venerdì 21 giugno 2013

Deformità ideologiche


Deformità ideologiche

L'ideologia è la più raffinata forma di illusionismo e falsificazione della realtà che esista al mondo; perché non si limita solo a farci vedere con i nostri occhi cose che non esistono, ma ce le marchia a fuoco nel cervello, condizionando per secoli la logica di interi popoli e continenti, che non riescono (salvo rare eccezioni) a ragionare diversamente da come sono stati programmati.
Quindi, anche quelli che ci sembrano "sbagliati", in realtà sono “uomini giusti ma nel posto e tempo sbagliato”. La loro logica fa a cazzotti con la cultura dominante e finiscono classificati idioti, pazzi o criminali.
L’Italia, il suo uomo giusto nel posto sbagliato, lo ha a Palazzo Grazioli in Roma. E’ quel gran fetente di Silvio Berlusconi, gioia dei pennivendoli comunisti che grazie a lui guadagnano da venti anni fiumi di denaro criticandolo; ed incubo della politica italiana di destra ormai condizionata più dalle sentenze che dalle votazioni.
Ma bastano poche ore di volo; e lo stesso uomo sbagliato d'Italia, dipinto come una miscela tonante di criminalità economica, pazzia politica e ossessione sessuale, si trasforma da nemico dei comunisti italiani, in amico degli ex comunisti russi e personale di  Putin. E mi piacerebbe sapere se là ci va per insegnargli a nuotare da squalo nell’oceano liberista, o per imparare da lui come galleggiare da vivo nello stagno italiano comunista.
Allora il vero e allucinante problema dell’Umanità non sono gli uomini, ma il plagio culturale a cui vengono sottoposti, fino a convincerli che stanno ragionando da grandi pensatori, anche quando sragionano e sbiellano da manicomio criminale.
E ora, volete la conferma che ad essere giusto o sbagliato non è mai l’uomo, ma sempre la cultura di un certo momento e in un certo luogo? Provate ad immaginarvi che razza di accoglienza avrebbero riservato al nostro Berlusconi, se fosse volato a Mosca in pieno comunismo, ad insegnare liberismo al Putin, capo del KGB. Come minimo ce lo avrebbero restituito orizzontale in cappotto di legno.
Allora smettiamola di classificare gli individui come “porci o dei” a seconda della nostra miope convenienza, direbbe Tolstoj, e cerchiamo meglio di capire se la cultura che ci ha massacrato il cervello non è per caso in conflitto con la vocazione necessaria ad un popolo e persino ad un intero continente.
Perché ora anche lo scemo del paese, può affermare (col senno di poi) che la vocazione del popolo cinese, ieri squattrinato, oggi in grado di comprarsi il mondo in contanti, non era affatto comunista. Ma se lo avesse detto ieri sarebbe stato un uomo morto.
Allora, invece di inseguire le vittime della in-cultura idiota che spiano i bunga bunga di Berlusconi per fornirci le prove inconfutabili che quello è  “l’unico uomo sbagliato nell’Italia giusta, anzi giustissima”; dovremmo cercare di capire quale vocazione è bene che coltivino gli italiani: se quella vecchia cinese, o quella nuova, posto che ci consideriamo liberisti ma siamo squattrinati da fare schifo, e non abbiamo nemmeno un tric trac atomico, (altro che “bomba” come i russi) per sperare negli aiuti americani.
Perché se la vocazione al liberismo, noi italiani (ma direi anche europei), ce la faremo venire davvero, ma dopo aver accoppato l’intera razza dei "padroni" Berlusconi, Agnelli, Riva & C. che a colpi di stipendi e tasse tengono in piedi lo Stato: allora per tutti saranno cavoli amari.
Perciò vediamo di capire di che vocazione abbiamo bisogno: ci serve produttività liberale o accattonaggio comunista? Perché basta davvero una punta di eccesso ideologico nella miscela cultural-giuridica, per convincere il popolo che il potere dominante resta sempre buono e giusto, (fosse pure nazista o comunista) invece il nostro Berlusconi "ex buono" è diventato cattivo, avendo subito una mutazione genetica che lo ha reso ottimo come portafoglio (per mogli stagionate e amanti fresche) àncora liberista, spremuta fiscale, frullato penale e sbattuto mediatico.
Insomma, Berlusconi, si rassegni. Sono venti anni che combatte il comunismo inutilmente per conto proprio, ma a spese dei piccoli imprenditori che poi finiscono schiacciati da un carico burocratico-fiscale insostenibile; e dopo aver girovagato per anni alla ricerca di aiuto dal sindaco, parroco, maresciallo, usuraio e qualcuno ha scomodato persino la procura, hanno capito che qua la giustizia è un’utopia e alcuni hanno levato il disturbo.
E tra fallimenti, cessazioni, vendite e suicidi, da decenni gli imprenditori si sono ridotti ad una schiacciante minoranza e spostano il loro consenso a sinistra, temendo, che dove la maggioranza è comunista, sia inutile allungare l’agonia del sistema facendo opposizione da destra. 
Solo dopo il default forse potrà attecchire il liberismo, e sempre che degli imprenditori onesti e pensanti non si sia già estinta la razza, perché le ideologie di qualunque specie ci inducono non solo a sragionare, ma a vedere la nostra pazzia negli altri.
Sartre diceva: "quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire". Ma se fosse passato di qua 62 anni dopo, ci avrebbe infilato ne "il diavolo e il buon Dio", anche la guerra fra i nostri finti potenti, politici e giudici, che combattendosi a colpi di leggi e sentenze, uccidono da decenni milioni di poveri.

