venerdì 28 ottobre 2011

Idee come chiodi arrugginiti.

Chi ha provato ad estrarre dal muro un chiodo arrugginito, sa bene che nel migliore dei casi si lascia dietro una voragine; e sempre che non sia tanto grosso da  dover buttare giù un muro o l'intera  casa.
E nel cervello umano, le idee demenziali, al pari dei chiodi arrugginiti, sono saldamente e inamovibilmente ancorate. Quando sospettiamo di essere in errore, è così traumatico e dannoso correggerlo, che finiamo per negare la verità persino a noi stessi e ci teniamo l'errore.
Ecco perché ogni essere umano è portato a vedere con chiarezza scientifica gli errori altrui quanto una capocchia di spillo, ma non i propri quanto una trave.
Per non parlare di errori comuni a diecine o centinaia di milioni di persone, come è stato il fascismo, il nazismo e ancora peggio il comunismo, che c’è voluto un secolo di sofferenze prima di vederlo eliminato. Anche se certe demenziali ideologie restano come chiodi inestraibili nel cervello dei nostalgici. E ora abbiamo fra le mani la patata bollente del liberismo che rischia di spedire in bancarotta mezzo pianeta.
Allora dobbiamo incominciare a convincerci che non esiste cervello umano senza il chiodo arrugginito di una bella idea idiota così bene ancorata che abbiamo più convenienza a tenercela che a rimuoverla con costi insostenibili.
E l’idea che abbiamo dei governi democratici, rientra a pieno titolo fra le idee così inamovibili, che ci rifiutiamo persino di metterle in discussione.
L'idea che delle piogge inopportune sia sempre responsabile il governo ladro, l'abbiamo conficcata nel cervello già alla nascita; e poiché nessuno si è mai preoccupato di rimuoverla, oggi non riusciamo a vedere altro intorno a noi, che politici corrotti e governi ladri. Se Dio si prendesse il fastidio di entrare in politica, all’istante verrebbe promosso incapace, corrotto e ladro pure lui.
Ma se c’è al mondo una enorme massa di individui che non hanno le risorse per cavarsi il chiodo arrugginito da soli, c’è anche un bel po’ di disonesti nel mondo della cultura, che fingendo di cavare chiodi arrugginiti a colpi di diplomi, lauree e informazione faziosa, ce li ficcano meglio a martellate, facendoci credere che nella stanza dei bottoni di governo si ha potere e denaro per governare qualunque popolo, sempre che si voglia. E quando mai!
Invece è la qualità culturale e morale del popolo a rendere possibile o impossibile governarlo. Un popolo istruito e onesto è anche produttivo, e se è produttivo si sta già governando da sè. Ma non può esserlo altrettanto un popolo ignorante, anarchico, avido, sfaticato, sfruttatore o parassita, evasore o elusore.
Ne consegue che in democrazia l'importanza della cultura è largamente superiore a quella della politica. Un tale diceva che i popoli democratici hanno il governo che si meritano (ma io direi gli intellettuali che formano cervelli hanno il governo che si meritano), nel senso che il governo di un popolo ladro non sarà mai filantropo, né un popolo filantropo avrà mai un governo ladro.
E se in Italia ci piovono solo governi ladri da sessantatre anni, potremmo iniziare a sospettare che istruzione e informazione ci abbiano piantato nella capoccia qualche idea demenziale ormai arrugginita e non abbiano alcun interesse a chiarire la storia millenaria del “piove governo ladro”, perchè dovrebbero ammettere che prima della politica è la cultura demenziale a far piovere catastrofi.
Facendo due più due anche la gente più sprovveduta si renderebbe conto che i popoli ingovernabili non sono gli istruiti, ma quelli drogati dalla falsa istruzione e informazione e istigati contro la politica, per impedirgli di accorgersi che le piogge di malgoverno, non arrivano mai, se non dopo una grandinata trentennale e passa di istruzione e informazione soporifera.
Tanto soporifera che finiamo per non accorgerci che al governo non ci vanno i contadini, gli artigiani e i commercianti, gli ambulanti della frutta o i vu cumbrà. Cultura e politica sono come gemelle siamesi incollate dalla testa: sono gli stessi professori, professionisti e giornalisti che dopo averci inchiodato nella zucca le loro corbellerie, vanno a Roma a farsi le leggi ad personam e poi tornano ad applicarle a loro uso e consumo.
Al Parlamento ci vanno per esercitarsi nella corruzione, e nelle scuole e redazioni inveiscono contro i loro compagni di merende, perchè i popoli resi irresponsabili dalla cultura non li sanno governare. Bella scoperta, dopo l'acqua tiepida!

