Ma di cultura ancora si mangia?
Con le parole si
aiutano i popoli a vivere, ma solo se si riesce a riempirgli le menti prima e
gli stomaci poi. Altrimenti si spreca il loro tempo, denaro e potere, per
condannarli a morire di lenta e inesorabile guerra fra poveri.
In fatto di cultura io
non sono certo un addetto ai lavori, ma avendo il sospetto che le parole che
seguono abbiano una grande (e magari pure immensa) capacità formativa, domando
a voi che ne sapete più di me, ma hanno anche capacità produttiva, posto che la produttività di ricchezza, persino degli
occidentali super civili, democratici e produttivi, da decenni ormai è in caduta
libera?
E
la guerra fra poveri è così cruenta, che sulla legalità (e lungi a parlare di
moralità) dei poteri e dei potenti culturali, politici ed economici, temo non ci
resti che stendere un velo pietoso.
Le parole che seguono, sono
una piccola parte di recensione di un libro di poesie, trovata per caso su internet, che ci pongono questa domanda da miliardi di dollari: ma di cultura ancora mangiano tutti o solo gli addetti?
"Egloghe
raffinate, spesso superbe nell'enfatizzazione stilistica che esalta eleganza
espressiva e assoluta padronanza del verbo, in una forma linguistica di grande
effetto; un quadro descrittivo che tutto contiene e che attraverso la parola,
qui sciolta dai vincoli compressivi, ben definisce lo stilema lirico, e assume,
ne l’inciso, la sua cifra, la sua libera forma, accoglie ed alterna emozioni e
pensieri, tutti ben distribuiti dall'istinto poetico che arriva nelle oscure
profondità dell'anima, e da esse rinascenti e riaffioranti il loro rituale
svolgimento, scandisce il suo fine nel lume della nostra memoria, dove interna
al divenire, è atta, nella sua mutevolezza, ogni introspezione,
rappresentazione e sconfinata apertura della mente:
una silloge dove chi
scrive e chi legge è chiamato a sentire e seguire un’interconnessione di suoni
e di segni che prova a scardinare il senso classico dell’espressione poetica,
così come lo intendiamo, e dove i luoghi di parola si mescolano a un recesso di
vita, a un non dato o non detto che non si ritraggono, ma si intrecciano alla
nostra storia nella quale rinnovare, vicino alla dimenticanza, sentimenti e
sensazioni, come una promessa fatta contro l’irrigidimento di se stessi e il
suo superamento".
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