giovedì 17 maggio 2012

Per il liberismo non ci sono ingredienti

Per il liberismo non ci sono ingredienti
Se un cuoco dispone di 7 patate e 93 zucchine, la pietanza che potrà servire ai commensali saprà di zucca, non di patata.
E nella stessa condizione si trovano i cuochi della politica italiana, che nella dispensa demografica si ritrovano il 93% di lavoratori dipendenti e pensionati, e un risibile 7% di imprenditori, di cui 5% di imprese individuali o familiari senza dipendenti, e 2000 miliardi di debito pubblico da ripianare. E cuocere e servire una pietanza politica che non puzzi di comunismo lontano un miglio (altro che liberale!) è un lavoro da Padreterno.
Il cuoco può curare personalmente la scelta e acquisto degli ingredienti, ma il politico deve arrangiarsi con quello che trova nella sua dispensa demografica ed economica. E se ha una montagna di lavoratori dipendenti e aspiranti tali, e una manciata di imprenditori rassegnati da 65 anni di malgoverno, allora non ha alternativa alla politica comunista.
E come si può aspirare alla politica liberale, con gli ignoranti che gestiscono imprese, i vecchi professionisti ancorati come cozze pelose ai loro intoccabili monopoli corporativi, e milioni di nuovi laureati che si guardano bene dal costituire un'impresa, persino al costo di un ghiacciolo di un euro, pure se benedetta da Monti, ed esente da tasse notarili. E con l'aria che tira fanno benissimo.
La vera politica liberal-democratica è quella che impedisce lo squilibrio demografico fra le classi sociali, difendendo le imprese con le unghie e con i denti, quando ci sono milioni di lavoratori che cercano il loro sacrosanto diritto di esistere lavorando guadagnando e pagando tasse.
Ma se i politici (vedi Italia) non si sono mai fatti mancare per 65 anni, 3-4 milioni di disoccupati e 10-15 di poveri, ed hanno curato questo tumore sociale strangolando le imprese di burocrazia criminale e tasse rapina, (fino a moltiplicare e tenere in buona salute disoccupazione, povertà, mafia e terrorismo), e riducendo gli imprenditori a fallire in massa, immaginate a che livello suicida è arrivata la politica di sinistra spacciata per liberale e quella di destra che ha la sfacciataggine di promettere liberismo quando in Italia non è possibile altro che comunismo.
Un sistema sociale senza imprese oneste e produttive, dove il lavoro d’impresa è ormai roba da trapezista circense senza rete di protezione (tanto da terrorizzare e tenere alla larga milioni di laureati); è come una pizzeria che ha tonnellate di farina, ma non il lievito per confezionare una sola pizza commestibile.
I problemi dell’Occidente nascono tutti dall’idea demenziale che i Paesi democratici che hanno una schiacciante maggioranza di lavoratori dipendenti e pensionati, e una risibile minoranza di imprenditori che si arrampicano sugli specchi per non fallire, possano essere governati da politiche liberal democratiche da chiunque, anche dai politici comunisti.
Invece non è così. Chiunque governi (da destra, centro o sinistra, sopra o sotto, avanti o dietro) finirà per dover adattare la politica spacciata per liberale alle necessità dei lavoratori in quanto maggioranza sociale inossidabile e a danno delle imprese risibile minoranza: e sarà politica comunista doc, a base di persecuzione burocratico tributaria degli imprenditori onesti, fino a costringere tutti (pure i chierichetti) al furto, all'evasione, alla mafia, al capestro.
Se uno viene assunto da cuoco in un asilo, non può decidere lui di servire polenta, coda alla vaccinara o orecchette alle cime di rape, ma dovrà adeguare la sua arte culinaria ai bisogni dei suoi mini commensali, preparando ciò che è commestibile in un asilo: minestrine, merendine e latte.
Quindi, l’idea che i politici siano liberi di fare politica è destituita di fondamento. Devono adeguarsi ai bisogni della società; che se è composta da una maggioranza di lavoratori, la politica potrà solo accoppare la minoranza degli imprenditori. Visto che per dare ai lavoratori non può che togliersi agli imprenditori, e volendo dare a questi, si toglie a quelli.
Il crollo demografico della classe imprenditoriale produttiva onesta e la crescita patologica di quella dipendente (peggio se pubblica), condanna qualunque liberaldemocrazia a diventare finta, dandosi solo politiche comuniste pro lavoratori (che sono i soggetti più svantaggiati a breve termine se perdono il lavoro), anche quando a parole si dicono tutti liberali quelli che la governano, (comunisti e fascisti compresi) lavorando di gran lena non al salvataggio delle imprese per proteggere l'occupazione, ma al fallimento, al suicidio dei piccoli imprenditori, alla delocalizzazione delle multinazionali, all'esportazione illecita di profitti, al default dello Stato.

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