mercoledì 26 ottobre 2011

Sogni culturali e incubi politici



Sogni culturali e incubi politici

Tutta la civiltà umana dipende dal metodo scientifico o empirico di istruire e informare, insomma di formare buoni cervelli riempiendoli del giusto carburante di conoscenza e autostima per farne soggetti autonomi e consapevoli delle proprie capacità, senza presunzioni al limite del delirio d’onnipotenza o autodisprezzo a rischio depressione.
Perché una volta sbagliata la miscela culturale di un popolo, non c’è politica o giustizia in grado di rimediare ai guasti de-formativi : o perché un popolo è troppo gonfio di presunzione tanto da attribuire agli altri le colpe dei suoi fallimenti, o perché è depresso come una ruota bucata, fino a ritenersi anche solo inconsciamente responsabile di tutto, cambiamenti climatici compresi, e diventare poi dipendente, da fumo, alcool, droga, psicofarmaci e via elencando, nell’inutile tentativo di sottrarsi alla morsa invalidante dell’insicurezza.
Premesso questo, c’è da stabilire se sia più opportuno formare i giovani come una volta con metodi empirici, costringendo l’individuo a misurarsi con la realtà, per riempirsi il serbatoio dell’autostima nella misura delle proprie reali capacità di essere autonomo, affrontando la vita da vincente o perdente: perché solo così i perdenti si sentono stimolati a migliorarsi emulando i vincenti per non finire emarginati.
Oppure formare i cervelli sotto la campana di vetro della teoria pedagogica, che mettendo in luce solo gli errori di chi fa, e mai di chi pensa, pompa una tale presunzione nei giovani da farli sentire geni invincibili, quando osservano i loro genitori fare e fallire, salvo poi cadere in una depressione irrecuperabile, quando l’oceano fra il dire e il fare, devono farselo a nuoto e magari con una zavorra di doveri e zero diritti che li manda a fondo. Dove, oltre all’ugualianza comunista, è diventata miraggio pure la giustizia liberale: il lavoro probabile, lo sfruttamento certo, la famiglia impossibile e i crediti a strozzo.
Allora è urgente valutare se sia più idoneo tenere i giovani nella scuola, fino a 25, 30 anni ed oltre come in Italia, sotto il vuoto spinto dell’istruzione teorica, oppure alternare già a dieci anni (e anche prima) teoria e pratica, in modo da costringere i giovani a sporcarsi precocemente le mani con la realtà per acquisire la consapevolezza che a questo mondo la politica aiuta o ostacola, ma si vince o si perde soprattutto per le capacità individuali: coraggio, concretezza, spirito di sacrificio, determinazione, costanza, senso dello Stato, e una punta di umiltà che non guasta mai. Esattamente ciò che è servito per diecine di millenni a tutti gli esseri umani.
Perché, se un intero popolo aspira ad un lavoro dipendente (peggio se pubblico: vedi Grecia e Italia) di cui sul pianeta si sono perdute pure le impronte digitali, e si stende al sole aspettando che sia la collettività a mantenerlo, allora allo sfascio del sistema socio economico contribuisce pure la politica, perché non ha né coraggio né convenienza di dire che non ha il potere di fermarlo. Ma la vera responsabile è della scuola, col suo discutibile sistema formativo, che invece di accrescere l’autonomia degli individui (come faceva una volta la razza già estinta degli artigiani) ne accresce la dipendenza, fino al parassitismo, irresponsabilità, autolesionismo e criminalità.
