sabato 24 gennaio 2015

Agli Stati coi "Pantalone" sgarrati, ci pensa la BCE


Agli Stati coi “Pantalone” sgarrati, ci pensa la BCE.

Se alla prova dei fatti le mie idee presunte intelligenti si rivelano stupide, non posso che ridere di cuore della mia ignoranza. Ma oggi che il mio cervello ha partorito un modello innovativo di politica economica, attingendo alle ferree convinzioni di un matto, che garantiva che il cielo non sarebbe mai venuto giù perché appeso a quattro robuste catene, ho riso fino al mal di pancia, sentendo che ora pure la BCE compra debiti sovrani.
Trenta anni di studi da autodidatta, dopo il diploma, e quale soluzione vado ad inventarmi per gli Stati indebitati modello Italia? “Una politica finanziaria appesa a quattro robuste catene", e vado a spiegare il concetto. 
Nel mondo si sprecano gli Stati, che come immobili o monumenti pericolanti hanno bisogno di essere puntellati e risanati. Ma al pari dell’ingombrante impalcatura edile che tiene in piedi una casa cadente, ma ne rende difficile l’accesso e il risanamento; quella finanziaria che soccorre  gli Stati in pre-default, evita si la caduta, ma rende finto e impossibile il risanamento, perché scarica il costo in basso sulle imprese agonizzanti, che è come voler salvare uno che sta morendo dissanguato, facendogli un prelievo anziché una trasfusione.
Quindi, il costo finanziario per tenere in piedi uno Stato pieno di crepe, non può essere scaricato sui contribuenti, posto che l’ipertassazione ne ha limitato per decenni la produttività e il relativo gettito fiscale, generando di riflesso nello Stato un mostruoso indebitamento; e caricare ulteriormente le imprese di altro peso tributario, non può che trascinare al fallimento l’economia privata senza risanarne la pubblica.
Quindi un immobile si può circoscriverlo e ancorarlo a terra per restauro. Ma uno Stato va appeso al sistema bancario; come dire che il peso del suo risanamento va scaricato “su” alle banche, non “giù” alle imprese, perché queste sono già andate in tilt per sovraccarico tributario.
Il matto di cento anni fa, che aveva fatto divertire la generazione dei miei nonni, e mia madre che rideva a crepapelle raccontandocelo, ha trovato la giusta politica finanziaria di risanamento delle economie pubbliche senza arrischiare la tenuta di quelle private.
Un immobile da restaurare non si può appenderlo in cielo a quattro catene, ma se si potesse, il restauro sarebbe dieci volte più veloce, migliore ed economico. Invece lo Stato è liberissimo di scaricare il costo del suo risanamento in basso sul popolo bue, che già di suo non ha più una quattro soldi bucata, ma così realizza quel finto risanamento pluridecennale alla bancarotta che in Italia tutti conosciamo. Oppure può appendersi finanziariamente alle banche, (quattro o quaranta quattro mila) alleggerire l’economia privata da l’enorme peso fiscale che la paralizza, lasciarla libera di produrre, e poi tornare a tassarla con moderazione e gradualità, per scongiurare il default.
Esattamente ciò che ha deciso il Presidente Mario Draghi che ora vuole appendere alla BCE gli Stati indebitati, per evitare pericolose cadute.
E se scopiazzando uno scemo del paese, tutto andrà per il verso giusto; dovremo proprio ammettere, alla faccia di tutte le scienze economiche e politiche e relativi sacerdoti, che in 70 anni hanno portato l’Europa ad un passo dalla guerra civile, che due sono i soggetti che arrivano per primi alla Vera Verità: i bambini e i matti.
Comunque consoliamoci… meglio tardi che mai.

domenica 18 gennaio 2015

Hegel e la "coscienza della libertà"


Hegel e la “coscienza della libertà”

