lunedì 6 gennaio 2014

La storia di un blogger fatto in casa

La storia di un blogger fatto in casa

Se a settanta anni qualcuno mi avesse detto che avrei raccontato su Internet la mia storia di blogger, gli avrei riso in faccia, perché io sapevo per sentito dire che nel mondo esisteva Internet, ma non avevo la più pallida idea di come entrarci e muovermi in quel labirinto, finché un giorno mio nipote di 13 anni, mago del computer, sapendo che mi dilettavo a scrivere opinioni su diversi giornali, decise di intestarmi un blog su Google e a bruciapelo mi chiese come volessi chiamarlo. Io, tra l’incuriosito e il preoccupato, sparai: “il rebus della cultura”, che era il titolo di un articolo che mi accingevo a scrivere.
E partendo dal diploma di ragioniere mai usato, un lavoro autonomo di agente di commercio stroncato dal fisco nel 1987, la passione prima per la filosofia e poi per il giornalismo (da dilettante), sin dal 1985, politicamente vergine e ignorante come un somaro, nonché rigorosamente povero ma liberissimo, mi ritrovai a zampettare sul web, a scrivere e pubblicare sul mio blog e su altri che bontà loro ancora si mostrano interessati.
Dopo due anni e mezzo, e un paio di centinaia di post lasciati in giro per il solo gusto di comunicare, finalmente ho capito perché “la cultura è un rebus”. Stampa e televisione servono per diffondere l’idea che i popoli sono condizionati dai governi, e i governi nazionali sono mossi come burattini dalle lobby economiche mondiali che operano al pari di dittature, sfruttando e schiavizzando tutto e tutti.
E questa visione semplicistica, che ci fa immaginare il mondo come popolato da dittatori politici e finanziari occulti e potentissimi, capaci di pianificare e condizionare la vita di interi popoli e interi continenti, fino a rendere finta ogni libera forma di autogoverno democratico, è da manicomio.
Padreterno a parte, nessun umano è in grado di portarsi a rimorchio un popolo libero come fosse una mandria di pecore. Certo ci sono forme di condizionamento culturale, politico e giudiziario che addomesticano un popolo rendendo inoffensivi gli eretici, fino a quando chi governa sa inventarsi un modo per sfamare i più in un sistema economico produttivo.
Ma in mancanza di pane e lavoro, nemmeno i carri armati pieni zeppi di dittatori sanguinari e bombe atomiche pronte all'uso, riescono a tenere a bada un popolo arrabbiato perché affamato.
Allora l’idea che nel mondo ci siano solo tiranni politici o economici, come vengono definiti: (cito a memoria e scusate eventuali errori) la Bildemberg, la Trilateral, la BCE, il FMI e le banche mondiali che possono tutto il bene per loro e il male per i popoli, e di cui alcuni pennivendoli ci riempiono il cervello dentro e fuori Internet, è ad uso e consumo dei fessi.

Certo che al massimo livello economico e politico questi leoni della finanza ci sbranano per non sbranarsi fra loro; ma gli tocca finanziare migliaia di esperti in plagio culturale, per spacciarsi come “poteri forti” e impedire al formicaio umano, “ai molti fessi sfruttati e affamati da pochi furbi”, di prendere coscienza che trattasi di “furbi fessi”, cioè di tiranni di carta velina, che solo ubriacando i popoli di disinformazione riescono ad evitare l’esplosione della loro fame e rabbia, più ingovernabile e devastante dell’uragano assassino delle Filippine.

Nessun commento:

Posta un commento