Invece di formare pilastri autonomi e quindi portanti per la collettività e lo Stato, come lo erano una volta gli imprenditori onesti, produttivi e contributivi,  forma eserciti di aspiranti dipendenti che si travasano da uno Stato e persino da un continente all’altro (o peggio da un partito politico all’altro) nell’inutile ricerca di una bella cattedra, o di un lavoro e salario pubblico sindacalizzato e garantito come un vitalizio. E in mancanza, finendo poi nelle grinfie di negrieri e sfruttatori e aiutando i sistemi socio-economici ad affogare prima e meglio nella bancarotta vera e nella pace sociale finta.
Il ventre molle delle democrazie, e dell'Italia in prima fila, è nel sistema culturale, che invece di conservare l'Italia già fatta, facendo gli italiani, ne disfa popolo e Stato, formando soggetti capacissimi di farsi trainare dallo Stato, ma non certo di portarselo a rimorchio come le vecchie generazioni di imprenditori che producevano con i loro denari, profitti, salari e tasse.
Oggi non producono ricchezza nemmeno le multinazionali e le banche, se non succhiando esenzioni e contributi pubblici, perchè lo Stato appesantito da un popolo che costa più di quanto rende, sovraccarica chi produce fino a ridurlo al fallimento.
E nessuno vuole convincersi ancora che in democrazia quando piove non è colpa  del "governo ladro", che ha il potere di un due di briscola in una partita a scopa, ma del sistema culturale che forma individui poco o per nulla autonomi, che non vivono per produrre e dare allo Stato come i vecchi imprenditori che le tasse le pagavano fino alla morte, ma per allattarsi di stipendi e pensioni fino alla morte.
Ed è questa zavorra di costi pubblici che ha ridotto le imprese e le banche con un insostenibile carico tributario, prima a rubare sperando di salvarsi e poi a fallire, mettendo l'intero Occidente a rischio default.
E' stato un bellissimo sogno formare eserciti di soggetti dipendenti e aspettare che sia la politica, gonfiando il sistema burocratico fino all’esplosione, ad assumerli e pagarli per tutta la vita, a spese degli imprenditori privati tassati e tartassati fino al fallimento.
Ora il sogno si è trasformato in incubo in tutto l'Occidente ed è stupido non prendere atto, senza criminalizzare il mondo della cultura, che la politica non ha niente di alternativo alla cultura. Ciò che non riesce alla cultura, (perché Galilei non li ha mica tappati tutti i buchi di ignoranza nel mondo della scienza) è da idioti chiederlo alla politica.
E se le parole del sottoscritto sono facilmente contestabili dai parolieri della filosofia e del giornalismo, non lo sono affatto quelle di Freud, secondo cui “la scienza non è un’illusione, ma sarebbe illusione credere di poter trovare altrove quello che essa non può darci". Oggi ci sono eserciti di laureati e masterizzati che alla scienza chiedono di certificare con una laurea la loro patologica condizione di dipendenti e poi corrono dalla politica ad estorcere una scrivania con la minaccia del voto: "solo se mi assumi ti voto io e tutta la mia famiglia".
Ma il miracolo biblico della moltiplicazione delle cattedre e scrivanie, degli stipendi e delle bebipensioni ad opera dei padreterni della politica ormai non riesce più.

