Dallo Stato comunista
allo stato caporale.
L’Umanità rincorre almeno da diecimila anni il
miraggio della pace. Più gli corre dietro, più il miraggio accelera e si rende
inafferrabile. E posto che l’unica finalità alternativa alla pace è la guerra;
resta solo da capire se è ancora valida l’intuizione di Marx riguardo al lavoro,
come mezzo per fondare uno Stato di
diritto che persegua la pace sociale e mondiale.
E per quel poco che ho capito io, nessuno ha ancora
inventato un elemento alternativo al lavoro, altrettanto valido su cui
fondare lo Stato. Quindi può dirsi Stato, solo l’istituzione che attraverso il
lavoro garantisce dignità e vita a l’intero popolo. E ferma restando questa concretissima e immutabile finalità, l’unico soggetto oggi capace
di perseguirla, (alternativo allo Stato comunista ormai rottamato a livello
mondiale) è l’impresa.
Da quanto premesso si deduce chiaramente che tutta
la costruzione filosofico-giuridica posta a fondamento degli Stati liberali è
spazzatura allo stato puro, perché del comunismo hanno rottamato tutto ma non
la cultura maxista che giustamente negli Stati socialisti considerava il padrone
un nemico da combattere e da accoppare giuridicamente.
Giustissima pretesa quando gli Stati erano datori di
lavoro, produttori di ricchezza in proprio e pagatori di salari; ma oggi quel
modello di Stato non c’è più, quindi manca lo Stato. Quello frettolosamente
battezzato liberale, per colmare il vuoto giuridico lasciato dal defunto Stato
comunista, di fatto è uno Stato caporale che assume lavoratori in proprio ma li paga con i soldi altrui tar-tassando le imprese. E in tutto ciò non ci sarebbe nulla di male, se
dovendosi porre al servizio dei lavoratori, lo Stato avesse capito l’importanza prima di tassarle, di proteggere le imprese per salvaguardare lavoro, guadagno, e pace sociale per
tutti.
Invece, come un cane tignoso incurabile, nessuno è
riuscito a debellare negli ex Stati comunisti riciclati finti liberali e
caporali veri, la cultura del disprezzo e dell’odio nei confronti degli
imprenditori e dei banchieri, considerati padroni sfruttatori, corrotti,
evasori, elusori, falsificatori, truffatori, bancarottieri e ladri. E chi più
ne ha più ne metta.
Insomma, giusto per capirci, una classe dirigente di
oltre sei milioni di addetti pubblici, fra politici, giudici, burocrati,
giornalisti e professionisti che in Italia lavorano in perfetta sincronia per
sfruttare e derubare due milioni di imprenditori presunti evasori e nemici del
popolo e dello Stato, di cui una sfacciata maggioranza di pezzenti che
producono appena per vivere e che affamano i loro figli per pagare le tasse, o
che attingono prestiti usurai per pagare tasse rapina, non poteva che generare
quel collasso socio, politico, economico, che porta gli Stati al default e i
popoli alla guerra civile.
E pure il concetto filosofico su cui potrebbero
reggersi gli ex Stati comunisti oggi caporali è semplice. L’Italia
continuerebbe ad essere una Repubblica democratica fondata sul lavoro, se solo si
ricordasse che oggi il vero Stato è l’impresa, perché è l’impresa che mantiene
popolo e Stato. E chi abusando del potere pubblico uccide o istiga alla fuga o al suicidio gli imprenditori che
dovrebbe proteggere, condanna in un colpo solo alla fame e guerra civile popolo e
Stato.
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