sabato 31 maggio 2014

Politica tartufata


Politica tartufata

Credo che nella nostra amata-odiata UE, la grattatina di tartufo stia diventando l’ingrediente necessario per presentare le schifezze politiche, come leccornie per palati “raffinati” (alla carta abrasiva). Se mi passate il paragone, direi che fra la politica “pulita”, e quella “tartufata”, c’è la stessa differenza che passa fra il profumo che profuma e il deodorante che ti rende sopportabile la puzza.
In Italia, la politica senza correttivi, è sparita da così tanti decenni, che gli elettori italiani ormai sono indotti a sputare nel piatto della politica buona se mai gli capita, e a divorarsi la cattiva. E più ne mangiano, più si avvelenano il futuro.
Perché la VERA POLITICA, di cui non c’è traccia da mezzo secolo, ha la sola funzione di RENDERE AUTONOMAMENTE PRODUTTIVI I SINGOLI CITTADINI, PER METTERE POI LO STATO A CARICO DEL POPOLO, TASSANDOLI.
MENTRE L’ESATTO CONTRARIO, IL POPOLO A CARICO DELLO STATO, E’ POLITICA AL TARTUFO: RIESCE EGREGIAMENTE A QUALUNQUE CRETINO, LASCIARE DISOCCUPATO IL 50% DI GIOVANI  E POI INNAFFIARE DI RISORSE PUBBLICHE PADRI E NONNI PERCHE’ POSSANO MANTENERLI OGGI, MA POI CONSEGNARGLI IN EREDITA’ UNO STATO INDEBITATO O FALLITO.
Col popolo a carico dello Stato, la classe dirigente ha gioco facile a spacciare per intelligenza politica, la propria stupidità. Diventa difficile capire che la politica non sta creando le condizioni culturali e socio economiche perché almeno i laureati e super laureati diventino imprenditori autonomamente produttivi e contributivi.
In Italia, eserciti di pensionati dovrebbero vivere con le tasse pagate dai figli, ma i figli, soprattutto se laureati, sono esclusi da qualunque occupazione individualmente e socialmente produttiva, sono disoccupati a tempo pieno o in alternativa emigranti.
Chi ha inventato l’istruzione e la pensione, ha attentato a l’equilibrio socio economico degli Stati. Una volta gli artigiani si prendevano a carico i ragazzi a 6-7 anni, e dopo averli imparato un mestiere che li rendeva autonomi e liberi, dovevano sequestrarli per non perderli. Fra i 25 e i 30 anni erano tutti artigiani autonomi, sposati, padri, produttivi e contribuenti. Oggi i dipendenti devono incatenarsi sul posto di lavoro per evitare il licenziamento.
L’altro problema è la pensione. Gli artigiani vecchio modello, se in buona salute, rimanevano capitani della loro impresa e produttivi fino alla morte. Oggi abbiamo i pre-pensionati e i finti invalidi dalla nascita. E sui milioni di parassiti e ladri di Stato stendiamo pure un velo pietoso per amor di Patria.
Nei sistemi tartufati, all’italiana, il cordone ombelicale dei neonati viene reciso fisicamente dalla madre, ma riattaccato giuridicamente alla foresta delle istituzioni pubbliche che provvedono a rendere ogni singolo cittadino dipendente dallo Stato (da formare e perfezionare come disoccupato, parassita, truffatore o ladro) fino alla morte. Quindi, per l’intera vita, incapace di ragionare, procreare, produrre e contribuire autonomamente da adulto libero.
Se oggi a Gesù venisse la malaugurata idea di tornare fra gli umani, temo che nemmeno Lui sarebbe in grado di sfuggire al pensiero unico, al plagio della politica tartufata italiana, che induce l’intera classe dirigente di sinistra e destra o se volete pseudo comunista e pseudo liberale, a vergognarsi di tassare i cittadini italiani, ma non di indebitare lo Stato per mantenerli.
No. La politica che può tassare il popolo e mantenere lo Stato, ha molto di cui essere orgogliosa: vuol dire che lo ha reso produttivo. La maschera in faccia per non vergognarsi deve calarsela la classe dirigente italiana, che a “giusto” compenso per le devastazioni prodotte nel sistema socio-economico, tassa imprenditori e lavoratori che sono alla canna del gas fino ad istigarli a delinquere o al suicidio.
Perciò il delitto politico da cui tutti prendono le distanze, non è tassare il popolo per mantenere lo Stato; ma tassare lo Stato fingendo di salvare il popolo a colpi di esenzioni, riduzioni di tasse, sussidi, stipendi e pensioni, privilegi e furti assortiti, che in un colpo solo (impedendo persino ai geni di produrre onestamente) distruggono il futuro del popolo e dello Stato.
La politica che non ha ragione di ricorrere al plagio culturale per camuffare la propria nullità, è quella che rende i singoli cittadini autonomi e produttivi, per avere poi il sacrosanto diritto di tassarli. Nelle nazioni veramente progredite, le tasse sono tre volte più alte di quelle italiane, ma la gente ha guadagni adeguati e protezioni pubbliche integrali: diritti, non favori.
Perché trasformare un popolo di imprenditori capaci di pagare tasse e mantenere lo Stato, in un allagamento di dipendenti e pensionati che non si sa bene come e chi possa mantenerli, è l’ultima forma legalizzata di “democrazia poco democratica, ma molto, molto, molto genocida”.
Anche Renzi ha dovuto ricorrere alla "grattatina di tartufo" di 80 euro in busta paga per rendere commestibile la sua offerta politica. Ma almeno lui sta dimostrando di avere un vasto programma di rottamazione del sistema marcio Italia (con sette decenni di "onorata" conservazione), cosa che ci fa ben sperare nel ritorno della politica e giustizia "pulita": vitale per gli onesti e letale per i farabutti. Prima che sia tardi.