venerdì 14 giugno 2013

Grillo non si lavò le mani


Grillo non si lavò le mani
Fosse pure il peggiore criminale dell’Universo, noi italiani dovremmo a Beppe Grillo riconoscenza secolare per aver tentato di  liberarci dalla più devastante delle mistificazioni culturali, che ci induce a credere che in democrazia l'intera classe dirigente: dai professori, professionisti, giornalisti e fino ai giudici, debba aspettare che i politici  facciano politica o ci mandino in bancarotta.
Tutto falso. Grillo ci ha dimostrato che non serve salire o scendere in politica per fare politica. Lui coordina un quarto dei politici italiani senza essere politico e senza una tessera di partito; ma avendo capito, primo e unico in Italia, che la democrazia è il governo del popolo, non dei politici. 
E se un popolo con decine di milioni fra diplomati e laureati aspetta e spera nei professionisti della politica, come il contadino guarda in cielo sperando che le nuvole gli innaffino l’insalata, e pazienza se poi gliela grandinano, allora un popolo così, di politica democratica, non vive.
In democrazia i politici stanno alla politica, non più dei giornalai al giornalismo. Sono collettori non produttori di politica. Firmano o approvano migliaia di leggi, ma niente di ciò che fanno è opera di un solo politico. Ci vogliono interi eserciti di consulenti e di tecnici che realizzano prodotti finiti, ma collegialmente, perché la complessità della politica necessita di una cultura interdisciplinare di cui nessun singolo soggetto è autosufficiente.
Quindi i partiti e i politici sono semplici contenitori della politica che gli italiani hanno la bontà di riversargli. Come i giornalai aspettano il lavoro dei giornalisti trasformato in giornali da vendere.
Ecco perché a Grillo dovremmo fare un monumento da vivo, per aver liberato gli italiani dalla idea demenziale che si debba aspettare con pazienza che i professionisti della politica facciano politica, impiegando eserciti di tecnici e consulenti strapagati, e magari più ignoranti di loro.
La buona politica in democrazia sorge, non piove. E se un popolo di diplomati e laureati, di Beppe Grillo ne ha uno solo disposto a sporcarsi le mani gratis, a mettersi in gioco per la collettività, sia pure a sbagliare e a pagare, allora quel popolo non merita di fallire una volta, ma mille.
Tutti quegli intellettualoni che hanno sostenuto Grillo, pensando poi di usarlo, e ora lo criticano perché sta perdendo potere, sono l'Italia peggiore, sono l’invasione di locuste che ha raso al suolo popolo e Stato, usando la cultura (acquisita al 90% a spese della collettività che butta il sangue) solo per egoistici e miopi interessi individuali, e mai gratuitamente in funzione del bene comune.
Quella gente non merita di vivere in democrazia, perché mai spenderà i suoi soldi o la sua cultura a vantaggio di tutti; ma solo per  derubare o rovinare tutti a vantaggio proprio.
Perciò, grazie Beppe Grillo per aver liberato questo Paese dalla schifosa mistificazione che riconosce alla classe intellettuale il diritto e l'autorevolezza culturale e morale di criticare la qualità della politica altrui, senza mai sentire il dovere di dimostrare la propria, se non da tecnico o consulente strapagato ed esente da qualunque responsabilità.
Il tuo linguaggio necessariamente aggressivo fornisce ai tuoi avversari l'alibi per attaccarti, e induce non certo i migliori dell'M5S a mettersi contro di te, a farsi espellere o a lasciarti. Non preoccuparti, tu hai già vinto così. Hai dimostrato che la "casta" italiana, considerata inamovibile e strapotente da milioni di Pilato che ci mangiano a lavarsi le mani; per te che hai capacità e coraggio di sporcartele, ha la consistenza della ricotta fresca, ti basta indurre gli elettori italiani adulti e vaccinati a farsela in un sol boccone.
Io non ho l'abitudine di fidarmi delle parole altrui e non ho votato per il tuo movimento. Ma per quello che hai già fatto, mi sento il dovere di ringraziarti. Hai cambiato una grossa fetta dei politici romani. Ora però,  a cambiare politica devono pensarci loro.

