giovedì 4 aprile 2013

Processate la cultura, non i politici.



Processate la cultura, non i politici.

E’ vero, non c’è un modo diverso per vederli all’opera: si deve per forza incendiare la casa per avere l’intervento dei pompieri, o minarla per vedere all’opera gli artificieri. Ma cosa va fatto per avere una squadra di operosi restauratori politici, nella CASA COMUNE ITALIA, prima che venga giù come una ricotta malfatta e si finisca tutti per accoppare i potenti in una rabbiosa guerra civile?
L’attuale generazione dei Robespierre sprovvista di ghigliottine, per non morire d’inedia s’è procurata ogni tanto un Andreotti in odor di mafia da processare, un Craxi corrotto da far morire in esilio o un genio del crimine come Berlusconi, per vivacizzare le aule di giustizia per un ventennio.
E pure, un modo alternativo per procurare clienti illustri alla “signora guillotten”, il mondo della cultura lo avrebbe decapitando le idee e le ideologie idiote, prima che possano accoppare interi popoli come il comunismo, il liberismo, o entrambi in guerra fra loro come in Italia da 65 anni.
In mancanza di re Luigi XVI e consorti da accoppare, gli attuali Robespierre italiani giocano al gatto e topo con i Berlusconi e affini; e forse farebbero bene a domandarsi, prima che sia tardi, se i popoli sono barbari:
1°  perché tale è la natura umana.
2° o perché la cultura occidentale induce ogni singolo individuo (peggio s’è molto istruito) a condannare ossessivamente le azioni altrui, per risparmiarsi, da “portatore sano” di idee da manicomio, la camicia di forza.
Se in Italia il governo è sempre stato una specie di conclave alla rovescia, dove si entra papa e si esce, (altro che cardinale) prete spretato, e magari ammanettato, (se si tratta del “papi” di Arcore) senza avere il potere reale di licenziare nemmeno un cameriere di Palazzo Chigi, figuriamoci un ministro, allora, qualcosa di profondamente guasto nella cultura filosofico giuridica italiana c’è.
E insabbiare questo problema è un attentato al popolo e al suo sacrosanto diritto di autogovernarsi per vivere e non per schiattare. Per 65 anni abbiamo affrontato i problemi cambiando i politici invece della cultura politica da manicomio d’Aversa. Ora siamo arrivati anche a processarli invece di processare le idee. Quindi il popolo si predispone ancora oggi a truffare sé stesso, visto che avrebbe bisogno di una esplosione di posti di lavoro e di PIL, ma si è affidato ad una classe politica capace solo di spendere poco, invece di produrre molto.
Insomma, sindacalisti e dipendenti hanno fatto ricca l’Italia, ma ora dovrebbero affidare il potere agli imprenditori per far ripartire la produttività ed evitare l’imminente default, ma non lo faranno.
Agli imprenditori italiani agonizzanti, i sindacalisti e i comunisti hanno il potere di riservare in esclusiva tre cose: tasse, manette o corda per impiccarsi; anche se da venti anni insistono a farsi rappresentare politicamente dall’imprenditore più capace e potente d’Italia: Berlusconi. E se è questo il trattamento riservato allo strapotente, immaginate cosa è in grado di fare, questo Paese, ad un qualunque imprenditore onesto che osasse fare politica !
Il potere dei lavoratori è così radicato, esteso, inossidabile e potente come una dittatura, che agli imprenditori non comunisti, restano tre sole cose a loro insindacabile scelta: fallimento, galera o cassa da morto.
Guardatevi intorno, gli imprenditori italiani stanno fallendo in massa, e i titolari di nuove imprese sono tutti immigrati di colore. Nei mercati di paese, un imprenditore di pelle chiara, sembra un immigrato clandestino in Africa, per la schiacciante maggioranza di imprenditori di colore che vendono beni e servizi più competitivi dei suoi.
A questo ci ha portato il comunismo: ha il merito di aver fatto dell’Italia la quinta potenza mondiale e degli italiani un popolo ricco, ma porterà tutto e tutti al fallimento, tenendo ancora gli imprenditori sul banco degli imputati, per risparmiare all’idea comunista vera e liberale finta, la camicia di forza.
Nella dittatura italiana, il potere liberale non tornerebbe più agli imprenditori nemmeno con la guerra civile, perché degli imprenditori capaci di investire autonomamente ricchezza propria e produrre ricchezza per tutti pagando salari e tasse, si è estinta la razza almeno da tre decenni.
Perciò, caro Presidente Napolitano, si risparmi pure un travaso di bile. I popoli non si salvano all’ultimo secondo del suo mandato come vuole fare lei. Trenta anni fa avrebbe dovuto vederla l’urgenza di trasformare questo Paese da comunista a liberale e non l’ha vista. Ora lo spieghi lei ai suoi procuratori d’assalto che fermando Berlusconi (il maggior contribuente d’Italia) stanno segando il ramo su cui siedono. E se riuscirà a convincerli avrà salvato l’Italia: senza tecnici e senza saggi.
Dopo 65 anni di istruzione obbligatoria, in Italia abbiamo cervelli pensanti (professori, dottori e tecnici) da impestare il pianeta; ma ci mancano le mani operose di imprenditori onesti e capaci, perseguitati, rapinati e distrutti dai comunisti manettari e tassatori, e dai banchieri usurai, con la santa benedizione dei liberali, troppo impegnati a fare profitti per capire che in un Paese ibrido: comu-liberista, a trovarsi per primi nei guai sarebbero stati i liberali col dovere di produrre, rubare o impiccarsi, e non i comunisti con lo strapotere di tassare e sperperare.

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