lunedì 17 ottobre 2016

I piazzisti della politica


Ogni popolo è costituito da una varietà di individui, così diversi per cultura e moralità, capacità psicofisiche, condizioni economiche, credo religioso e politico, che è stupido governarlo distribuendo privilegi ad alcuni e disagi ad altri, quasi istigandoli a delinquere ne l’illusione di salvarsi.
Purtroppo la politica non contempla altra soluzione che distribuire privilegi: o solo a vantaggio di alcune categorie di lavoratori, o solo a vantaggio dei grandi padroni.
Così in Italia il potere se lo contendono da sette decenni: i lavoratori sindacalizzati, ricchi di mazzette di voti; e i grandi padroni di industria e finanza, che ricchi di mazzette di contanti, finanziano i migliori piazzisti da avviare al potere politico e corromperli a vita.
Lasciando le patate bollenti di esclusione, sfruttamento o rapina tributaria, ai piccoli imprenditori, ai disoccupati, ai sottoccupati e alle categorie deboli o disagiate di tutte le razze, libere di pagare o morire per la guerra costante fra classe lavoratrice sindacalizzata, grandi padroni rapaci e politici e burocrati corrotti che non prevede prigionieri ma solo vittime.
Così i piazzisti della politica hanno avuto gioco facile a distribuire protezioni e privilegi in cambio di mazzette di consensi o di mazzette di contanti ancora più gradite.
E a rimetterci, nella giungla degli interessi particolari, scandalosamente spacciati per bene comune, dai sacerdoti della cultura, è stato il popolo bue, e la natura massacrata da speculazione e devastazione intensiva.
Come era ovvio, il “piazzismo italiano”, finto comunista e finto liberale, spacciato per politica democratica e giustizia sociale della migliore qualità, non poteva portare altro che devastazione nel sistema sociale e di riflesso nel sistema Stato, fino alla corrosione devastante del potere di acquisto della classe media, che ormai si arrampica sugli specchi per non retrocedere nella povertà.
Chi in futuro vorrà chiamarsi politico e  fare il politico, dovrà conciliare tre grandi interessi: lavoro, ambiente, profitto. Come dire  che  la politica comunista dovrà arricchirsi di politica liberale e la liberale di comunista per non essere assassine dei poveri, dei ricchi, del territorio e in conclusione dello Stato democratico che lentamente ma inesorabilmente si impoverisce di produttività tassabile e alla lunga va in default.
Perché la politica in funzione del bene comune è altra cosa: va abbattuto e alla lunga azzerato il costo socio-economico di milioni di esclusi, precari, sfruttati o indifesi, da sempre asserviti alla classe dirigente rapace, che ha uno spiccato talento nell'arricchire i ricchi e impoverire i poveri.
Giusto per capirci, il nobile lavoro di piazzista curatore di interessi particolari, se mutuato in politica, (dove è nobile solo il bene comune) diventa ignobile truffa assassina di popolo, sovranità e Stato. La vera politica non offre vittime ai carnefici. Libera dal tumore fiscale non solo i sindacalisti i burocrati e i banchieri, ma anche i piccoli imprenditori (vera spina dorsale dello Stato di diritto) perché possano assumere, produrre e pagare salari e tasse, mica chiudere, evadere, truffare, fallire, delinquere, scappare o suicidarsi.

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