lunedì 20 novembre 2017

Se le parole non partoriscono fatti.


Con le parole si aiutano i popoli a vivere, ma solo se si riesce a riempirgli le menti prima e gli stomaci poi. Altrimenti si spreca il loro tempo, denaro e potere, per condannarli a morire di lenta e inesorabile guerra fra poveri. Perciò sarebbe igienico domandarsi: ma di cultura ancora si mangia?
In fatto di cultura io non sono certo un addetto ai lavori, ma avendo il sospetto che le parole che seguono abbiano una grande (e magari pure immensa) capacità formativa, domando a voi che ne sapete più di me, ma hanno anche capacità produttiva, posto che la produttività di ricchezza, persino degli occidentali super civili, democratici e produttivi, da decenni ormai è in caduta libera?
E la guerra fra poveri è così cruenta, che sulla legalità (e lungi a parlare di moralità) dei poteri e dei potenti culturali, politici ed economici, temo non ci resti che stendere un velo pietoso.

Le parole che seguono, sono una piccola parte di recensione di un libro di poesie, trovata per caso su internet, che ci pongono questa domanda da miliardi di dollari: ma di cultura ancora mangiano tutti o solo gli addetti?

"Egloghe raffinate, spesso superbe nell'enfatizzazione stilistica che esalta eleganza espressiva e assoluta padronanza del verbo, in una forma linguistica di grande effetto; un quadro descrittivo che tutto contiene e che attraverso la parola, qui sciolta dai vincoli compressivi, ben definisce lo stilema lirico, e assume, ne l’inciso, la sua cifra, la sua libera forma, accoglie ed alterna emozioni e pensieri, tutti ben distribuiti dall'istinto poetico che arriva nelle oscure profondità dell'anima, e da esse rinascenti e riaffioranti il loro rituale svolgimento, scandisce il suo fine nel lume della nostra memoria, dove interna al divenire, è atta, nella sua mutevolezza, ogni introspezione, rappresentazione e sconfinata apertura della mente:
una silloge dove chi scrive e chi legge è chiamato a sentire e seguire un’interconnessione di suoni e di segni che prova a scardinare il senso classico dell’espressione poetica, così come lo intendiamo, e dove i luoghi di parola si mescolano a un recesso di vita, a un non dato o non detto che non si ritraggono, ma si intrecciano alla nostra storia nella quale rinnovare, vicino alla dimenticanza, sentimenti e sensazioni, come una promessa fatta contro l’irrigidimento di se stessi e il suo superamento".

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