Sogni culturali e incubi politici
Tutta la civiltà umana dipende dal metodo scientifico
o empirico di istruire e informare, insomma di formare buoni cervelli riempiendoli
del giusto carburante di conoscenza e autostima per farne soggetti autonomi e
consapevoli delle proprie capacità, senza presunzioni al limite del delirio
d’onnipotenza o autodisprezzo a rischio depressione.
Perché una volta sbagliata la miscela culturale di un
popolo, non c’è politica o giustizia in grado di rimediare ai guasti
de-formativi : o perché un popolo è troppo gonfio di presunzione
tanto da attribuire agli altri le colpe dei suoi fallimenti, o perché è
depresso come una ruota bucata, fino a ritenersi anche solo inconsciamente
responsabile di tutto, cambiamenti climatici compresi, e diventare poi
dipendente, da fumo, alcool, droga, psicofarmaci e via elencando, nell’inutile
tentativo di sottrarsi alla morsa invalidante dell’insicurezza.
Premesso questo, c’è da stabilire se sia più opportuno
formare i giovani come una volta con metodi empirici, costringendo l’individuo
a misurarsi con la realtà, per riempirsi il serbatoio dell’autostima nella
misura delle proprie reali capacità di essere autonomo, affrontando la vita da
vincente o perdente: perché solo così i perdenti si sentono stimolati a
migliorarsi emulando i vincenti per non finire emarginati.
Oppure formare i cervelli sotto la campana di vetro
della teoria pedagogica, che mettendo in luce solo gli errori di chi fa, e mai
di chi pensa, pompa una tale presunzione nei giovani da farli sentire geni
invincibili, quando osservano i loro genitori fare e fallire, salvo poi cadere
in una depressione irrecuperabile, quando l’oceano fra il dire e il fare,
devono farselo a nuoto e magari con una zavorra di doveri e zero diritti che li
manda a fondo. Dove, oltre all’ugualianza comunista, è diventata miraggio pure
la giustizia liberale: il lavoro probabile, lo sfruttamento certo, la famiglia
impossibile e i crediti a strozzo.
Allora è urgente valutare se sia più idoneo tenere i
giovani nella scuola, fino a 25, 30 anni ed oltre come in Italia, sotto
il vuoto
spinto dell’istruzione teorica, oppure alternare già a dieci anni (e
anche prima) teoria e pratica, in modo da costringere i giovani a sporcarsi
precocemente le mani con la realtà per acquisire la consapevolezza che a questo
mondo la politica aiuta o ostacola, ma si vince o si perde soprattutto per le
capacità individuali: coraggio, concretezza, spirito di sacrificio,
determinazione, costanza, senso dello Stato, e una punta di umiltà che non
guasta mai. Esattamente ciò che è servito per diecine di millenni a tutti gli
esseri umani.
Perché, se un intero popolo aspira ad un lavoro
dipendente (peggio se pubblico: vedi Grecia e Italia) di cui sul pianeta si
sono perdute pure le impronte digitali, e si stende al sole aspettando che sia
la collettività a mantenerlo, allora allo sfascio del sistema socio economico
contribuisce pure la politica, perché non ha né coraggio né convenienza di dire
che non ha il potere di fermarlo. Ma la vera responsabile è della scuola, col
suo discutibile sistema formativo, che invece di accrescere l’autonomia degli
individui (come faceva una volta la razza già estinta degli artigiani) ne
accresce la dipendenza, fino al parassitismo, irresponsabilità, autolesionismo
e criminalità.
Invece di formare pilastri autonomi e quindi portanti per la
collettività e lo Stato, come lo erano una volta gli imprenditori
onesti, produttivi e contributivi, forma eserciti di aspiranti dipendenti che
si travasano da uno Stato e persino da un continente all’altro (o peggio da un
partito politico all’altro) nell’inutile ricerca di una bella cattedra, o di un
lavoro e salario pubblico sindacalizzato e garantito come un vitalizio. E in
mancanza, finendo poi nelle grinfie di negrieri e sfruttatori e aiutando i
sistemi socio-economici ad affogare prima e meglio nella bancarotta vera e
nella pace sociale finta.
Il ventre molle delle democrazie, e dell'Italia in
prima fila, è nel sistema culturale, che invece di conservare l'Italia già
fatta, facendo gli italiani, ne disfa popolo e Stato, formando soggetti
capacissimi di farsi trainare dallo Stato, ma non certo di portarselo a
rimorchio come le vecchie generazioni di imprenditori che producevano con i
loro denari, profitti, salari e tasse.
Oggi non producono ricchezza nemmeno le multinazionali
e le banche, se non succhiando esenzioni e contributi pubblici, perchè lo Stato
appesantito da un popolo che costa più di quanto rende, sovraccarica chi
produce fino a ridurlo al fallimento.
E nessuno vuole convincersi ancora che in democrazia
quando piove non è colpa del "governo ladro", che ha il potere
di un due di briscola in una partita a scopa, ma del sistema culturale che
forma individui poco o per nulla autonomi, che non vivono per produrre e dare
allo Stato come i vecchi imprenditori che le tasse le pagavano fino alla morte,
ma per allattarsi di stipendi e pensioni fino alla morte.
Ed è questa zavorra di costi pubblici che ha ridotto
le imprese e le banche con un insostenibile carico tributario, prima a rubare
sperando di salvarsi e poi a fallire, mettendo l'intero Occidente a rischio
default.
E' stato un bellissimo sogno formare eserciti di
soggetti dipendenti e aspettare che sia la politica, gonfiando il sistema
burocratico fino all’esplosione, ad assumerli e pagarli per tutta la vita, a
spese degli imprenditori privati tassati e tartassati fino al fallimento.
Ora il sogno si è trasformato in incubo in tutto
l'Occidente ed è stupido non prendere atto, senza criminalizzare il mondo della
cultura, che la politica non ha niente di alternativo alla cultura. Ciò che non
riesce alla cultura, (perché Galilei non li ha mica tappati tutti i buchi di
ignoranza nel mondo della scienza) è da idioti chiederlo alla politica.
E se le parole del sottoscritto sono facilmente
contestabili dai parolieri della filosofia e del giornalismo, non lo sono
affatto quelle di Freud, secondo cui “la scienza non è un’illusione, ma sarebbe
illusione credere di poter trovare altrove quello che essa non può darci".
Oggi ci sono eserciti di laureati e masterizzati che alla scienza chiedono di
certificare con una laurea la loro patologica condizione di dipendenti e poi
corrono dalla politica ad estorcere una scrivania con la minaccia del voto:
"solo se mi assumi ti voto io e tutta la mia famiglia".
Ma il miracolo biblico della moltiplicazione delle
cattedre e scrivanie, degli stipendi e delle bebipensioni ad opera dei
padreterni della politica ormai non riesce più.
La barca dell’Occidente, piena di falle economiche, si
è inclinata a rischio affondamento perché la cultura continua a negare persino
a sé stessa quel suo drammatico deficit di responsabilità che ha gettato nel
caos interi continenti. E la politica, con le multinazionali e le banche che
chiedono o pretendono denari pubblici per non fallire, non ha che i soliti
lavoratori e piccoli imprenditori da usare da tappo.
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