La barca dell’Occidente, piena di falle economiche, si è inclinata a rischio affondamento perché la cultura continua a negare persino a sé stessa quel suo drammatico deficit di responsabilità che ha gettato nel caos interi continenti. E la politica, con le multinazionali e le banche che chiedono o pretendono denari pubblici per non fallire, non ha che i soliti lavoratori e piccoli imprenditori da usare da tappo.

venerdì 21 ottobre 2011

La frana culturale

























Credo di aver individuato una cosa che mette d’accordo Occidente e Oriente, pur nelle loro diversità socio, politico, economiche e culturali.
Quando sulla strada a scorrimento veloce del libero mercato globale, il traffico è a passo di lumaca: o la strada è bloccata da una frana, o da un tamponamento a catena, o da un corteo funebre a passo d’uomo.
Perchè l’Occidente che correva sulla via dello sviluppo economico e della civiltà democratica si è ritrovato davanti una interruzione stradale ed è diventato lumaca zoppa. E l’Oriente, immobilizzato per un secolo come Napoli nella "monnezza", ha ripulito la sua via culturale ed è ripartito come una Ferrari da competizione.
E se vogliamo escludere che ci sia in giro una epidemia di stupidità che rende impediti ora i popoli d’oriente ora quelli d’occidente, c’è solo da stabilire di che natura era la frana che bloccava la produttività economica e la democrazia in Russia e Cina, e di che natura è quella che oggi blocca l'Europa e l'America liberista.
E posto che i popoli non rinsaviscono e rincretiniscono a giorni alterni, l’unica interruzione alla produttività umana possono generarla le idee a cui si ispirano la politica, la giustizia e il mercato, nel produrre leggi, regolamenti e sentenze.
Perché promuovere e difendere la bontà delle idee, in Paesi ridotti alla bancarotta, come l’Italia e ancora peggio la Grecia,  è come qualificare idiota l’intera popolazione fallita, e genio chi ha partorito le idee da manicomio su cui si fonda il sistema.
Nell’Unione Sovietica, andando contro la più sfacciata evidenza, ci provarono per 75 anni a difendere sia l’idea comunista che il popolo, ma hanno smesso di salvarlo a chiacchere, solo divorziando dall’idea comunista e sposando la liberista. E in Italia dobbiamo affrettarci a capire se sono comuniste o liberiste le macerie che impedendoci di produrre e vivere stanno attentando al popolo e allo Stato.
A guardare quello che hanno fatto gli “indignados” italiani a Roma, ci sarebbe da sentenziare senza appello che un’epidemia di stupidità ha colpito il popolo italiano, ma cadremmo nello stesso errore che bloccò la Russia e la Cina nel comunismo per una eternità. Non sono i popoli a diventare geni e stupidi a giorni alterni, a correre e poi fermarsi in massa. Sono le idee che li muovono o paralizzano.
Qua c’è una frana ideologica che inibisce all’Europa e all’America qualunque movimento produttivo onesto e intelligente? Allora vuol dire che quelle idee (comuniste o liberiste che siano) non gli uomini, sono arrivate al capolinea perché stupide, anacronistiche o utopiche. E la strada va sgomberata d'urgenza, perchè i popoli a pancia vuota non sono governabili.
Voi che dite, processiamo i popoli in un bel Tribunale di Norimberga giudiziario, o processiamo civilmente solo le idee demenziali, in un Tribunale di Norimberga culturale, che rimuova la frana delle idee senza sfiorare gli uomini che sono sempre e comunque e tutti vittime? Se alla Russia e alla Cina è riuscita a meraviglia la rivoluzione intelligente, pacifica, civile e disarmata: noi, popolo di geni, il cervello per fare altrettanto lo abbiamo ancora o lo abbiamo consegnato all'ammasso?
E’ vero, abbiamo anche noi Italiani la possibilità di cambiare politici per altri nove anni, (la Russia li cambiò inutilmente per settantacinque) ma non aspettiamoci che i politici cambino politica, prima di aver cambiato idea, ideologia, cultura.
Anche Berlusconi e Bossi, dopo Prodi, si sono presentati come salvatori, capaci di rivoltare l’Italia come una manica di camicia, dal punto di vista giudiziario, burocratico, fiscale ed economico, ed un buco nell’acqua più grosso non potevamo nemmeno sognarcelo.
Che facciamo, cambiamo squadra di idraulici della politica che ci costano ogni volta un occhio della testa e per buchi sempre più vistosi; tiriamo su un migliaio di forche a Piazzale Loreto per fare pulizia come in Libia, dove buttato giù un mostro, ne spunteranno mille; o a costo zero tiriamo su un Tribunale di Norimberga culturale per processare tutte le idee balorde che sono franate sulla strada dell’Occidente paralizzando politica, mercato  e società?
Sia ben chiaro, a scanso di equivoci, qua non ci sono filosofi da incriminare e politici da assolvere. Sul banco dei carnefici devono accomodarsi le idee e su quello delle vittime i filosofi e i politici in prima fila a cui hanno corroso il cervello, trasformandoli da buoni in cattivi maestri.
Perchè continuando a incriminare gli uomini e a scagionare le idee, si arriva a criminalizzare tutti fino al Presidente della Repubblica e oltre. Ma io sono pronto a mangiarmi una mano cruda se per questa via si riesce a cavare anche un solo ragnetto neonato dal buco. 

