lunedì 27 febbraio 2012

La ricchezza del sapere

La ricchezza del sapere
A giudicare dal divario fra disponibilità e necessità di ricchezza, l'Italia e la Grecia si direbbero moscerini con l'appetito di dinosauri.
Non è casuale che i due Paesi a più alta concentrazione di beni culturali dell'Europa e dell'intero Occidente, siano quelli a maggior rischio default.
La politica economica europea, con la libera circolazione di uomini e merci, è perfetta per l'intera Europa, ma è letale per Italia e Grecia, che hanno un patrimonio artistico mondiale, ma non hanno nè contribuzione mondiale, nè politica culturale degna di questo nome.
Nemmeno il sistema economico americano nel suo massimo splendore produttivo, sarebbe in grado di finanziare il restauro e la conservazione di tutte le bellezze italiane. E pensare che si possa fare tutto tassando i piccoli imprenditori, visto che le grosse industrie e le banche sono in grado di sottrarsi a questa sciagura, è fuori dalla grazia di Dio.
Dovremmo incominciare a vedere la ricchezza culturale italiana e greca come un'idrovora succhiasoldi e non come un'industria produttiva di ricchezza. Quindi finanziabile tassando l'Europa, non il fruttivendolo, il barbiere, il fabbro, il falegname o l'imbianchino italiano e greco.
Tutto ciò che nelle altre nazioni funziona a meraviglia, in Italia non riusciamo a tenerlo in piedi nemmeno puntellato. Siamo nella paradossale condizione che nel terzo millennio gli istruiti distruggono più di quanto producono e tocca agli ignoranti finanziarli. Più crescono di numero i dottori e i professori, più cresce la tassazione dei contadini e dei venditori di bruscolini, perchè in Italia la cultura fa solo danni.
La nostra economia (ma a naso direi anche quella greca) è appesantita e resa fallimentare dai costi astronomici del patrimonio culturale (e relativi addetti) che l'Europa forse ci impone pure di conservare, a gratis per l'Europa, strangolando di tasse le imprese nazionali, e mettendole nella tragica alternativa: fallire o evadere il fisco. 
Come Stato, dovremmo imitare Venezia e tassare tutti quelli che mettono piede sul suolo italiano, che per la sua unicità non può essere calpestato al minimo costo di una stanza in albergo, di un pranzo al ristorante, o ingresso al museo.
E' così esiguo il ricavato dalle economie nazionali, rispetto ai costi di manutenzione, che quella inestimabile ricchezza sta andando in rovina, e sta trascinando a fondo l'imprenditoria italiana e l'intero popolo, che paga tasse per incassare disservizi, perchè le tasse fanno da tappabuchi nella voragine del sistema cultura.
Il poco disponibile finisce disperso in mille rivoli, quindi sprecato, o peggio impiegato per creare una ulteriore crescente necessità di ricchezza, che si abbatte come una ghigliottina sulla rachitica economia italiana, inducendo i grossi imprenditori che possono delocalizzare a scappare dall'Italia. (Vedi Fiat & C.)
Cosa centra la corruzione o l'incapacità politica nello sfascio italiano o Greco? Un bell'accidente di niente. E' effetto, non causa. E' la cultura che ha smesso di essere autonoma almeno da mezzo secolo.
Gli italiani e i greci hanno il privilegio di vivere nella patria della civiltà europea e occidentale, ma sono condannati alla stessa lenta agonia del loro patrimonio, che l'Europa e il Mondo vogliono conservato, ma con i soldi dei greci e degli italiani, che senza aiuti mondiali si troveranno davanti al tragico dilemma: sfamare i cittadini di oggi o affamarli per salvare i musei, le biglioteche, gli archivi, le statue, i quadri, i libri,  i reperti di ieri.
Agli italiani si può chiedere di tutto; ma indurli a competere dopo avergli levato la pelle con le tasse e annegati nei disservizi, è come obbligarli a correre dietro un miraggio nel deserto. I salari sono i più bassi d'Europa, le tasse astronomiche, la benzina fuori controllo, il credito inesistente, lo Stato insolvente, e via elencando per un altro paio di mesi.
In Italia non c'è la minima possibilità di competere; ma se fossimo produttivi quanto l'India e la Cina messe insieme, faremmo ugualmente un buco nell'acqua, perchè il salvataggio vero di un patrimonio mondiale qual'è quello italiano, non si realizza tassando gli italiani, ma l'intera comunità mondiale.
I nostri mezzi d'informazione straripano di notizie di chiese pericolanti, quadri rubati, sculture vandalizzate e archivi e musei allagati o con volte gocciolanti; a quanto dovremmo portare tasse e benzina per fare tutto bene?

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