venerdì 7 giugno 2013

L'Italia va ricostruita non spolverata


L’Italia va ricostruita non spolverata

Forse un sistema sociale funzionante ancora non lo ha visto nessuno. Dei due modelli politici arrivati fino a noi: quello comunista è fallito nel vano tentativo di produrre ricchezza sfruttando tutta la forza lavoro; ma anche quello liberale, lasciando ai cittadini la libertà di sfruttare capitale e lavoro, salvo poi requisirgli la ricchezza con imposizioni tributarie tanto feroci contro i poveri e finte contro i ricchi, da affamare gli onesti, ingrassare gli strozzini e indebitare gli Stati. In altre parole, lo Stato di diritto continua ad esistere solo come finzione giuridica, visto che i poveri continuano ad essere prede dei ricchi e dello Stato, a norma di legge. E quella di un imprenditore istigato al suicidio per tasse o usura, o non è considerata dalla legge “notitia criminis”, o non è tale per la magistratura italiana, o la stampa non sente il dovere di informarci.
Solo comunismo o solo liberismo?
Chi pensasse ancora che il mondo si salva solo col comunismo o solo col liberismo o con entrambi in competizione come due squadre di calcio impegnate a divertire i tifosi della squadra vincente e rendere idrofobi quelli della perdente, anziché salvare l'intero popolo: di politica non ha capito una mazza. Perché spacca lo Stato in squadre ferocemente antagoniste: fascisti-comunisti, berlusconisti-antiberlusconisti, ricchi-poveri, padroni-lavoratori, vecchi-giovani, giudici-politici, burocrati-utenti, uomini-donne, figli-genitori, nordtassato e sudmafioso/evasore/parassita, devastanti quanto una guerra civile.
Ma la chiave c’è?
E certo che la soluzione c’è. Basta ricopiare, nel governo degli Stati, gli stessi principi solidali che da millenni rendono inossidabile l’istituzione della famiglia, dove non maneggiano denaro cani e porci, ma solo chi dimostra di saper produrre “valore aggiunto”, perchè la ricchezza disponibile, poca o molta che sia, deve bastare a garantire vita e salvezza a tutti. Non giustizia sociale truffa, dove ci sono quelli che si danno fuoco, schiacciati dall’irresponsabilità altrui, e gli utili idioti del potere che massacrano intere classi sociali e partono felici alle Maldive ad abbronzarsi.
Responsabilità
A tutti i livelli va riaperta la stagione della responsabilità. La classe dirigente di un popolo ha nelle sue mani la vita del popolo, ma la propria se la tiene al sicuro da un’altra parte. Questo è il problema. Dovrebbe soccombere come l’autista di un autobus, che è libero di usare i comandi di quel mezzo, e di avere nelle proprie mani la vita dei passeggeri, ma se causa un incidente è il primo a tirare le cuoia.
Nessuno sarà mai preoccupato di arrischiare la vita altrui, se la propria può conservarsela al fresco, come il generale che osserva a distanza di sicurezza, col cannocchiale, i soldati che ha mandato a morire.
Perciò, per liberare l’Italia dagli idioti e parassiti, dovremmo convertire i potenti della cultura, politica, giustizia, sindacato e burocrazia in altrettanti autisti di autobus, che sapendo di coinvolgere se stessi oltre ai passeggeri, eviterebbero quelle manovre azzardate che hanno trasformato l’Italia, in un paradiso in terra per potenti irresponsabili e ladri, e cimitero per impotenti onesti.