sabato 30 gennaio 2016

I politologi stanno per inventare la carriola.



I politologi stanno per inventare la carriola

Se riuscite ad immaginare un ingegnere meccano che sta ancora studiando il funzionamento della carriola, ma dai meccanici pretende la costruzione di automobili perfette; allora non avrete difficoltà a capire quanto sono ridicoli i machiavelli della cultura italiana, che da millenni studiano inutilmente come far funzionare una carriola democratica, ma dai Premier pretendono utopiche democrazie con produttività e legalità da formula uno.
Quando ormai è lapalissiano che non esiste un modo per governare insieme, la fame fisiologica dei poveri sfruttati e quella patologica dei ricchi sfruttatori, senza ridurre lo Stato alla bancarotta.
Perché il meglio che possa fare un Premier, è lasciare il popolo libero di produrre; ma se la classe intellettuale non ha ancora istruito i poveri alla produttività e i ricchi a l'onestà: farà prima una cicogna a recapitare con volo interplanetario un neonato, che un Premier ad assicurare, almeno alla vigilia de l'estinzione de l'Umanità, uno Stato ricco ad un popolo improduttivo e ladro, fuori e dentro lo Stato.

sabato 23 gennaio 2016

Le ostetriche politiche imbranate



Le ostetriche politiche imbranate

E’ sempre rischioso stravolgere la destinazione d’uso di un oggetto. Se provi a convertire una bicicletta in trattore, finisci appiedato: perdi la bicicletta, ma non guadagni il trattore. Mutando una cosa in un’altra sfacciatamente diversa o peggio opposta si rischia di perdere tutto. Ma farlo con un popolo, uno Stato, una ideologia o un sistema legislativo è letteralmente suicida.
Per questa ragione il mondo sta venendo giù come una ricotta malfatta, perché si è cercato di convertire tutti i sistemi Stato comunisti in liberali, e l’effetto è visibile anche allo scemo del paese. A cominciare da l’Italia, il cambiamento liberale, è stato affidato a furor di popolo, alla stessa classe dirigente comunista che aveva portato l’Italia alla bancarotta, con mezzo secolo di comunismo sfegatato.
Nel passaggio dal comunismo al liberismo non si è tentato nemmeno di cambiare o rinunciare ad un lavacessi o un passacarte pubblico (manco se reo confesso) per non perdere consenso. Come dire che nel privato si può anche sconvolgerla la destinazione d’uso, ma nella burocrazia non si muove foglia che il burocrate comunista non voglia. Perciò, i politici italiani liberali, lo Stato liberale se lo sogneranno a vita, mentre gli imprenditori, si sveglieranno da l’incubo dello Stato comunista vero e liberale finto fatto di disservizi, ruberie, parassitismi, e abusi di potere, in aggiunta alla competizione selvaggia o disonesta solo da morti, forse !!!!
E’ chiaro quindi che passare da l’uguaglianza comunista alla competitività liberale resterà a l’infinito un pio desiderio, perché gli addetti pubblici rifiuteranno in massa il passaggio e gli imprenditori si ritroveranno iscritti alle olimpiadi del libero mercato, con la palla al piede dei dis-servizi e furti comunisti, da pagare a colpi di stangate tributarie assassine.
Insomma, non si modifica la destinazione d’uso della classe imprenditoriale, prima di aver modificato le istituzioni dello Stato, e l’esercito della “classe dirigente” libera di abusare del potere.
Perché se il mercato finisce assoggettato allo Stato, allora gli imprenditori smettono di essere soggetti autonomi e responsabili anche delle cacche di cane sui marciapiedi, e si convertono in dipendenti dei dipendenti pubblici irresponsabili, liberi di giocarseli come il gatto col topo, sfruttandoli  o accoppandoli a piacimento, senza dover rendere conto a nessuno, come non rendono conto se al lavoro arrivano in orario, se timbrano il cartellino personalmente o affidandolo ad un collega, se  rimangono in ufficio o vanno a divertirsi o a svolgere un altro lavoro a pagamento, se si assentano dalla stanza, se si leggono il giornale invece di assolvere alle loro mansioni o se le assolvono alla velocità della luce, solo dopo aver incassato altrettanto velocemente una mazzetta di contanti o di favori.