domenica 4 maggio 2014

Ritorno alle origini


Ritorno alle origini

La condizione culturale, economica e morale, quasi disperata dell’Italia, mi ha indotto a riflettere su cosa possa inibire la civiltà e precipitare nella barbarie un popolo; e credo che l’errata distribuzione dei costi e dei ricavi, (come dire: l’ingiustizia sociale) alla lunga possa danneggiare un popolo fino alla totale distruzione.
L’Italia, madre e padre di tutte le ingiustizie, ha la guerra civile dietro l’angolo, perché la chiave della giustizia sociale comunista si è spezzata nella serratura da un quarto di secolo, e quella liberale è in progettazione da sette decenni.
E in attesa della futura giustizia intelligente, i conti dobbiamo farceli con quella comunista e liberale in guerra fra loro a tempo indeterminato, tanto da aver cancellato anche le impronte digitali del diritto al lavoro per i dipendenti, cancellando il diritto alla vita onesta per gli imprenditori.
Insomma siamo nella mer…
La scienza è ormai come una automobile forata e senza ruota di scorta. Si prende in carico un problema che necessita di una soluzione e ne restituisce mille perfettamente incancreniti. Filosofi, economisti e giornalisti giocano allo scarica barile: o si contestano reciprocamente le soluzioni ideologiche e perciò fasulle che sfornano a ciclo continuo, oppure ribaltano sulla politica la responsabilità dello sfascio, e questa si affretta a chiamare in correità, giudici, burocrati sindacalisti e professionisti, oppure vanno tutti sul sicuro incriminando di evasione fiscale i piccoli imprenditori a cui non sono rimasti più nemmeno gli occhi per piangere.
Insomma, siamo fortunati, abbiamo tutto ciò che serve per “ritornare alle origini”, retrocedendo nella barbarie, perché il comunismo ha tirato le cuoia, ma da noi governa; e il liberismo che sembrava un primatista mondiale, è ingessato come un salame da un miliardo di politiche di emergenza per tenercelo in piedi artificialmente.
Quindi, ciò che producono le imprese basta solo agli "umani di buon appetito": super imprenditori, banchieri e classe dirigente ladra, con la santa benedizione dei comunisti che si limitano a perequare da cani le briciole che cadono di bocca ai banchieri, e a strappare di tasse rapina persino le viscere ai mini imprenditori onesti fino a ridurli a barboni o peggio a suicidi. E quanto tutto questo possa dirsi Stato di diritto e giustizia sociale ve lo lascio immaginare.
Per l’equa distribuzione di costi e ricavi fra Stato e contribuenti forse ci toccherà aspettare il Padreterno, perché agli umani addetti ai lavori continua a sfuggire un particolare fondamentale. Per produrre ricchezza onesta a qualunque livello, si sopportano dei costi prevedibili, ma anche una marea di costi imprevedibili. E quando i secondi superano i primi, il profitto si trasforma in perdita.
Il giorno prima della vendemmia, il Padreterno che ti grandina il raccolto, ti scarica addosso un costo imprevedibile, e addio profitto. Naturalmente, il Padreterno, pur potendo scatenare l’inferno in terra, non è ancora riuscito a battere politici, giudici, burocrati, banchieri, sindacalisti e professionisti in fatto di grandinate devastanti; e ancora peggio, la classe dirigente in questione non si è ancora posto il problema di come ripartire i costi imprevisti fra le classi sociali, per evitare che chi produce sia indotto a licenziare, chiudere o delocalizzare, se puntualmente le perdite superano i profitti.
