sabato 15 novembre 2025

La specie umana culturalmente scoordinata, matura o marcisce?






Se non si può conservare in vita un essere umano separando la sua testa dal corpo; siamo certi che separare nettamente in qualunque popolo, lo studio dal lavoro, il pensiero dall'azione, i pensatori dai lavoratori, sia costruttivo e persino migliorativo per il genere umano?

Salvo rare e illustrissime eccezioni, l'intellettuale non muove più nemmeno un muscolo per appendere un quadro in casa sua (e poi corre in palestra per smaltire l'abbuffata delle calorie del pranzo) mentre il manovale è costretto a svolgere tutte le mansioni lavorative faticose, pericolose, mortali e mal retribuite.
Siamo sicuri che una organizzazione sociale così nettamente divisa tra chi pensa e chi fa, sia intellettualmente costruttiva?
Non sarà per caso dannoso soprattutto per il pensatore, che perdendo il contatto fisico, l'esposizione responsabile ai problemi reali del mondo, priva il proprio cervello della possibilità di maturare, e condanna singoli e popoli a subire gli effetti della propria immaturità, serviti a scuola sotto forma di istruzione, e nella vita, di giornalismo, politica, mercato e Finanza?

Il grande equivoco che continua ad aggiungere caos, nel  passaggio ormai millenario e ineluttabile dall'ignoranza alla conoscenza, è credere ciecamente che negli esseri umani, il cervello sia l'organo autonomamente produttivo di intelligenza: e che basti istruzione e informazione per arricchirlo di neuroni.
Ma se i popoli continuo ad essere sequestrati dal caos, dalla violenza e dalla povertà, a dispetto dell'istruzione crescente, qualcosa di patologico ci sarà.
In qualunque essere vivente, se manca il coordinamento concreto tra cervello pensante e mano attiva, la crescita di neuroni è finta: è sogno scambiato per realtà, che alla lunga non può che trasformarsi in incubo per qualunque Popolo.
Solo se la mano sbaglia e il cervello subisce gli effetti del proprio cattivo coordinamento, sente la necessità di migliorare l'interazione. Altrimenti, in assenza di stimoli esterni negativi, dolorosi, costosi e subiti sulla propria pelle, il cervello si autoconvince di essere nel giusto e si addormenta, cade in letargo o si avventura in fantasie letali per la specie umana o per il pianeta.
Questa è l'unica vera ragione per cui ai contadini le scarpe grosse hanno sempre raffinato il cervello. Perché il contadino è fisicamente a contatto con la realtà oggettiva, pensa mentre agisce, realizza, sbaglia, corregge e migliora, incassa e paga gli errori di tasca propria e non solo con la borsa ma a volte anche con la vita.
Il muratore e il falegname imparano a piantare chiodi col martello, solo dopo essersi ammaccati un dito. E alla troncatrice, il falegname, il dito se lo stacca di netto. Mentre il colpo di zappa sui piedi rinsavisce il contadino che è una meraviglia.
Qualunque crescita teorica indotta da istruzione e informazione, da puro pensiero, che delega a terzi la fatica, i rischi e i costi dell'azione, non genera neuroni intelligenti e autonomi ma neuroni ubriachi fradici di presunzione, cervelli parassiti, truffatori e non di rado anche assassini.
I santi, i geni e gli eroi non si estinguono, ma nelle democrazie diventano ininfluenti o peggio vittime.
Se l'intellettuale si tirasse su le maniche della camicia e tentasse di realizzare a proprio rischio e spesa le idee sempre migliori che partorisce, forse il mondo qualcosa di buono ne guadagnerebbe.
Se invece ha il potere di scaricare sugli altri la fatica, i costi e i danni dei suoi errori, non guadagna un briciolo di intelligenza forse nemmeno con un miracolo personale del Padre Eterno. Ma peggio, conserva l'umanità a rischio impoverimento, epidemia, guerra, estinzione.
Franco Luceri

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