lunedì 13 giugno 2016

La liberaldemocrazia è una bolla scoppiata



La liberaldemocrazia è una bolla scoppiata

Modificare la destinazione d’uso di un oggetto è pericoloso: se provi a convertire una bicicletta in trattore, perdi la bicicletta, ma non guadagni il trattore: finisci appiedato. Cambiare una cosa in un’altra sfacciatamente diversa o opposta è rischioso; farlo con un popolo, uno Stato, una ideologia o un sistema legislativo è suicida.
Per questa ragione il mondo sta venendo giù come una ricotta malfatta, perché si è cercato di convertire tutti i sistemi Stato comunisti in liberali, e l’effetto è visibile anche allo scemo del paese. A cominciare dall’Italia, il cambiamento filosofico, giuridico, amministrativo liberale, è stato affidato a furor di popolo, alla stessa classe dirigente comunista che aveva portato l’Italia alla bancarotta.
Nel passaggio dal comunismo al liberismo non si è tentato nemmeno di cambiare o rinunciare ad un lavacessi o passacarte pubblico per non perdere consenso. E come fa la politica che ha bisogno dell’ovetto fresco del consenso a rinunciare o scontentare sei milioni di galline fra dipendenti, dirigenti e famigli, soci e compari che con l’indotto assommano almeno a 25 milioni di italiani?
Come dire che nel privato si può anche sconvolgerla la destinazione d’uso, ma nella burocrazia non si muove foglia che il burocrate comunista non voglia. Perciò, i politici italiani liberali, lo Stato liberale se lo sogneranno a vita, mentre gli imprenditori, si sveglieranno dall’incubo dello Stato comunista vero e liberale finto fatto di disservizi, ruberie, parassitismi, e abusi di potere, solo da morti, forse !!!!!!!!
E’ chiaro quindi che passare dall’uguaglianza comunista alla competizione liberale resterà all’infinito un pio desiderio, perché gli addetti pubblici rifiuteranno in massa il passaggio e gli imprenditori si ritroveranno iscritti alle olimpiadi del libero mercato, pur conservando come palla al piede, i dis-servizi comunisti (dall’asilo nido al posto tomba) e il costo per saldarli a colpi di stangate tributarie.
Insomma, non si modifica la destinazione d’uso della classe imprenditoriale, prima di aver modificato le istituzioni dello Stato, e l’esercito della classe “dirigente” libera di abusare a piacimento del potere.
Perché se il mercato finisce assoggettato allo Stato, allora gli imprenditori smettono di essere soggetti autonomi produttivi, e si convertono in dipendenti dei dipendenti pubblici, liberi di giocarseli come il gatto col topo, sfruttandoli  o accoppandoli a piacimento, senza dover rendere conto a nessuno, come non rendono conto se al lavoro arrivano in orario, se timbrano il cartellino personalmente o affidandolo ad un collega, se  rimangono in ufficio o vanno a divertirsi o a svolgere un altro lavoro a pagamento, se si assentano dalla stanza, se si leggono il giornale invece di assolvere alle loro mansioni o se le assolvono alla velocità della luce, dopo aver incassato altrettanto velocemente una mazzetta di contanti o di favori.
Insomma, così come è concepito adesso lo Stato liberale, non diventa mai ex Stato comunista, ma resta culturalmente, giuridicamente, tributariamente e moralmente comunista sfegatato, anche quando fa in modo che siano i tromboni di destra ad occupare Palazzo Chigi e a pavoneggiarsi come se stessero governando davvero una liberal-democrazia. Con l’unica differenza che i comunisti governano da liberi in giro per il mondo a spassarsela e a rastrellare Rolex, mentre i liberali esercitano il loro potere sbattuti come burattini fra udienze giudiziarie e arresti domiciliari, quando gli va da dio.
Imprenditori e berlusconi assortiti possono inventarsi chilometri di crimini, di delitti, di truffe e corruzioni per non soccombere al massacro di un popolo improduttivo perché finto liberale, abbarbicato come l’edera al parassitismo comunista, ma non vanno da nessuna parte, perché una conversione d’uso da comunismo a liberismo, non si inizia nel mercato massacrando, rapinando e riducendo al suicidio i piccoli imprenditori perseguitandoli da evasori e ladri di Stato, ma selezionando una classe dirigente pubblica con vocazione a competere, a guadagnare compensi nella misura in cui i servizi pubblici hanno già reso produttive le imprese private.
Perché accreditarsi persino un premio di produttività per i servizi pubblici da terzo mondo che hanno fatto arretrare l’Italia in Africa riducendola al default in cinque decenni di comunismo, e due di finto liberismo, può anche essere legalmente liberale, ma resta sostanzialmente comunista, perché a fallire o ad impiccarsi non sono solo i venditori di bruscolini, che trattandosi di “poveri ignoranti” sarebbe quasi accettabile; ma a collassare sono i geni del mercato e della finanza e le loro cordate di imprese miliardarie, (l’ABI parla di 200 miliardi di euro di sofferenze bancarie, e oltre un milione di debitori insolventi o falliti e l’intera UE non se la passa meglio) allora il problema è davvero spaccacervelli !!!!


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