sabato 27 gennaio 2018

La scuola di imprenditoria chi l'ha vista?


Una volta gli artigiani sudavano sette camicie per convincere gli apprendisti a cui avevano insegnato un mestiere redditizio, a rimanere con loro da dipendenti. Perché i ragazzi svegli avevano fretta di diventare imprenditori, assumere apprendisti e guadagnare, così ringraziavano educatamente i loro prof con i calli, e si licenziavano molto prima dei 21 anni. 
Quindi serviva una specie di lavaggio del cervello o un ricco salario per indurre un apprendista a rassegnarsi a dipendere a vita da un padrone.
Oggi gli apprendisti vanno dal sindacato o dal giudice del lavoro per conservarsi dipendenti sfruttati e mal pagati, quasi percependo l'autonomia imprenditoriale come una malattia invalidante o del tutto mortale.
Il popolo italiano si è illuso che i dipendenti della scuola, più propriamente chiamati Professori, non avessero alcuna difficoltà a formare datori di lavoro, produttori di profitti onesti, capaci di assumere e pagare salari e tasse.
Ma nella classifica nazionale delle buone intenzioni che hanno già lastricato e continuano a lastricare a meraviglia le vie dell'inferno italiano, prima in assoluto, è l'aver pensato che i dipendenti della scuola, potessero formare imprenditori, prima, più e meglio degli artigiani analfabeti di una volta.
Non è andata così. Il mercato italiano si è quasi svuotato di imprenditori bianchi e si sta riempiendo di colorati. Nemmeno con una sfilza di laure e master la scuola italiana riesce a convincere i suoi laureati ad ambire al profitto onesto anziché un salario di fame in Italia.
Al meglio produce precari della scuola o della pubblica amministrazione, o cervelli in fuga, o maratoneti dei concorsi pubblici. 3000 che si contendono un solo posto da infermiere.
Così siamo diventati la Repubblica del "ca..ctus", (mica delle banane mi corregge una amica). Siamo la caricatura d'Europa e forse del mondo, con mortalità imprenditoriale pandemica, disoccupazione e sindacalismo stellare, debito pubblico galattico, competitività e produttività da mercato rionale delle pulci, politica cleptomane e giustizia a babbo morto.
I comunisti hanno promesso posti fissi e certi a vagonate sette decenni fa, ora restituiscono pasti caldi probabili o improbabili alla Caritas (dovendoli contendere a milioni di immigrati, a cinque milioni di disoccupati italiani e a venti milioni di poveri, pensionati compresi) e il tutto finanziato a colpi di rapine tributarie che fanno fallire, suicidare o scappare gli imprenditori.
Speriamo che ce la faccia almeno Dio a mandarcela buona!

lunedì 22 gennaio 2018

Italia, carro con cavallo cotto a puntino


Questo post è del 2014 rimasto come bozza sul mio blog. Ma ahinoi, è ancora maledettamente attuale. 