Ad uno scettico improvvisato e dilettante quale credo di esserlo, il Mondo si mostra ricco di tifosi e credenti, ma povero di eretici, ricco di illusi, ma povero di disincantati. Tant'è che alla lunga ho dovuto chiedermi; ma per curare le epidemie di fede cieca, che da millenni garantiscono un’ottima conservazione della guerra fra continenti, stati, popoli, razze e singoli, serve davvero sganciare la bomba atomica sui tifosi, oppure basta bucargli il pallone, dissacrarli l’oggetto del culto, che sia materiale come il pallone, il mercato, la politica o spirituale come la scienza, la filosofia o la religione?
E ho capito che non ci sono soluzioni miracolose: il “tifo” è la regola; mentre il “disincanto socratico” era e resterà sempre merce rara persino nel mondo della filosofia che lo rincorre.
Insomma la politica ha una gigantesca patata bollente da cavare dal fuoco: deve evitare che un popolo diventi vittima di sé stesso per carenza di autostima, oppure si trasformi in carnefice, per eccesso di fede cieca: vedi nazismo.
Nell’Europa cattolica, dopo due guerre mondiali e il tracollo dei valori di tutte le razze, la spia del serbatoio de l’autostima dei popoli e dei singoli si direbbe rosso lampeggiante da decenni, e forse questa è la ragione per cui rischiamo di finire sopraffatti dal mondo musulmano che in fatto di fede non sembra avere dubbi: più che prendere lezioni, preferisce impartirle.
Insomma, se c’è un travaso di tifosi a senso unico, non ci vuole Einstein per capire che stanno fuggendo dalla squadra perdente per rifugiarsi nella vincente. E in Europa, l’emorragia di fedeli, anche se non è a livello di esodo biblico, è uno stillicidio vecchio di decenni, e ancora nessuno ha voglia di domandarsi cosa hanno di sbagliato la nostra cultura, la nostra religione o la politica, da indurre un numero crescente di giovani a fuggire dal lusso e libertà Occidentale, verso le difficoltà e restrizioni musulmane col rischio di doversi pure immolare per difenderle?
Per millenni i popoli hanno rincorso inutilmente il miraggio dell’arricchimento culturale e finanziario come massima espressione di progresso, civiltà e libertà. Ma ora che l’Occidente sembra averlo afferrato per la coda, persino gli stessi beneficiari fuggono schifati ad abbracciare le restrizioni, le difficoltà e la schiavitù. Fuggono forse dalla cultura e religione, o anche dalla politica e dal mercato? Ma forse questa è domanda da miliardi di dollari senza risposta.
L'unica cosa di cui abbiamo una discreta certezza, è ch'è tipico degli umani desiderare l'esatto opposto di ciò che hanno. Il ricco sogna il pane ammuffito addentato voracemente dal povero, mentre il povero ha l'incubo della bistecca alla fiorentina fumante e succosa buttata alle immondizie perché al ricco è venuta a nausea.
Hegel ha provato a spiegare perché non è semplice distillare civiltà dall’ingiustizia sociale, con queste illuminanti parole: “la storia del mondo non è altro che il progresso della coscienza della libertà”
E l’arricchimento facile, la libertà incondizionata, l'appropriazione indebita, la corruzione, la disinformazione, (vedi Italia) inducono"sonno della ragione", che è purissimo progresso della coscienza della libertà”, ma a ritroso.


domenica 11 gennaio 2015

Ciò che non aiuta la pace sociale, la sabota.

