domenica 4 maggio 2014

Ritorno alle origini


Ritorno alle origini

La condizione culturale, economica e morale, quasi disperata dell’Italia, mi ha indotto a riflettere su cosa possa inibire la civiltà e precipitare nella barbarie un popolo; e credo che l’errata distribuzione dei costi e dei ricavi, (come dire: l’ingiustizia sociale) alla lunga possa danneggiare un popolo fino alla totale distruzione.
L’Italia, madre e padre di tutte le ingiustizie, ha la guerra civile dietro l’angolo, perché la chiave della giustizia sociale comunista si è spezzata nella serratura da un quarto di secolo, e quella liberale è in progettazione da sette decenni.
E in attesa della futura giustizia intelligente, i conti dobbiamo farceli con quella comunista e liberale in guerra fra loro a tempo indeterminato, tanto da aver cancellato anche le impronte digitali del diritto al lavoro per i dipendenti, cancellando il diritto alla vita onesta per gli imprenditori.
Insomma siamo nella mer…
La scienza è ormai come una automobile forata e senza ruota di scorta. Si prende in carico un problema che necessita di una soluzione e ne restituisce mille perfettamente incancreniti. Filosofi, economisti e giornalisti giocano allo scarica barile: o si contestano reciprocamente le soluzioni ideologiche e perciò fasulle che sfornano a ciclo continuo, oppure ribaltano sulla politica la responsabilità dello sfascio, e questa si affretta a chiamare in correità, giudici, burocrati sindacalisti e professionisti, oppure vanno tutti sul sicuro incriminando di evasione fiscale i piccoli imprenditori a cui non sono rimasti più nemmeno gli occhi per piangere.
Insomma, siamo fortunati, abbiamo tutto ciò che serve per “ritornare alle origini”, retrocedendo nella barbarie, perché il comunismo ha tirato le cuoia, ma da noi governa; e il liberismo che sembrava un primatista mondiale, è ingessato come un salame da un miliardo di politiche di emergenza per tenercelo in piedi artificialmente.
Quindi, ciò che producono le imprese basta solo agli "umani di buon appetito": super imprenditori, banchieri e classe dirigente ladra, con la santa benedizione dei comunisti che si limitano a perequare da cani le briciole che cadono di bocca ai banchieri, e a strappare di tasse rapina persino le viscere ai mini imprenditori onesti fino a ridurli a barboni o peggio a suicidi. E quanto tutto questo possa dirsi Stato di diritto e giustizia sociale ve lo lascio immaginare.
Per l’equa distribuzione di costi e ricavi fra Stato e contribuenti forse ci toccherà aspettare il Padreterno, perché agli umani addetti ai lavori continua a sfuggire un particolare fondamentale. Per produrre ricchezza onesta a qualunque livello, si sopportano dei costi prevedibili, ma anche una marea di costi imprevedibili. E quando i secondi superano i primi, il profitto si trasforma in perdita.
Il giorno prima della vendemmia, il Padreterno che ti grandina il raccolto, ti scarica addosso un costo imprevedibile, e addio profitto. Naturalmente, il Padreterno, pur potendo scatenare l’inferno in terra, non è ancora riuscito a battere politici, giudici, burocrati, banchieri, sindacalisti e professionisti in fatto di grandinate devastanti; e ancora peggio, la classe dirigente in questione non si è ancora posto il problema di come ripartire i costi imprevisti fra le classi sociali, per evitare che chi produce sia indotto a licenziare, chiudere o delocalizzare, se puntualmente le perdite superano i profitti.
Il buon senso imporrebbe di scaricare i massimi costi imprevisti sulle due classi sociali che hanno le spalle larghe e robuste: quella numerosa dei lavoratori e pensionati e quella ricca delle multinazionali e dei banchieri. Ma è già blasfemo pensarlo; perché nel sistema Italia sono le piccole imprese (in costante rischio fallimento) e i relativi dipendenti precari a doversi fare carico di costi e danni esterni all’impresa: da mal funzionamento dello Stato, disonestà degli addetti, calamità naturali, recessioni e stagnazioni mondiali, guerre, mafia, e quanto altro.
Ma questa via è a scorrimento veloce verso la guerra civile. I danni e le perdite “eccezionali” subiti dagli imprenditori andrebbero “socializzati”, (al pari dei profitti) per proteggere dalla disoccupazione chi lavora, dal fallimento chi produce, e lo Stato, dalla perdita definitiva di tasse.
Ma se i dipendenti, i pensionati e i banchieri, (che hanno una rappresentanza politica così inossidabile da legittimarsi persino l’omicidio) alzano le barricate a protezione delle loro classi sociali, scaricano tutti i costi imprevisti ed eccezionali sui piccoli imprenditori, come fossero ebrei da sterminare, e inducono barbarie senza via d’uscita per due elementari ragioni: primo, perché si tratta di imprese povere che mai potranno sopportare quei costi; secondo, si tratta di una classe sociale che nel 2011 era di soli due milioni di addetti, su 41 milioni di contribuenti, e dopo l’oculata politica di Monti, Letta e prossima di Renzi, sarà all’estinzione.
Quando ero ragazzo raccontavano spesso la storiella di un tale che aveva un cavallo da tiro che da solo poteva trainarsi il mondo, ma il suo padrone, intelligente come una capra, (direbbe Sgarbi) lo usava per le passeggiate. Per i carichi pesanti legava l’asino davanti al carro e il cavallo dietro, e puntualmente ogni settimana, di super lavoro ammazzava un asino.
In Italia, la cultura, la politica e la giustizia sembrerebbero pensate in esclusiva da quel ammazza  asini. Se invece analizzassimo senza prosciutti sugli occhi il problema del lavoro autonomo, capiremmo che l’attività di piccolo imprenditore (peggio se onesto), una volta ricca, privilegiata e ambita, si è ridotta ad un calvario. Per l’alto rischio economico, (al pari dei lavori umilianti, sporchi o pesanti) si è resa appetibile (in mancanza d’altro) solo agli immigrati, mentre il numero degli addetti italiani è in caduta libera, da oltre un decennio.
Come dire che l’Italia  ha nei dipendenti, pensionati e banche, un ottimo cavallo da tiro per i grossi carichi tributari, ma al pari dello scemo del paese, continua a scaricare tutto sull’asino della piccola imprenditoria, che inizialmente tenta di tenersi a galla ricorrendo agli usurai, evadendo le tasse, e sperando che la politica rinsavisca, poi schiatta. E insieme a quel asino schiatta l’Italia.

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