venerdì 14 ottobre 2011

Norimberga culturale



Dispiacerà a molti, ma ciò che mi resta da vivere voglio spenderlo per tentare di ostacolare la follia della finta pace che predispone le migliori condizioni per la guerra civile o mondiale e solo quando i sistemi sociali sono ridotti in macerie, come li ridusse il nazismo, si sente il bisogno di un Tribunale di Norimberga per condannare o giustiziare i colpevoli, quando è già tardi per fermare le idee che gli hanno marcito il cervello e allagato il mondo del sangue di milioni di innocenti.
O come adesso, in Europa e America, di milioni di individui bisognosi, (per lavorare, vivere e persino respirare) di una politica intelligente non ancora inventata. Perché nessuno ha mai pensato che la condanna delle idee balorde (filosofiche o politiche) a costo zero è uguale a prevenzione, a risparmio di vite umane e di ingenti risorse: perchè gli indignados non badano a spese.
Qua non si vuole fasciare la testa al mondo prima che se la sia rotta, ma evitare che poi a dolersi sia l'Umanità. Perchè cambiare politici senza cambiare politica è un suicidio.
I problemi che vedeva Berlinguer in Italia 30 anni fa, sono esattamente quelli di oggi, (lo ha detto il direttore de la Repubblica dott. Ezio Mauro su Rai 3). E visto che Berlinguer non poteva che riferirsi al passato, vuol dire che in sei decenni di democrazia, una ricetta politica salvifica non l'ha ancora inventata nè destra nè sinistra.
Perciò è una autentica truffa spingere gli elettori ad alternare una destra che non governa, perchè governa solo per affaristi e strozzini, con una sinistra che dice di governare per i lavoratori, ma lavora alla moltiplicazione dei disoccupati, e degli indignati.
Allora a costo zero processiamo le idee e le ideologie che ghermiscono il cervello di interi popoli, per decenni o secoli prima che diventi evidente la loro pericolosità sociale. Qua non si tratta di riempire le galere di filosofi al posto dei tiranni, ma rendere inoffensive le idee balorde che fanno degli intellettuali le loro prime vittime e di conseguenza, i cattivi maestri di interi popoli e interi continenti. Fino a considerare politica di maggioranza e opposizione l'impedirsi reciprocamente di governare.
Allora avventuriamoci con entusiasmo nell’unica forma di giustizia umana che, in quanto preventiva, non conta vittime, né sopprime carnefici. Il Tribunale di Norimberga culturale dovrebbe avere sezioni staccate in ogni università e una rubrica giornalistica in ogni redazione di giornale libero, a disposizione di chi volesse "lottare contro lo stregamento del linguaggio a danno della nostra intelligenza”, avrebbe detto Wittgenstein.
Di processi giuridiziari a nazisti, fascisti e comunisti se ne sono fatti a vagonate, ora però c’è da ri-processare quelle idee che covano come il fuoco sotto la cenere, insieme al liberismo, generoso nel promettere miracoli di sviluppo e nell’elargire recessioni, stagnazioni, catastrofi ambientali, migrazioni bibliche di disoccupati, sfruttati, perseguitati e guerra civile camuffata da pace.
Finchè il mondo sarà affidato alla cultura, alla politica, alla giustizia e al mercato così come lo subiamo ogni giorno sulla nostra pelle, per i furbi sarà sempre un paradiso e per gli ingenui un inferno.
Per sperare che qualcosa migliori, ma rimanendo sempre incollati con i piedi per terra, non si deve puntare a rendere la vita impossibile ai furbi, ma possibile agli ingenui, oggi immolati come agnelli sacrificali sull’altare del dio denaro con miliardi di fedeli vampiri. Gli ingenui sono per i furbi il piatto preferito: rompiamoli il piatto e priviamoli della pietanza uccidendo l'ingenuità.
Magistrati e intellettuali liberi e onesti potrebbero contribuire a questa bella utopia, purchè ci ricordiamo tutti che sul banco degli imputati di questo Tribunale Virtuale dovranno sedere le idee, non gli uomini che le hanno partorite, nè gli eretici che sono il motore del pensiero umano libero.
Io ho provato a capire se la civiltà umana sta avanzando verso i grattaceli o le caverne; e di fronte alla marea umana che ovunque, per le ragioni più disparate, è inferocita (vedi indignados) e si ribbella a tutto e tutti, ho deciso di porvi un problema che più pazzo non si può.
Chi ritiene che si possa lavorare per la libertà e la pace di tutti, processando ciò che del pensiero umano passato e presente ce le insidia, lasci il suo commento. Anche i più matti sono liberi di intervenire.
Invece è sprecato il contributo di chi già è convinto di sapere: dei tifosi, schierati e faziosi di tutte le razze, che vivono per conservare lo status quò, fascista o comunista, scannandosi poi reciprocamente.
Servono persone capaci di mettere in discussione il pensiero altrui, ma dopo aver processato il proprio almeno per un miliardo di volte. Si tratta di cogliere l'invisibile, l'inesistente e persino l'impossibile.
A chi considerasse inopportuno o peggio blasfemo aver scomodato Norimberga senza sei milioni di morti a cui dare giustizia, rispondo che ci sono sei miliardi di vivi a cui il presente e il futuro va dato da vivi, e l'intellighenzia attuale, è poco interessata al presente e per nulla al futuro.

