mercoledì 26 febbraio 2014

La politica renziana è biclassista?


La politica renziana è biclassista?

Se non ricordo male, Norberto Bobbio diceva che la cultura e la politica, sono da millenni, proprio come ora, divise in “destra e sinistra”. E se questa dicotomia sia filosofica che politica ha una così certa longevità, vuol dire che destra e sinistra sono entrambe insostituibili.
Perciò oggi sarebbe un imbecille atto di presunzione pensare o peggio tentare di edificare qualcosa di solido a sinistra riducendo in macerie la destra e a destra, su o con le macerie della sinistra.
Il secolo scorso si è chiuso col fallimento del nazifascismo poi seguito dal fallimento del comunismo. Ma come era prevedibile, i popoli democratici, proprio perché liberi di governarsi, hanno reintrodotto dalla finestra le stesse ideologie cacciate dalla porta.
La sinistra comunista e la destra capitalista, fascista (e per ultimo nobilitata liberista), convivono ancora da cane e gatto a livello planetario, e speriamo non fino all'estinzione dell'umanità, posto che serve una speciale intelligenza filosofica e politica per rendere artificialmente convergenti e complementari gli interessi naturalmente divergenti e conflittuali di lavoratori e padroni.
Perciò è una criminale falsificazione voler convincere i popoli liberi che un sistema solo comunista è perfettamente funzionale per gli imprenditori sui quali viene poi scaricato il costo complessivo dello Stato; così come il sistema solo liberale è a misura per lavoratori dipendenti e per la marea crescente di individui incapaci o impossibilitati a produrre.
Corbellerie. Lo avranno capito anche gli idioti che il sistema troppo comunista è un inferno per imprenditori onesti; così come il troppo liberale lo è per i lavoratori onesti.
L’Italia ha una quantità spaventosa di poveri, disoccupati, sottoccupati, cassintegrati, invalidi e pensionati; ma quelli che si arrendono sono gli imprenditori con un carico di incombenze burocratiche e fiscali omicide, a dimostrazione che non basta definire liberale il sistema Italia per renderlo funzionale ai lavoratori autonomi, se poi sul groppone li si scarica (a colpi di tasse rapina) il peso economico dell’intero popolo, a prescindere che produca utile o danno alle imprese.
Allora è evidente che un popolo libero non può disfarsi del libero mercato altrimenti muore di fame in un sistema comunista. Ma non può disfarsi nemmeno della politica comunista che è garanzia di sopravvivenza per quella marea crescente di soggetti a cui non è stato insegnato, o non è insegnabile a produrre autonomamente. 
Quindi è chiaro che nelle democrazie la competizione fra imprenditori e lavoratori, ricchi e poveri, vecchi e giovani, uomini e donne, istruiti e ignoranti, indotta dalla guerra comunismo-liberismo non può che generare barbarie. E se cambiamo i nomi un miliardo di volte alla conflittuale dicotomia comunismo-liberismo, il risultato non cambia, perché gli interessi sinistri dei lavoratori e destri dei padroni resteranno tali finché ci sarà un lavoratore da sfruttare e un padrone sfruttatore, nella misura in cui lui poi è sfruttato dallo Stato.
Quindi chi lavora col lanciafiamme per spegnere l'incendio sociale, o è un farabutto o è matto da legare. E ha fatto benissimo Renzi a muoversi politicamente da eretico sdoganando Berlusconi. Perché “E’ LA COOPERAZIONE, NON LA COMPETIZIONE FRA CLASSI SOCIALI A GARANTIRE LA PACE E LA CIVILTA’”. Il resto è guerra civile camuffata da cultura e politica democratica.