L’Italia è l’ultimo Paese al mondo per produttività economica onesta e primo per debito pubblico utilizzato per l’arricchimento "legale" delle “caste”. Ma se il carrozzone del sistema Stato, regge, pur appesantito da una marea di poveri, disoccupati, pensionati e ladri; il cavallo dell’imprenditoria che "dovrebbe" tirarlo, ce lo presentano azzoppato, ma, come dicono a sud, è "cotto alla pignata”.
I costi astronomici per far girare improduttivamente le ruote al carro Stato, hanno ridotto pelle e ossa il cavallo imprenditoriale a cui non rimane più nemmeno la coda per liberarsi dalle mosche. Davanti agli imprenditori italiani “onesti”, sepolti vivi di tasse e persecuzioni burocratiche, i profitti corrono come miraggi inafferrabili, (in direzione dei criminali) e restano le perdite, le chiusure, i fallimenti, i suicidi, quando tutto va a meraviglia.
Spezzare economicamente il carro Stato, sarebbe come innescare la guerra civile a l’istante. Ma uccidere lentamente il cavallo imprenditoriale che lo tira, imponendogli di pagare sprechi e ruberie a piè di lista, (costringendolo a rubare o fallire) alla lunga porta insieme popolo e Stato in un burrone ancora più profondo.
Quindi la classe dirigente non ha più uno straccio di alibi che giustifichi la catena chilometrica dei suoi fallimenti, dovuti alla troppa spesa per la finta manutenzione del carro Italia, e poca per portare almeno acqua al cavallo morente.
Voi mi direte, ma non avevamo un cavallo imprenditoriale da quarta o quinta potenza mondiale? Certo, lo avevamo nella Prima Repubblica, ma solo perché la politica corrotta, indebitando lo Stato, lo manteneva a brioche anziché biada. Poi la Seconda ha trovato più giusto ingrassare il carro e scorticare vivo il cavallo, fino a ridurre al suicidio i piccoli imprenditori onesti e far scappare le Fiat.
Ieri ho trovato per caso i numeri della composizione delle classi sociali del 2011 (quando, secondo Berlusconi si faticava a trovare un tavolo al ristorante per il tutto esaurito). Ipotizzando per assurdo che la mortalità delle imprese si sia fermata:  su 41,3 milioni di contribuenti, 2,1 milioni sono imprenditori, 2 milioni vivono di reddito di fabbricati, e 1,4 milioni sono soci di qualche società. In totale, 5 milioni e mezzo di soggetti autonomi, hanno l’obbligo di mantenere 35,8 milioni fra dipendenti e pensionati, più tutto il carico di ladroni, spreconi e truffatori pubblici e privati.
Insomma hanno l’obbligo di “andare a morì ammazzati” se non si rassegnano a portarsi sul groppone 60 milioni di cittadini, con un carico di caste sprecone e ladre da terrorizzare qualunque individuo che non abbia già consegnato il cervello a l’ammasso.
E non basta; con quei numeri, crearsi una rappresentanza politica che non serva per auto truffarsi, è impensabile. Infatti, i piccoli imprenditori hanno provato per venti anni a farsi rappresentare dal “collega” ricco Berlusconi sperando di poter passare ben presto dal furto alla legalità. Ma la sua fine politica è più che eloquente per capire in che pietanza trasformano il cavallo imprenditoriale a l’uscita dal mattatoio burocratico fiscale.
Non potrei giurare che il Berlusconi Premier sia stato consapevole nel ventennio passato, di aver illuso i lavoratori autonomi facendoli credere che la sua “doppia” presenza di imprenditore e governatore garantiva in Italia almeno tracce di liberismo alternative al comunismo: cioè vera democrazia derivante da l'alternanza delle classi sociali al potere per una vera giustizia sociale.
Sarà pure a sua insaputa, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: si è carcerato da sé, contribuendo ad un ventennio “sinistro”. Gli imprenditori non si sono mai visti votare compatti per Berlusconi, (mai visti in circolazione Agnelli e De Benedetti berlusconiani) ma se pure lo avessero votato in massa, tutti i 5 milioni di autonomi, con quali voti gli imprenditori avrebbero potuto mandare Berlusconi al potere e pretendere da lui (appeso ad uno Scilipoti) una spruzzatina d’assaggio di governo liberale?
Andandoci a Palazzo Chigi con la maggioranza di voti di lavoratori e pensionati, (36 milioni), Berlusconi non ha potuto fare altro che politica salariale e pensionistica, spacciandola per politica dei profitti. Per assicurare stipendi e pensioni, cioè la normale ritinteggiatura al carro traballante Italia, ha continuato per un ventennio a scimmiottare i comunisti macellando cavalli. 
Ora però, con la benedizione del “pseudopotente” Berlusconi, in affidamento ai servizi sociali, il “veterinario” Renzi ha promesso di resuscitare il "quatrupede", infilando alcune banconote nella busta paga dei lavoratori, e augurandosi che non finiscano nelle fauci dei “cravattari”, altrimenti in bocca al cavallo, magari torneranno, ma per finirlo di strozzare.
Va da sé, che quelli italiani sono ormai numeri da finta democrazia. Il martellamento dell’informazione idiota ci ha convinto che "la qualità della pietanza politica" dipende dal cuoco di Palazzo Chigi. Cambia, cambiando Premier. Se si chiama Berlusconi è uno schifo, ma ora che si chiama Renzi è una leccornia. Corbellerie. 
La politica è come il menù del ristorante; chiunque entri da cuoco a Palazzo Chigi deve adattare la disponibilità economica, alle necessità delle classi sociali, che della politica sono commensali fissi. Se quella cucina sfornasse miracoli, avremmo dalla sera alla mattina la piena occupazione, i pensionati felici, gli imprenditori produttivi e contributivi e le caste libere di arricchirsi onestamente: invece, anche i santi del quadro, sono spinti a rubare per conto del fisco o impiccarsi.
Così il “carro” Italia sembra sempre tirato a lucido, con un sovraccarico di brioche per le caste, ma il “cavallo” dell'imprenditoria condannato a rubare o fallire, è ormai “cotto alla pignata".

venerdì 19 gennaio 2018

Enologi e sommelier culturali.