Ciò che non aiuta la pace sociale, la sabota.
Dalla buona religione non si riesce ancora a ricavare una buona politica; né la buona politica è riuscita mai a selezionare per l’Umanità una religione produttiva e pacifica per tutti.
E se non rischiassi il torcicollo a guardare dietro, direi che in Italia, 2000 anni di cattolicesimo e 66 di democrazia non solo sono riusciti a peggiorare gli italiani ma anche a sfasciare l’Italia. E a voler essere obbiettivi, se in 33 anni di vita terrena il figlio di Dio non è riuscito a risolvere il problema della convivenza pacifica e produttiva degli umani, perché mai dovrebbero riuscirci oggi i sacerdoti della cultura, politica, giustizia, mercato e chiacchiere dell’informazione assortite?
No, non c’è niente di nuovo sotto il sole. Ovunque si tenti di cercare la chiave dei problemi dell’Umanità si trova una serratura arrugginita, un buco nero. Alcuni credono nella cultura come fosse religione, altri nella politica, nella giustizia o nel mercato, ma se tutto serve eternamente alla guerra fra Continenti, Popoli, Stati, Famiglie e singoli individui: è solo un ammasso di ruggine spacciato per oro colato.
A questo mondo non esiste niente per cui valga la pena di accapigliarci: perché a fare “giusto” l’uomo non è solo la cultura, la religione e derivati, ma è anche il “posto”;  il territorio in cui si trova a vivere, che può convertire un “uomo giusto” in uno tanto sbagliato da diventare un pericolo pubblico, violando le leggi da anarchico, terrorista, corrotto, mafioso.
Allora la domanda che sorge spontanea è questa: siccome i popoli non cambiano la cultura e la religione con la stessa frequenza delle mutande, ma cambiano in maniera quasi ossessiva e quotidiana, politica, giustizia e mercato; allora non credete che ci si debba interrogare se il popolo italiano, per la formazione filosofico-teologica che riceve, è più giusto per essere governato da un tiranno in una dittatura, o per autogovernarsi democraticamente?
Posto che il popolo anarchico, terrorista e mafioso come è ora quello italiano, è perfetto per accoppare un dittatore già nell'utero materno e disfarsi pure della madre dittatura, (basta guardare l’uso che ne facciamo dei Premier democratici: vedi Berlusconi) ma è un autentico suicida se sceglie di autogovernarsi democraticamente, perché dimentica come un ubriacone che lui è insieme governato e governante, schiavizzato e schiavista, somaro e sovrano.
Quindi è liberissimo di pensare da matto nel chiuso del suo cervello, e sentirsi cattolico, laico, comunista, liberale, credersi Napoleone o Cleopatra, e fare il matto in casa sua senza risparmio; ma passando da pensatore ad attore, ha solo da rispettare le leggi dello Stato "senza se e senza ma". E non importa un accidente se e quanto le condivide, e non importa nemmeno se è un lavacessi o il Presidente della Corte Costituzionale, o della Repubblica, perché di fronte alla legge non ci sono cittadini disuguali.
E allora domandiamocelo, se in Italia il pluralismo culturale, religioso e informativo e il garantismo giudiziario servono a formare liberi pensatori, o eserciti di anarchici, terroristi e mafiosi sempre in rotta di collisione con lo Stato per impedire al Premier di governare, o per assaltare la diligenza derubando lo Stato, o per attentare alla Costituzione e alla democrazia scambiandola per dittatura, o per corrompere gli addetti a danno dei contribuenti. Perché i popoli o i cittadini alle quattro stagioni non li hanno ancora inventati: se sono giusti per difendersi da un dittatore matto e sanguinario, sono maledettamente sbagliati in democrazia, e possono vivere solo da suicidi e auto schiavizzarsi da somari, non sapendosi sovrani.
Non sapendo di essere nel contempo popolo e Stato; quello italiano ha assassinato i doveri e pretende che lo Stato diluvi diritti, (ma con i soldi di chi?) e da Stato vuole un popolo pantalone che accetti vagonate di doveri pagando a piè di lista tutte le ruberie pubbliche e le catastrofi da anarchismo, terrorismo, mafia e corruzione e chi più ne ha più ne metta.
Insomma io credo che l’Italia sia arrivata alla frutta come democrazia, certamente per una casta politica da pianto, ma anche perché il popolo è formato culturalmente per non essere più schiavizzabile, ma per schiavizzarsi da sé, pensando liberamente (e fin qui tutto bene, anzi benissimo) ma poi agendo anarchicamente alla faccia del legislatore che da 66 anni si illude, sfornando leggi erga omnes alla velocità e quantità di una industria di bottoni, di trasformare un popolo “dispettoso” in uno “rispettoso” della legge e della magistratura italiana.
Ma questi sono tutti conti senza l’oste culturale, che in Italia continua a formare individui tanto liberi di pensare ai ca..i propri, che non accettano più di farseli governare da un Premier e lo combattono come fosse un tiranno. Salvo che tale lo è, ma di panna montata. Ogni singolo cittadino è governato e governante, suddito e tiranno, e combattendo o sfruttando lo Stato, tiranneggia se stesso.
Quindi in Italia non avremmo la casta politica ridotta a calamità sociale, se non avessimo le caste intellettuali di matti: l’istruzione e l’informazione che sono anacronisticamente anti tiranniche: resistenti ad una tirannia inesistente. Non volendo vedere e accettare che in Italia non esiste più il problema del Premier come potenziale schiavista e tiranno.
Il vero rompicapo dei popoli liberamente pensanti e agenti alla faccia di leggi e giudici, non è il malgoverno di un tiranno da combattere, ma il nongoverno di un povero cristo di Premier abilitato a risanare tutto ma solo con la lingua: perché se governando macella il popolo bue è un premier da dio, ma se per sbaglio intacca i privilegi e il potere delle classi dirigenti capacissime di governarsi da sé, (mangiandosi l'Italia viva e morta), allora passa da dio a porco da macellare e convertire in mortadelle, zamponi e cotechini.