Insomma, così come è concepito adesso lo Stato finto liberale, non diventa mai ex Stato comunista, ma resta culturalmente, giuridicamente, economicamente, tributariamente e moralmente comunista, anche quando fa in modo che siano i tromboni politici di destra ad occupare Palazzo Chigi e a pavoneggiarsi come se stessero governando davvero una liberal-democrazia. Con l’unica differenza che i comunisti governano da liberi in giro per il mondo rastrellando Rolex, mentre i liberali esercitano il loro potere sbattuti come burattini fra udienze giudiziarie e arresti domiciliari, quando proprio gli va da dio.
Imprenditori, banchieri e berlusconi assortiti possono inventarsi chilometri di crimini, delitti, truffe, corruzioni, conflitti d’interesse e bunga bunga per non soccombere al massacro di un popolo improduttivo perché finto liberale, abbarbicato come l’edera al parassitismo comunista, ma non vanno da nessuna parte, perché il comunismo si può anche convertirlo in liberismo, ma solo iniziando dallo Stato, altrimenti rimane finto a vita.
Non si inizia dal mercato, massacrando, rapinando e riducendo al suicidio i piccoli imprenditori, perseguitandoli da evasori e ladri di Stato, ma selezionando una classe dirigente pubblica con vocazione a competere, a guadagnare compensi nella misura in cui i suoi servizi pubblici hanno già reso produttive le imprese private. Non sulla promessa di renderle tali nel prossimo millennio.
Perché accreditarsi persino un premio di produttività per i servizi pubblici da terzo mondo che hanno fatto arretrare l’Italia in Africa in cinque decenni di comunismo, e due di finto liberismo, può anche essere legalmente liberale, ma resta sostanzialmente comunista, perché a fallire o ad impiccarsi non sono solo i venditori di bruscolini, che trattandosi di “poveri ignoranti” se non è accettabile, è quantomeno comprensibile; ma a collassare sono i giganti del mercato e della finanza e le loro cordate di imprese miliardarie, (l’ABI parla di 200 miliardi di euro di sofferenze bancarie, e oltre un milione di debitori insolventi o falliti) allora il problema del liberismo e comunismo finti, è proprio da spaccacervelli.
Nessun popolo può dipendere esclusivamente dal mercato, perché il mercato ha salite e discese come le montagne russe senza cinture di sicurezza. Non può risparmiare i barboni perché  non risparmia i banchieri. Ma il mondo finanziario è adulto e vaccinato per il rischio di impresa, invece il popolo non lo sarà mai. I bisogni umani sono costanti, e il welfare non si potrà mai adeguarlo alle impennate e ai crolli mortali del mercato assassini dei poveri.
Le banche italiane sono già sopravvissute a sette anni di recessione, perché nella UE “il pronto soccorso finanziario è h24” come è giusto che sia per salvare capre e cavoli. Certo è allucinante salvare imprenditori e banchieri, cioè “i Renzi e i Boschi”, dove ci sono barboni che muoiono per strada. Ma il mezzo mondo comunista, sotto la minaccia della guerra atomica, ha esperimentato la ricetta opposta. Senza i banchieri e le banche del mondo liberista accoppati per legge, ha moltiplicato, affamato e ucciso popoli in mezzo mondo.
E al punto in cui siamo, la gente non sa più se ripararsi sotto l’ombrello bucato della “civiltà occidentale”, dove diluvia catastrofi culturali, politiche, giudiziarie, fiscali e finanziarie, in aggiunta alle naturali, o riguadagnare da barbone la libertà. A sentire e vedere in televisione tutti questi tromboni del potere di destra e sinistra pubblicizzare la bontà delle loro scelte e denigrare quelle degli altri, c’è da dubitare seriamente che i comunisti protettori dei lavoratori si siano accorti che in Italia non hanno più lavoratori da proteggere; e fra poco, nemmeno i liberali avranno più imprese e banche da salvare. Dopo l’America, con 500 banche fallite, anche la UE ha le sue Lehman Brothers che rischiano di fallire a grappoli o a cordate intere, se i tromboni del potere non si danno una calmata.
I politici sono come le ostetriche, possono dirsi buoni se portano a buon fine la gravidanza sociale, smettendo di accanirsi a salvare i ricchi per non uccidere i poveri, o i poveri per non uccidere i ricchi. Se no, al pari delle ostetriche imbranate, il politici macellai che non riescono a moderare il loro accanimento ideologico, dovendo salvare partoriente e nascituro, lavoratori e padroni, risparmiatori e banchieri, meglio farebbero, per il loro e nostro bene a levare il disturbo.