È inutile girarci intorno come il cane che si morde la coda. Il giornalista, (come il sommelier che si scandalizza del vino che sa di tappo o di aceto) tende a meravigliarsi giustamente della qualità morale, culturale e politica di un popolo; ma il professore, proprio come l'enologo, se la può ridere sotto i baffi, perchè sa bene se ha formato cervelli o vasi da notte, se ha annacquato a tal punto la cultura da riempire la "bottiglia sociale" di stupidità anzichè intelligenza.
Perchè se ha formato idioti, parassiti e irresponsabili, mostri che in tenera età ammazzano per noia, e mostri che al potere si mangiano popolo e Stato, non ha mica bisogno di annusare il tappo per valutare la qualità del suo "vino".

domenica 14 gennaio 2018

In Italia i protettori di poveri sono razza protetta



In Italia, l'onestà intellettuale della classe dirigente è da Nobel. Incassano compensi astronomici, oltre mezzo milione di euro l'anno di soldi pubblici, di tasse dei cittadini, e poi girano per televisioni dichiarando con angelico candore di fare politica per i poveri. 
E bisogna ammetterlo, quanto a coerenza e onestà sono imbattibili, posto che la razza degli italiani che si arricchiscono di povertà, grazie alla loro oculata politica lunga tre quarti di secolo, ha incrementi demografici da formicaio, persino gente che ha difficoltà a trovare un cartone e una panchina per non morire congelato sotto la neve.
In un vero Stato di diritto, e con veri magistrati, a questi indefessi protettori di poveri, verrebbe garantita la stessa dignitosa agiatezza economica che garantiscono ai loro amatissimi protetti.
Ma in Italia cerchiamo invano da sette decenni un pubblico ministero o quanto meno un giudice, che avendo letto i primi 4 articoli della Costituzione, abbia una mezza idea di cosa è, se non proprio la giustizia sociale, (scandalosamente negata a milioni di italiani calpestando la Costituzione) almeno la coerenza o la decenza.
Ma l'unica razza protetta in Italia è quella dei finti protettori dei poveri che ingrassano a spese di Pantalone imboscati nelle istituzioni statali o parastatali, per conservarsi e lievitarsi la razza degli esclusi, che per loro sono "grasso che cola".

Ricchi e poveri stringetevi la mano o affonderemo



venerdì 12 gennaio 2018

I costruttori di Titanic inaffondabili.

Credo che l'Umanità, unita in Stati o Federazioni di Stati, sia divisa in quattro grandi classi sociali:
1) i cacasenno rapaci: i progettisti e costruttori di specchietti per allodole, impropriamente definiti Stati, trattandosi sempre e comunque di Titanic inaffondabili finchè galleggiano.
2) gli illusi: l'equipaggio del più bel sistema di galleggiamento del mondo pensato e costruito a caxxo, da matti che si credono razionali e affidato a stupidi che si credono geni. (La classe dirigente italiana ed europea.)
3) i sognatori: i passeggeri (i popoli UE) che credono di godersi la vita, mentre consegnati ad un branco di rapaci e di cialtroni, se la stanno fumando.
4) i clandestini acquattati da topi nella stiva puzzolente, e rassegnati a raccogliere briciole di vita, dagli avanzi altrui. (Disoccupati, sottoccupati, immigrati ed esclusi parziali o totali di tutte le tazze).

domenica 7 gennaio 2018

Il mercato è calvo perde autonomi.

Considerare dipendente un lavoratore è giusto. Ma considerare autonomo un padrone è demenziale, posto che oggi, a dipendere dal salvataggio politico, sono più i banchieri dei barboni. La Caritas per il salvataggio dei barboni esiste, non fa scandalo ed è giusto che esista. Ma se la politica si improvvisasse Caritas per i piccoli imprenditori rovinati, o per il salvataggio di banchieri, azionisti e risparmiatori, scoppierebbe  la terza guerra mondiale, e magari atomica.
Se i padroni fossero davvero autonomi come li definisce il codice civile, in Italia potrebbero pure suicidarsi i piccoli penalizzati dalla politica idiota. Ma se persino i banchieri non riescono a rimanere autonomi senza tirare le cuoia, vuol dire che la qualifica di AUTONOMi giuridicamente appioppata ad imprenditori e professionisti, è vergognosa falsificazione, è finzione giuridica idiota e devastante quanto una guerra mondiale.
Non esiste una condizione disagiata dei poveri, che alla lunga non riesca a minare la condizione fintamente agiata dei ricchi.
Comunisti e sindacalisti hanno creduto di potersi allattare a l'infinito alle mammelle dei padroni, fossero pure venditori di caldarroste o bruscolini. Ma ora, avendo già estinto la razza dei piccoli padroni onesti, si trovano a stringere un pugno di mosche finanziarie, perchè i banchieri in un mercato in recessione costante o crescente sono dipendenti dalla Caritas politica, che esista o no, quanto e più dei barboni.