Chi ha il potere di cambiare: la politica o la
cultura?
Osservando
che in democrazia la discontinuità politica, cioè l’alternanza di destra e
sinistra al governo del Paese è impedita di fatto dalla continuità culturale e
giuridica incancellabile come religione, ho incominciato a sospettare che
forse Platone ci aveva visto giusto: il vero potere di cambiare lo Stato lo
hanno solo i filosofi, unici in grado di cambiare i cervelli.
Se
la politica che ha il potere di legiferare, e la giustizia di giudicare, devono
farlo entrambe nel rispetto dell’Atto Costitutivo dello Stato che è unico; come
può un popolo darsi una diversa politica e giustizia, se la Costituzione a cui
devono ispirarsi leggi e sentenze è unica, sia per comunisti che per liberali?
Va
da se, che a farla da padrona in un sistema sociale non è la politica e nemmeno
la giustizia, ma la cultura dominante, che avendo implementato i cervelli
dell’intero popolo lo induce, a colpi di informazione, leggi e sentenze, a
difendere il comunismo e combattere il liberismo o viceversa.
In
Italia, cultura, leggi e Costituzione sono sinonimo di comunismo. Quindi ogni
offerta di diversa politica è una truffa, e una giustizia diversa, in senso
liberale, sarebbe fuorilegge. Questa è la sola ragione per cui gli ex politici
comunisti come Bertinotti scacciano apertamente il comunismo dalla porta, ma in
massa vi rientra dalla finestra. In Italia nessuno vuole responsabilità
liberale, tutti sparano a vista su chi tocca i privilegi dei privilegiati della
classe dirigente “onesta” e persino la loro refurtiva. E l’art. 18 è quasi intoccabile
quanto i fili dell’alta tensione.
Quindi
in democrazia, spetta alla cultura l’arduo compito di cambiare la politica, non
viceversa. Dove la cultura comunista prevale, non solo la politica comunista
non schiatta, ma è in perfetta salute, anche se nel resto del mondo il
comunismo è schiattato da un quarto di secolo, e i Bertinotti italiani vi hanno
coraggiosamente posato la lapide e il mazzo di fiori. Schiatta la cultura e la
politica liberale, che tutti, (liberisti compresi) vogliono di giorno ma
combattono di notte.
Quindi,
se la cultura e derivati, (cioè il sistema legislativo e la Costituzione), sono
nati difettosi, inclinati a destra o a sinistra come una Torre di Pisa per
favorire una classe sociale a danno dell’altra, sono assassini: portano il
sistema alla bancarotta, perché consentono solo a parole l’alternanza delle
classi sociali al potere e quindi la discontinuità fra comunismo e liberismo:
ma se qualcuno osa correggere quella inclinazione, viene combattuto e bloccato
come un pericolo pubblico, un avanzo di galera.
Allora
possiamo concludere che nelle democrazie cultura e Costituzione, sono un
baluardo insuperabile contro qualunque politica che osasse attentare alla
conservazione del sistema, anche se questo è fallito e sta per venire giù come
una ricotta malfatta.
Dopo
la catastrofe del nazifascismo, la cultura e la Costituzione di molti paesi
europei, Italia in primis, hanno giustamente corretto il loro baricentro
destrorso inclinando a sinistra, e tale è rimasto. Così oggi la destra si arrampica
sugli specchi per cercarsi il consenso criminalizzando in fila indiana
sindacalisti, burocrati e giudici. I liberali non si rendono conto che gli
unici soggetti legali in un sistema comunista non possono che essere i
comunisti. Essendo libero il pensiero, tutti siamo liberi di pensare come
diavolo ci pare, ma nel rispetto di una Costituzione comunista, si legifera e
sentenzia solo in senso comunista.
Ecco
perché in Italia l’intera classe dirigente spara ad alzo zero per uccidere
anche eventuali spermatozoi di politica liberale. Vedi il super potente
Berlusconi: voleva rivoltare l’Italia come un calzino, ma è finito rivoltato:
era, è, e sarà culturalmente libero di sparare le proprie “cazzate” liberali ai
quattro venti, ma giuridicamente era, è, e rimarrà ostaggio delle altrui
politiche comuniste.
E
il grande Luigi Einaudi aveva capito che “il mondo non è mosso, come da molti
si crede, dagli interessi, ma dalle idee; e quelle che muovono e fanno agire
gli uomini, non è certo siano sempre quelle feconde, anzi non è piccola la
probabilità che le idee generatrici di moto siano più facilmente quelle
infantili e distruttive ma popolari che non quelle fornite di spirito di
verità”.
Parole
sante. I nostri politici sembrano avere un potere smisurato di fare e disfare
l’Italia a loro piacimento; ma lo hanno nella precisa identica misura in cui i
professori hanno saputo e voluto cimentarsi nelle sette fatiche di Ercole del
fare gli italiani. O no?
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