domenica 9 ottobre 2011

Siamo alla rottamazione dei pupi dei ventriloqui


Il minimo che si possa fare è gridare al miracolo, perché in Italia i ventriloqui dell’impresa, della finanza e del sindacato, di punto in bianco e senza preavviso hanno minacciato di rottamare tutti i pupi che sono al potere, e miracolo dei miracoli, parlano con la loro bocca.
Ad aprire questa innovativa stagione, per ora sono due super imprenditori, pronti (si dice in giro) a catapultarsi in politica: Diego Della Valle e Luca Cordero di Montezemolo, ma anche disponibili a fare squadra, con tutti gli onesti e capaci di buona volontà.
Marchionne ha tentato di far cambiare idea a Montezemolo, ma non è riuscito perché il soggetto in questione non è abituato alle inversioni di marcia dopo le partenze a razzo: quando decide, parte e arriva puntuale come un cronometro. Però il nostro Montezemolo ora starebbe per sconfinare dalla formula Uno, alla politica Zero ch’è quanto dire.
Da imprenditore miliardario, poteva condizionare la politica di destra e sinistra, mentre da politico schierato o di qua o di là, avrebbe un’influenza quantomeno dimezzata o letteralmente nulla come quella di Berlusconi passato da dio del mercato, a presunto imputato da rispedire al mercato, o assicurare alle patrie galere.
Insomma, per un imprenditore, che da battitore libero condiziona la politica a 360 gradi, (lui detta e il politico scrive) entrare in politica è un salto “mortale”, come se un primatista mondiale medaglia d'oro si facesse amputare una gamba per correre più veloce.
Nelle democrazie la politica dipende dalla miscela delle classi sociali e relativa produttività, mica dal teatrino dei politicanti. Se la cultura, come in Italia, ha formato il 93% di lavoratori dipendenti, e solo il 7% di imprenditori, e tutti vessati da fisco, banche e alcuni anche dalla mafia; la politica liberale, da chiunque provenga, è miracolosa quanto un bicchiere di minerale nella cura del tumore.
La cultura può impiegare decenni, ma riesce sempre a correggere gli errori della politica. Mentre gli errori della cultura, (vedi comunismo) non è bastato un secolo di politica liberale a sanarli e forse sono ormai insanabili.
L’abolizione della proprietà privata e lo sterminio dei padroni avrebbe dovuto cambiare la faccia della civiltà umana, e s’è visto come l’ha cambiata. Perchè il vero rompicapo non è impedire ai ricchi di rubare, (basta un campo di sterminio); ma convincere poi i poveri a produrre ricchezza lavorando e pagando tasse invece di banchieri e industriali.
Purtroppo il comunismo lo hanno rottamato ad Oriente, ma lo hanno esportato in Occidente. E i lavoratori sono convinti che la rapina dei padroni per via sindacale, burocratica, fiscale e giudiziaria, è la migliore garanzia per conservare i posti di lavoro e il salario garantito, La parola d’ordine è: conservi il lavoro se fai fallire l’impresa.