venerdì 2 gennaio 2015

Kant e il dovere della felicità


Kant e il dovere della felicità

In Italia le catastrofi sono dovute a l’eccessivo sbilanciamento fra diritti crescenti e doveri calanti. Ma guai a pensare che sia solo la crescita dei diritti, a generare il collasso dei doveri; c’è qualcosa di molto più complicato che nemmeno Immanuel Kant è riuscito ad infilare nel cervello degli umani con queste inequivocabili parole: “Assicurare la propria felicità è un dovere, diceva Kant; perché il fatto di non essere contenti del proprio stato potrebbe facilmente diventare una grande tentazione di mancare ai propri doveri”.
Ed è proprio questo il rompicapo italiano numero uno. Alla “grande tentazione di mancare ai propri doveri, che poi sono i diritti dei cittadini” ormai non riesce a sottrarsi più nessuno di quelli che bazzicano strapagati nelle stanze dei bottoni. Così l’intero popolo bue, sentendosi derubato di tutti o parte dei propri diritti, che di tasse gli costano un occhio, ritiene doveroso sdebitarsi a sua volta mancando ai propri doveri.
E se non ci credete, provate a chiedere a chi guadagna in un anno da 200 mila euro in su, se si sente giustamente retribuito, e vi risponderà che merita molto di più per ciò che fa e per quanto rende. E magari presiede un ente o una azienda in prefallimento, in paese fallito da un pezzo.
Allora il primo dovere di cui non dovremmo mai renderci inadempienti come suggerisce Kant, è di sentirci felici per ciò che abbiamo, perché chi vive a pane ed acqua e dorme in un cartone, ha mille buone ragioni per essere felicissimo di quel poco che ha, visto che è proprio quello a salvargli la vita.
Quindi noi italiani affondiamo irrimediabilmente nello sfascio, perché a l’elenco chilometrico di diritti che ci siamo accreditati grazie al demenziale e anarchico autogoverno democratico, rispondiamo con un altrettanto sterminato elenco di doveri mancati.
La mafia dei potenti falsi infelici produce e schiavizza infelici veri fino ad ucciderli. E in questo barbaro modo il tessuto sociale si è lentamente sfilacciato e lacerato fino alla guerra civile del tutti contro tutti. Adulti contro bambini; uomini contro donne e viceversa; pensionati contro lavoratori e viceversa; lavoratori contro imprenditori e viceversa; dipendenti pubblici contro utenti e contribuenti e viceversa; fornitori contro clienti e viceversa; italiani contro immigrati e viceversa; comunisti contro fascisti e viceversa; onesti contro disonesti e viceversa; atei contro cattolici e viceversa; giudici contro delinquenti, corrotti, mafiosi, politici e viceversa. E via elencando a l’infinito.
Ormai nessun italiano può dirsi esente di nemici da odiare. Ma ai falsi infelici, a quelli che scoppiano di salute finanziaria e continuano a rubare e depredare il prossimo anche dormendo, basterebbe poco per capire a quale livello di imbecillità mista a pazzia sono sprofondati.
Se i poveri, i barboni e i malati, che di buone ragioni per essere infelici ne hanno a vagonate, grazie a chi li priva anche del diritto essenziale alla vita, si fossero impegnati a ripagare i loro nemici con la stessa moneta dell’omicidio, della razza umana non ci sarebbe stata più traccia da svariati millenni.
Allora, gli infelici per ingordigia compulsiva, i falsi filantropi che danno palesemente con una mano, ma prendono occultamente con una collezione di pale meccaniche ruba soldi, si diano una calmata, nello “sport mondiale del fotti compagno”, perché il mondo sta correndo sparato verso l’autodistruzione, e ancora non si sa bene chi possa invertire la rotta.