martedì 14 febbraio 2012

Barboni e banchieri

Barboni e banchieri
Nel mondo ci sono due continenti con le gambe economicamente rotte: Europa e America; ma la cultura e la politica che si affannano a soccorrerle a costi stratosferici non hanno un solo ortopedico in grado di curarle.
I più vedono problemi per i poveri che non hanno da spendere, e pochi per i ricchi che non sanno produrre.
Ma non è tanto preoccupante la condizione del poveri che non hanno (perché se avessero saprebbero spendere), quanto quella dei ricchi che non sanno più produrre nemmeno da strozzini: o perché investono da cani, o perché non trovano più miniere da sfruttare, e costringono poi chi governa a soccorrere i banchieri falliti invece dei barboni affamati.
E l’informazione italiana, anche quando finge di occuparsi di problemi economici, nel 90% dei casi, si occupa di situazioni individuali o locali di estrema povertà e quindi non offre nessun contributo al problema nazionale e mondiale dell’improduttività dei ricchi da cui scaturisce la disoccupazione dilagante, l’evasione e il debito pubblico da bancarotta, nonché le caste auto referenziali e auto protettive.
La povertà dilaga quando in un popolo i ricchi non trovano più risorse culturali e materiali da cui spremere ricchezza, e da negrieri o usurai ripiegano verso lo sfruttamento del lavoro o del credito, quindi della massa dei lavoratori e piccoli imprenditori facendoli impoverire o fallire.
Ma il mondo della cultura non si è mai offerto in soccorso della politica per stabilire perché i rubinetti d’oro della produttività Occidentale gocciolano a malapena profitti, o sparano perdite stratosferiche.
Dov’è l’idraulico che sappia individuare se il guasto è nell’istruzione, nell’informazione, nel sindacato, nel caos legislativo, nella lentezza giudiziaria, o nell’irresponsabilità e disonestà burocratica?
Se i ricchi incapaci dell’Occidente si spostano ad Oriente, ridiventano produttivi senza bisogno di essere rapaci; allora in Occidente la povertà è l’effetto, mentre la causa è l’ormai impossibile produttività onesta dei ricchi.
Ci vorrebbe un idraulico capace di cogliere nel groviglio delle condutture istituzionali l’origine delle perdite di competitività e produttività. Se l’Italia è arrivata a totalizzare oltre il 30% di giovani, che il mercato non ha convenienza ad assorbire, senza contare i quarantenni e cinquantenni che perde per strada, non può essere solo problema economico.
I banchieri e gli imprenditori italiani sono diventati di colpo incapaci; oppure non è più conveniente assumere gli italiani, da che le conquiste sindacali e la macchina scassata dello Stato, sono in grado di tramutare in perdita qualunque profitto onesto?
Io spero sinceramente di essere in errore. Ma se le cose stessero proprio così, Monti che rimescola l’economia a colpi di liberalizzazioni, è come operasse i calli di un malato di tumore, perché i guasti italiani sono di natura giuridica, burocratica e tributaria.
Che poi i politici e i giudici si tengano strette le poltrone e usino il potere a proprio vantaggio è inevitabile, visto che della salute dello Stato, seriamente non ha convenienza di occuparsi nessuno: né i baroni delle università, né quelli della stampa, che oltre alla mela marcia della casta politica da eliminare, vedono tutto il cesto delle istituzioni italiane produttive di servizi da terzo mondo, di primissima qualità.

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