E pure se l'Italia economica ha un piede e mezzo nel baratro, non ci facciamo mancare fiumi di intellettuali, sindacalisti e politici comunisti impegnati ad accrescere i posti di lavoro riducendo le imprese al fallimento. Questa logica farà pure a cazzotti col liberismo, ma ahinoi è l'unica vincente in democrazia. Quando i lavoratori superano il 50% (e lo superavano già nel 1948, ora siamo al 93%) l'unica politica accettata dal popolo è quella comunista in difesa dei salari. Anche volendo, come si può spiegare a quel 93% di lavoratori, che solo il 7% di imprese è una condizione patologica e a rischio fallimento per qualunque Stato che si definisse liberale?
Il 7% di consenso degli imprenditori è un’entità politica persino eccessiva per un posto di consigliere comunale a Roccacannuccia; ma per chiunque stia al potere, prima, durante e dopo Berlusconi, promettere di dare lavoro e salvare l'Italia con quei numeri è una truffa.
Certo che il potere si può sempre acquisirlo coi voti dei lavoratori, come ha fatto il nostro Premier. Ma poi i posti di lavoro chi li puntella se le imprese sono tre quarti alla bancarotta? Vorrei sbagliarmi, ma sul latte versato in sei decenni di comunismo ammazza piccoli imprenditori onesti e salva miliardari e banchieri, con la santa benedizione di politici, giudici, sindacalisti e giornalisti, ormai è inutile piangere.
Lo Stato ha le stesse problematiche della famiglia; se due coniugi hanno un solo figlio basta il reddito di un coniuge per tutta la famiglia, se ne hanno quattro devono lavorare entrambi, e se di figli ne hanno dieci, prima o poi i genitori dovranno rassegnarsi (in mancanza di sostegno pubblico o privato) a rubare per integrare il reddito onesto insufficiente con quello disonesto.
Così come la famiglia numerosa, anche lo Stato di diritto finisce per deragliare nell'illegalità, se il rapporto fra chi produce e chi spende è sbilanciato come una famiglia con poco reddito e molta prole.
Se una famiglia con un solo figlio ruba, va sbattuta in galera e buttata la chiave. Ma se una con dieci figli che non può mantenere, si trova nella condizione o di rubare o di ammazzarli, per quelli e solo per quelli, e ve lo ripeto a scanso di equivoci, solo per quelliil furto è eroismo.
Per la stessa ragione, le democrazie 
con una classe lavoratrice elefantiaca e una imprenditoriale nana, diventano un covo di politici, banchieri e imprenditori ladri, nel disperato tentativo di conservare la pace sociale producendo una adeguata produttività di ricchezza per tutto il popolo.
Augurarsi in queste barbare condizioni che ci capiti una classe dirigente onesta al posto di quella berlusconiana inaffidabile (a sentire i comunisti) è come augurarsi che scoppi presto la guerra civile per fame.
I politici, gli imprenditori e i banchieri ladri non piacciono a nessuno,  ma i galantuomini in questo tragico momento sarebbero un suicidio per la prolifica famiglia Occidentale che ha troppi lavoratori col diritto di mangiare, ma non abbastanza imprenditori col dovere di assumere, produrre, pagare e contribuire onestamente.
E temo che l'Occidente che si è coccolato gli irresponsabili e i parassiti per sei decenni, i ladri dovrà tenerseli tutti, ringraziarli, e pregare Dio che glieli conservi e moltiplichi, perchè il numero di bocche da sfamare ma rese improduttive dalla cultura, politica e giustizia illiberale, ormai è ovunque apocalittico.

