lunedì 1 agosto 2011

In democrazia tutti colpevoli



Per quante rivoluzioni possa inventarsi, il mondo della cultura è sempre piantato ad un bivio come un palo di luce affogato nel cementato: o insegna al popolo a preferire l’intelligente politica della formica e risparmia oggi per mangiare domani; o in linea con l’attuale moda italiana gli insegna a rivendicare e pretendere la politica demenziale della cicala, dei diritti senza doveri, delle raccomandazioni e corruzioni, delle invalidità e pensioni fasulle, delle lauree aggiudicate al migliore offerente, dei mutui facili, del passo più lungo della gamba, e finché dura, ingrassa a spese di deboli e indifesi.
E quando lo Stato rischia il collasso, gli intellettuali acefali si lanciano all’assalto delle mangiatoie del potere per riciclarsi da politici, illudendosi di non finire poi assediati dal partito trasversale delle spese pazze e delle ruberie di cui sono stati il braccio e la mente, conto proprio e conto terzi.
Insomma, è inutile spappolarsi il cervello alla ricerca di una verità fresca di giornata che ci spieghi differenze e relazioni fra democrazia e dittatura, legalità e illegalità, giustizia e politica, cultura e politica, mercato e cultura e fra politica e mercato: perché non c’è più niente di nuovo sotto il sole.
Che sia intelligente o idiota, la politica è la meno responsabile in una società democratica. Ci sono mille poteri pubblici e privati, a cominciare da giustizia, burocrazia, professioni, mercato, sindacato, finanza e stampa, in grado di immobilizzare o muovere i politici come incolpevoli marionette.

Perciò la civiltà democratica è sempre a trazione culturale. Ma se il locomotore ha solo quattro o cinque cavalli intellettuali come ai tempi di Platone o Pitagora è inevitabile che il pesante treno sociale arranchi sulla via del progresso. Invece corre sparato verso l’autodistruzione, se ha come l’Italia quattro milioni di Platone e altrettanti di Pitagora che accerchiano e condizionano la politica per arricchire producendo danno aggiunto anziché valore aggiunto. E solo una cosa potrebbe salvare la politica, il popolo bue dissanguato per mantenerli e lo Stato a rischio bancarotta: distribuire più carriole che cattedre, più zappe che scrivanie, più sgabelli che poltrone, più carta igienica che carta moneta.


Una volta l’intelligenza si spremeva dai popoli affamando i pensatori (che a stomaco vuoto ragionano da dio) e sfamando i manovali (che a stomaco pieno rendono di più). E in Italia temo si debba arretrare almeno di qualche centimetro nel passato, per non arrischiare chilometri di futuro. 

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