martedì 19 marzo 2013

Censire per governare



Censire per governare
Solo dopo aver studiato la storia e la geografia del popolo italiano con un censimento a regola d’arte, la politica e la giustizia potrebbero promettere di svoltare o invertire la marcia che sta portando popolo e Stato alla distruzione. Ma visto che di censimenti non parlano nemmeno le teste d’uovo della cultura o dell’informazione, la possibilità concreta che i poteri italiani cambino musica è a dir poco remota.
Voi direte, ma perché la buona politica non può prescindere da un censimento ben fatto e aggiornato all’anno in corso? Per la stessa ragione per cui un capo cuoco non può approntare un accettabile menù, prima di aver contato il numero, l’appetito e il portafoglio dei suoi commensali.
In Italia chi sa dirci quanti sono i cittadini dipendenti e autonomi che sanno, vogliono e possono lavorare, quale lavoro creerebbero, quale accetterebbero, a che prezzo, in quale luogo, per quanto tempo. E quanti sono i nuclei familiari, quanti da aiutare e quanti tassare. Quante donne cercano lavoro, e quante stipendiare perché casalinghe con figli a carico, (e quindi già super produttive per la collettività). A quanti anziani non autosufficienti garantire a loro scelta, assistenza invece di pensione. E via elencando per chilometri.
Essendo qualcosa di molto simile alla buona ristorazione, la politica deve essere diversificata per soddisfare decentemente tutti: chi si aspetta che gli servano una super bistecca alla fiorentina, chi una minestrina perché è malato o sdentato, chi pane e acqua perché è indigente, chi un biberon di latte per crescere e chi una flebo per tirare a campare.
Allora, qualunque politica che non parta da un censimento, per stabilire la consistenza numerica e l’assortimento delle classi sociali e relativi bisogni primari e secondari, è politica truffaldina e suicida perché impedisce al popolo di produrre e allo Stato di spendere per governare il progresso, e non come ora in Italia il regresso del popolo, del territorio, della sovranità e con ripercussioni europee.
Le istituzioni che si rassegnano ad esercitare un potere scollegato dalla realtà oggettiva, possono sopravvivere solo palleggiandosi la responsabilità di cui non conoscono nemmeno il nome, incollandosi il sedere alla poltrona e pregando che non arrivi il falegname degli elettori a scollarglielo.
In Italia siamo messi proprio così dall’asilo al Presidente della Repubblica. Le scelte più intelligenti che possano fare i nostri "potentinpotenti", finiscono, (con i comunisti e fascisti che si palleggiano disoccupati, esodati, falliti, suicidi, rapaci, criminali e debito galattico) per cozzare con una realtà a loro sconosciuta, fatta di pochi produttori e molti consumatori, di molti mangianti e pochi paganti.

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