Il buon senso imporrebbe di scaricare i massimi costi imprevisti sulle due classi sociali che hanno le spalle larghe e robuste: quella numerosa dei lavoratori e pensionati e quella ricca delle multinazionali e dei banchieri. Ma è già blasfemo pensarlo; perché nel sistema Italia sono le piccole imprese (in costante rischio fallimento) e i relativi dipendenti precari a doversi fare carico di costi e danni esterni all’impresa: da mal funzionamento dello Stato, disonestà degli addetti, calamità naturali, recessioni e stagnazioni mondiali, guerre, mafia, e quanto altro.
Ma questa via è a scorrimento veloce verso la guerra civile. I danni e le perdite “eccezionali” subiti dagli imprenditori andrebbero “socializzati”, (al pari dei profitti) per proteggere dalla disoccupazione chi lavora, dal fallimento chi produce, e lo Stato, dalla perdita definitiva di tasse.
Ma se i dipendenti, i pensionati e i banchieri, (che hanno una rappresentanza politica così inossidabile da legittimarsi persino l’omicidio) alzano le barricate a protezione delle loro classi sociali, scaricano tutti i costi imprevisti ed eccezionali sui piccoli imprenditori, come fossero ebrei da sterminare, e inducono barbarie senza via d’uscita per due elementari ragioni: primo, perché si tratta di imprese povere che mai potranno sopportare quei costi; secondo, si tratta di una classe sociale che nel 2011 era di soli due milioni di addetti, su 41 milioni di contribuenti, e dopo l’oculata politica di Monti, Letta e prossima di Renzi, sarà all’estinzione.
Quando ero ragazzo raccontavano spesso la storiella di un tale che aveva un cavallo da tiro che da solo poteva trainarsi il mondo, ma il suo padrone, intelligente come una capra, (direbbe Sgarbi) lo usava per le passeggiate. Per i carichi pesanti legava l’asino davanti al carro e il cavallo dietro, e puntualmente ogni settimana, di super lavoro ammazzava un asino.
In Italia, la cultura, la politica e la giustizia sembrerebbero pensate in esclusiva da quel ammazza  asini. Se invece analizzassimo senza prosciutti sugli occhi il problema del lavoro autonomo, capiremmo che l’attività di piccolo imprenditore (peggio se onesto), una volta ricca, privilegiata e ambita, si è ridotta ad un calvario. Per l’alto rischio economico, (al pari dei lavori umilianti, sporchi o pesanti) si è resa appetibile (in mancanza d’altro) solo agli immigrati, mentre il numero degli addetti italiani è in caduta libera, da oltre un decennio.
Come dire che l’Italia  ha nei dipendenti, pensionati e banche, un ottimo cavallo da tiro per i grossi carichi tributari, ma al pari dello scemo del paese, continua a scaricare tutto sull’asino della piccola imprenditoria, che inizialmente tenta di tenersi a galla ricorrendo agli usurai, evadendo le tasse, e sperando che la politica rinsavisca, poi schiatta. E insieme a quel asino schiatta l’Italia.