lunedì 22 gennaio 2018

Italia, carro con cavallo cotto a puntino


Questo post è del 2014 rimasto come bozza sul mio blog. Ma ahinoi, è ancora maledettamente attuale. 

L’Italia è l’ultimo Paese al mondo per produttività economica onesta e primo per debito pubblico utilizzato per l’arricchimento "legale" delle “caste”. Ma se il carrozzone del sistema Stato, regge, pur appesantito da una marea di poveri, disoccupati, pensionati e ladri; il cavallo dell’imprenditoria che "dovrebbe" tirarlo, ce lo presentano azzoppato, ma, come dicono a sud, è "cotto alla pignata”.
I costi astronomici per far girare improduttivamente le ruote al carro Stato, hanno ridotto pelle e ossa il cavallo imprenditoriale a cui non rimane più nemmeno la coda per liberarsi dalle mosche. Davanti agli imprenditori italiani “onesti”, sepolti vivi di tasse e persecuzioni burocratiche, i profitti corrono come miraggi inafferrabili, (in direzione dei criminali) e restano le perdite, le chiusure, i fallimenti, i suicidi, quando tutto va a meraviglia.
Spezzare economicamente il carro Stato, sarebbe come innescare la guerra civile a l’istante. Ma uccidere lentamente il cavallo imprenditoriale che lo tira, imponendogli di pagare sprechi e ruberie a piè di lista, (costringendolo a rubare o fallire) alla lunga porta insieme popolo e Stato in un burrone ancora più profondo.
Quindi la classe dirigente non ha più uno straccio di alibi che giustifichi la catena chilometrica dei suoi fallimenti, dovuti alla troppa spesa per la finta manutenzione del carro Italia, e poca per portare almeno acqua al cavallo morente.
Voi mi direte, ma non avevamo un cavallo imprenditoriale da quarta o quinta potenza mondiale? Certo, lo avevamo nella Prima Repubblica, ma solo perché la politica corrotta, indebitando lo Stato, lo manteneva a brioche anziché biada. Poi la Seconda ha trovato più giusto ingrassare il carro e scorticare vivo il cavallo, fino a ridurre al suicidio i piccoli imprenditori onesti e far scappare le Fiat.
Ieri ho trovato per caso i numeri della composizione delle classi sociali del 2011 (quando, secondo Berlusconi si faticava a trovare un tavolo al ristorante per il tutto esaurito). Ipotizzando per assurdo che la mortalità delle imprese si sia fermata:  su 41,3 milioni di contribuenti, 2,1 milioni sono imprenditori, 2 milioni vivono di reddito di fabbricati, e 1,4 milioni sono soci di qualche società. In totale, 5 milioni e mezzo di soggetti autonomi, hanno l’obbligo di mantenere 35,8 milioni fra dipendenti e pensionati, più tutto il carico di ladroni, spreconi e truffatori pubblici e privati.
Insomma hanno l’obbligo di “andare a morì ammazzati” se non si rassegnano a portarsi sul groppone 60 milioni di cittadini, con un carico di caste sprecone e ladre da terrorizzare qualunque individuo che non abbia già consegnato il cervello a l’ammasso.
E non basta; con quei numeri, crearsi una rappresentanza politica che non serva per auto truffarsi, è impensabile. Infatti, i piccoli imprenditori hanno provato per venti anni a farsi rappresentare dal “collega” ricco Berlusconi sperando di poter passare ben presto dal furto alla legalità. Ma la sua fine politica è più che eloquente per capire in che pietanza trasformano il cavallo imprenditoriale a l’uscita dal mattatoio burocratico fiscale.
Non potrei giurare che il Berlusconi Premier sia stato consapevole nel ventennio passato, di aver illuso i lavoratori autonomi facendoli credere che la sua “doppia” presenza di imprenditore e governatore garantiva in Italia almeno tracce di liberismo alternative al comunismo: cioè vera democrazia derivante da l'alternanza delle classi sociali al potere per una vera giustizia sociale.
Sarà pure a sua insaputa, ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: si è carcerato da sé, contribuendo ad un ventennio “sinistro”. Gli imprenditori non si sono mai visti votare compatti per Berlusconi, (mai visti in circolazione Agnelli e De Benedetti berlusconiani) ma se pure lo avessero votato in massa, tutti i 5 milioni di autonomi, con quali voti gli imprenditori avrebbero potuto mandare Berlusconi al potere e pretendere da lui (appeso ad uno Scilipoti) una spruzzatina d’assaggio di governo liberale?
Andandoci a Palazzo Chigi con la maggioranza di voti di lavoratori e pensionati, (36 milioni), Berlusconi non ha potuto fare altro che politica salariale e pensionistica, spacciandola per politica dei profitti. Per assicurare stipendi e pensioni, cioè la normale ritinteggiatura al carro traballante Italia, ha continuato per un ventennio a scimmiottare i comunisti macellando cavalli. 
Ora però, con la benedizione del “pseudopotente” Berlusconi, in affidamento ai servizi sociali, il “veterinario” Renzi ha promesso di resuscitare il "quatrupede", infilando alcune banconote nella busta paga dei lavoratori, e augurandosi che non finiscano nelle fauci dei “cravattari”, altrimenti in bocca al cavallo, magari torneranno, ma per finirlo di strozzare.
Va da sé, che quelli italiani sono ormai numeri da finta democrazia. Il martellamento dell’informazione idiota ci ha convinto che "la qualità della pietanza politica" dipende dal cuoco di Palazzo Chigi. Cambia, cambiando Premier. Se si chiama Berlusconi è uno schifo, ma ora che si chiama Renzi è una leccornia. Corbellerie. 
La politica è come il menù del ristorante; chiunque entri da cuoco a Palazzo Chigi deve adattare la disponibilità economica, alle necessità delle classi sociali, che della politica sono commensali fissi. Se quella cucina sfornasse miracoli, avremmo dalla sera alla mattina la piena occupazione, i pensionati felici, gli imprenditori produttivi e contributivi e le caste libere di arricchirsi onestamente: invece, anche i santi del quadro, sono spinti a rubare per conto del fisco o impiccarsi.
Così il “carro” Italia sembra sempre tirato a lucido, con un sovraccarico di brioche per le caste, ma il “cavallo” dell'imprenditoria condannato a rubare o fallire, è ormai “cotto alla pignata".

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