Ed è semplice capire perché l’Umanità si è salvata per millenni col potere culturale, economico e politico concentrato nelle mani dei ricchi sfruttatori e non di rado anche assassini; mentre rischia di estinguersi ora che le legali conquiste sociali dei lavoratori hanno corroso il potere dei ricchi fino a farli fuggire come lepri alla vista del cacciatore (vedi Fiat).
Perché i ricchi non campano due giorni di seguito se non sfruttando al doppio ogni soggetto produttivo: usandolo da lavoratore e consumatore. Mentre i poveri e i pensionati campano da dio a spese dei ricchi fino ad estinguerne la razza e poi a spese dello Stato fino a portarlo al default.
Lo so; è allucinante che la salvezza dei popoli possa venirci solo dal crimine dei padroni e non dalla legalità dei lavoratori, ma è così. Il rapporto numerico lavoratori-padroni è pericolosamente sbilanciato (una volta lessi che eravamo 93 a 7 e ora sarà certo peggiorato). Sfruttando l’enorme massa dei lavoratori, si riesce a salvare gli imprenditori. Ma nessuna salvezza dei lavoratori (non abbastanza produttivi per la fame insaziabile del fisco) potrà scaturire dallo sfruttamento dei padroni, perché ai padroncini onesti non resta che il suicidio dove comandano politicamente i lavoratori e ai padrononi la fuga.
Possiamo quindi concludere che il comunismo è una bellissima utopia; ma senza libero mercato, i ricchi mangiano caviale russo e i poveri aria inquinata.
Perciò nei popoli liberi è impensabile che il potere sia lasciato nelle mani solo dei ricchi o solo dei poveri, solo dei padroni o solo dei lavoratori; e sarebbe igienico che entrambi seppellissero l’ascia di guerra per cercare una “politica biclassista” che faccia i ricchi meno rapaci e i poveri meno parassiti. Alla faccia dei sindacalisti, politici e giornalisti arruffapopoli, abituati ad appiccare incendi sociali e a lucrare carriere fingendo di spegnerli.
Ormai c'è poco da falsificare; le responsabilità dello sfascio sono chiare pure allo scemo del paese. La crescita del PIL in un sistema sociale, garantisce che il potere dei ricchi è in crescita; mentre il calo, (la recessione senza via d’uscita, l’esplosione di fallimenti e disoccupati, e la crescita incontenibile di debito pubblico), garantiscono che per i ricchi (i Silvio), che non sono scappati nottetempo in mutande, tira aria di ghigliottina comunista.
Ora non ditemi che ancora non mi sono spiegato perché l’Italia si è trasformata da Paese di lavoratori emigranti, in Paese di padroni delocalizzanti. Grazie all’istruzione di massa, il potere è scivolato forse irreversibilmente dai padroni ai lavoratori, che ora possono incassare e spendere ricchezza senza garantire profitto alle imprese o allo Stato e persino garantendo fallimenti a catena; e da burosauri possono istigare al suicidio gli imprenditori e indebitare lo Stato, in attesa del collasso. E tutto a norma di legge, tutelato e garantito da magistrati e giornalisti con prosciutti interi incollati sugli occhi.
Ieri era il crimine dei padroni la disgrazia dei popoli; ora è la legalità culturale, sindacale, giudiziaria, burocratica e politica dei lavoratori a mettere in fuga i padroni e spingere i sistemi sociali prima al default e poi alla guerra civile.
Lo Stato ha tutto il potere di decidere (attraverso il costo del lavoro e il fisco) quanti lavoratori tenere attivi e quanti lasciare a spasso o peggio distruttivi. Ma i soldi per mantenere inoperosi quei soggetti, e in aggiunta la classe dirigente parassita, corrotta e ladra, che finge di governarli, non si possono rapinare ai piccoli imprenditori onesti che non avendo le risorse per fuggire da l’Italia come i grossi, finiscono istigati al suicidio. Perché questo è un feroce crimine da Stato totalitario di cui dovranno vergognarsi l’Italia e l’intera Europa, se nemmeno l'attuale e coraggioso Premier Renzi riuscirà a porre riparo.