimi, capaci di pianificare e condizionare la vita di interi popoli e interi continenti, fino a rendere finta ogni libera forma di autogoverno democratico, è da manicomio.
Padreterno a parte, nessun umano è in grado di portarsi a rimorchio un popolo libero come fosse una mandria di pecore. Certo ci sono forme di condizionamento culturale, politico e giudiziario che addomesticano un popolo rendendo inoffensivi gli eretici, fino a quando chi governa sa inventarsi un modo per sfamare i più in un sistema economico produttivo.
Ma in mancanza di pane e lavoro, nemmeno i carri armati pieni zeppi di dittatori sanguinari e bombe atomiche pronte all'uso, riescono a tenere a bada un popolo arrabbiato perché affamato.
Allora l’idea che nel mondo ci siano solo tiranni politici o economici, come vengono definiti: (cito a memoria e scusate eventuali errori) la Bildemberg, la Trilateral, la BCE, il FMI e le banche mondiali che possono tutto il bene per loro e il male per i popoli, e di cui alcuni pennivendoli ci riempiono il cervello dentro e fuori Internet, è ad uso e consumo dei fessi.

Certo che al massimo livello economico e politico questi leoni della finanza ci sbranano per non sbranarsi fra loro; ma gli tocca finanziare migliaia di esperti in plagio culturale, per spacciarsi come “poteri forti” e impedire al formicaio umano, “ai molti fessi sfruttati e affamati da pochi furbi”, di prendere coscienza che trattasi di “furbi fessi”, cioè di tiranni di carta velina, che solo ubriacando i popoli di disinformazione riescono ad evitare l’esplosione della loro fame e rabbia, più ingovernabile e devastante dell’uragano assassino delle Filippine.