domenica 17 gennaio 2016

Dallo Stato comunista allo stato caporale.


Dallo Stato comunista allo stato caporale.

L’Umanità rincorre almeno da diecimila anni il miraggio della pace. Più gli corre dietro, più il miraggio accelera e si rende inafferrabile. E posto che l’unica finalità alternativa alla pace è la guerra; resta solo da capire se è ancora valida l’intuizione di Marx riguardo al lavoro, come mezzo per fondare uno Stato di  diritto che persegua la pace sociale e mondiale.
E per quel poco che ho capito io, nessuno ha ancora inventato un elemento alternativo al lavoro, altrettanto valido su cui fondare lo Stato. Quindi può dirsi Stato, solo l’istituzione che attraverso il lavoro garantisce dignità e vita a l’intero popolo. E ferma restando questa concretissima e immutabile finalità, l’unico soggetto oggi capace di perseguirla, (alternativo allo Stato comunista ormai rottamato a livello mondiale) è l’impresa.
Da quanto premesso si deduce chiaramente che tutta la costruzione filosofico-giuridica posta a fondamento degli Stati liberali è spazzatura allo stato puro, perché del comunismo hanno rottamato tutto ma non la cultura maxista che giustamente negli Stati socialisti considerava il padrone un nemico da combattere e da accoppare giuridicamente.
Giustissima pretesa quando gli Stati erano datori di lavoro, produttori di ricchezza in proprio e pagatori di salari; ma oggi quel modello di Stato non c’è più, quindi manca lo Stato. Quello frettolosamente battezzato liberale, per colmare il vuoto giuridico lasciato dal defunto Stato comunista, di fatto è uno Stato caporale che assume lavoratori in proprio ma li paga con i soldi altrui tar-tassando le imprese. E in tutto ciò non ci sarebbe nulla di male, se dovendosi porre al servizio dei lavoratori, lo Stato avesse capito l’importanza prima di tassarle, di proteggere le imprese per salvaguardare lavoro, guadagno, e pace sociale per tutti.
Invece, come un cane tignoso incurabile, nessuno è riuscito a debellare negli ex Stati comunisti riciclati finti liberali e caporali veri, la cultura del disprezzo e dell’odio nei confronti degli imprenditori e dei banchieri, considerati padroni sfruttatori, corrotti, evasori, elusori, falsificatori, truffatori, bancarottieri e ladri. E chi più ne ha più ne metta.
Insomma, giusto per capirci, una classe dirigente di oltre sei milioni di addetti pubblici, fra politici, giudici, burocrati, giornalisti e professionisti che in Italia lavorano in perfetta sincronia per sfruttare e derubare due milioni di imprenditori presunti evasori e nemici del popolo e dello Stato, di cui una sfacciata maggioranza di pezzenti che producono appena per vivere e che affamano i loro figli per pagare le tasse, o che attingono prestiti usurai per pagare tasse rapina, non poteva che generare quel collasso socio, politico, economico, che porta gli Stati al default e i popoli alla guerra civile.


E pure il concetto filosofico su cui potrebbero reggersi gli ex Stati comunisti oggi caporali è semplice. L’Italia continuerebbe ad essere una Repubblica democratica fondata sul lavoro, se solo si ricordasse che oggi il vero Stato è l’impresa, perché è l’impresa che mantiene popolo e Stato. E chi abusando del potere pubblico uccide o istiga alla fuga o al suicidio gli imprenditori che dovrebbe proteggere, condanna in un colpo solo alla fame e guerra civile popolo e Stato.