sabato 1 ottobre 2011

Se c'è un popolo democratico c'è democrazia.


Ma davvero in Italia la colpa è solo dei governanti, o centrano pure i governati? E’ solo il governo ladro e la Roma ladrona che ci stanno guastando tutto, oppure ci si mettono d’impegno anche giudici e giornalisti nel far apparire criminale la classe politica che è solo stupida e illusa?
Pensando di vivere in un Paese democratico, fa scelte di governo per un popolo, ma se ne ritrova un altro che non è manco parente lontano del primo e capace di sabotarle tutte fino all’ultima lira.
Come quel tale specializzato a preparare coda alla vaccinara, che conservò lo stesso menù anche dopo che lo assunsero da cuoco all’asilo, e si scandalizzava perché tutti chiedevano minestrine, dopo aver sputato nei suoi piatti di code.
Chi governa non sbaglia politica, sbaglia popolo. Prepara le sue pietanze per un certo tipo di avventori, ma ai tavoli se ne ritrova altri che hanno cambiato gusti, necessità, aspirazioni, cultura. Ecco perché serve il censimento della popolazione per sapere se la politica deve sfornare code alla vaccinara, o biberon di latte con biscottini al plasmon. 
E’ per questa ragione che Berlusconi, da dio del mercato, ha fatto diciotto anni di buchi nell’acqua con la sua politica. E pure ha una squadra di cuochi ministeriali da premio nobel. Il nostro Tremonti come ministro dell’economia è caposcuola a livello planetario, ma in Italia non cava un ragno dal buco: per risparmiare anche sull’aria, visto che ci manca pure quella, non accende nemmeno i fornelli.
Quindi la domanda che rimane senza risposta è questa: ci siamo attrezzati di politici per governare la democrazia alternando le classi sociali al potere; ma col 93% di dipendenti e il 7% di imprenditori, una democrazia da governare alternando dipendenti e imprenditori , l'abbiamo ancora, o ce la siamo fumata?
Perché se l’accesso al potere di quel ridicolo 7% di imprenditori è diventato matematicamente impossibile, (più di quanto lo è stato per le donne l'accesso al potere politico) governare la non democrazia italiana, con mezzi democratici, è ovvio che debba essere una bancarotta continuata. L'asino dell'imprenditoria è già schiattato da un pezzo sotto il carico crescente di lavoratori privati, pubblici e immigrati che di diritto o di fatto mangiano grazie agli imprenditori.
Ecco perché tutte le promesse di Berlusconi, intrufolato in politica,  usando i media come piede di porco per operare il miracolo dell'alternanza degli imprenditori al potere legale (mai visto in sei decenni) sono diventate in blocco promesse da marinaio.
Berlusconi che cosa poteva fare a Roma, se gli italiani che può rappresentare lui imprenditore miliardario si contano sulle dita di una mano? Ma quand’anche avesse il consenso plebiscitario di quel 7% di imprenditori, non si dimentichi (tanto non glielo faranno dimenticare) che è grazie al 63% dei lavoratori dipendenti ch’è arrivato a quel 70% iniziale di consensi.
E quella schiacciante maggioranza sociale non gli ha consentito e non gli consentirà mai di dimenticarsi di fare politica salariale comunista, anche se vorrebbe fare politica liberale dei profitti per l’armata brancaleone degli imprenditori illusi, non per salvare l'Italia, ma almeno tentare.
Soltanto con quel misero 7% di consensi dei lavoratori autonomi, Berlusconi non sarebbe arrivato neanche a consigliere comunale di Arcore, altro che Premier. E il 93% di italiani con un lavoro dipendente, la politica liberale sono in grado di trasformarla di fatto e di diritto in politica comunista.
Ecco perché Berlusconi i suoi miraggi se li riporta ad Arcore, ancora incartati e infiocchettati. Il ponte sullo stretto di Messina, la burocrazia che s’ammazza di lavoro a trasformare le tasse in servizi tali da far impennare la produttività industriale come la moto di Valentino Rossi; la riduzione delle tasse per evitare l’evasione che è una forma di legittima difesa dalle vessazioni tributarie; la giustizia riformata e giusta come una bilancia elettronica; ad uno ad uno sono diventati i sogni degli illusi berlusconiani.
In Italia e nel mondo è così schiacciante la maggioranza dei dipendenti e aspiranti tali, che si travasano da un continente all’altro chiedendo politica comunista, lavoro remunerato e garantito; che coloro che si candidano a nutrire i nostri dipendenti pubblici e privati di politica liberale, a base di code alla vaccinara in salsa piccante, coi ministri Brunetta e Sacconi che servono ai tavoli: le code rischiano di doversele ingoiare loro, intere e crude.
Anche con dieci lauree e dieci master a testa, quello che i giovani italiani chiedono a Berlusconi è un lavoro dipendente, ricco, pubblico, sindacalizzato e libero da responsabilità.
Che se la facciano gli illusi come lui una scorpacciata di code alla vaccinara, di rischio d'impresa, di concorrenza del mercato globale,  di banche col braccino corto, di fisco con le mani lunghe e morso da vampiro, di burocrazia sfaticata e ladra e di giustizia addrucoiucoiu, perchè tutto questo per un galantuomo, più che indigesto, è letale.