L'ideologia è la più raffinata forma di illusionismo e
falsificazione della realtà che esista al mondo; perché non si limita solo a
farci vedere con i nostri occhi cose che non esistono, ma ce le marchia a fuoco
nel cervello, condizionando per secoli la logica di interi popoli e continenti, che
non riescono (salvo rare eccezioni) a ragionare diversamente da come sono stati programmati.
Quindi, anche quelli che ci sembrano "sbagliati", in realtà sono “uomini giusti ma nel posto e tempo
sbagliato”. La loro logica fa a cazzotti con la cultura
dominante e finiscono classificati idioti, pazzi o criminali.
L’Italia, il suo uomo giusto nel posto sbagliato, lo ha a Palazzo Grazioli in Roma. E’ quel gran fetente di Silvio Berlusconi,
gioia dei pennivendoli comunisti che grazie a lui guadagnano da venti anni fiumi
di denaro criticandolo; ed incubo della politica italiana di destra ormai condizionata più dalle sentenze che dalle votazioni.
Ma bastano poche ore di volo; e lo stesso uomo
sbagliato d'Italia, dipinto come una miscela tonante di criminalità economica,
pazzia politica e ossessione sessuale, si trasforma da nemico dei comunisti
italiani, in amico degli ex comunisti russi e personale di Putin. E mi
piacerebbe sapere se là ci va per insegnargli a nuotare da squalo nell’oceano
liberista, o per imparare da lui come galleggiare da vivo nello stagno italiano
comunista.
Allora il vero e allucinante problema dell’Umanità non
sono gli uomini, ma il plagio culturale a cui vengono sottoposti, fino a
convincerli che stanno ragionando da grandi pensatori, anche quando sragionano e sbiellano da manicomio criminale.
E ora, volete la conferma che ad essere giusto o
sbagliato non è mai l’uomo, ma sempre la cultura di un certo momento e in un
certo luogo? Provate ad immaginarvi che razza di accoglienza avrebbero
riservato al nostro Berlusconi, se fosse volato a Mosca in pieno comunismo, ad insegnare liberismo
al Putin, capo del KGB. Come minimo ce lo avrebbero restituito orizzontale in cappotto di legno.
Allora smettiamola di classificare gli individui come
“porci o dei” a seconda della nostra miope convenienza, direbbe Tolstoj, e
cerchiamo meglio di capire se la cultura che ci ha massacrato il cervello non è
per caso in conflitto con la vocazione necessaria ad un popolo e persino ad un
intero continente.
Perché ora anche lo scemo del paese, può affermare
(col senno di poi) che la vocazione del popolo cinese, ieri squattrinato, oggi
in grado di comprarsi il mondo in contanti, non era affatto comunista. Ma se lo avesse detto ieri sarebbe stato un uomo morto.
Allora, invece di inseguire le vittime della in-cultura idiota che spiano i bunga bunga di
Berlusconi per fornirci le prove inconfutabili che quello è “l’unico uomo sbagliato nell’Italia giusta,
anzi giustissima”; dovremmo cercare di capire quale vocazione è bene che
coltivino gli italiani: se quella vecchia cinese, o quella nuova, posto che ci
consideriamo liberisti ma siamo squattrinati da fare schifo, e non abbiamo
nemmeno un tric trac atomico, (altro che “bomba” come i russi) per sperare negli
aiuti americani.
Perché se la vocazione al liberismo, noi italiani (ma
direi anche europei), ce la faremo venire davvero, ma dopo aver accoppato
l’intera razza dei "padroni" Berlusconi, Agnelli, Riva & C. che a colpi di stipendi e tasse tengono
in piedi lo Stato: allora per tutti saranno cavoli amari.
Perciò vediamo di capire di che vocazione abbiamo
bisogno: ci serve produttività liberale o accattonaggio comunista? Perché basta
davvero una punta di eccesso ideologico nella miscela cultural-giuridica, per
convincere il popolo che il potere dominante resta sempre buono e giusto,
(fosse pure nazista o comunista) invece il nostro Berlusconi "ex buono" è diventato cattivo, avendo subito una mutazione genetica che lo ha reso
ottimo come portafoglio (per mogli stagionate e amanti fresche) àncora
liberista, spremuta fiscale, frullato penale e sbattuto mediatico.
Insomma, Berlusconi, si rassegni. Sono venti anni che combatte il comunismo inutilmente per conto proprio, ma a spese dei piccoli imprenditori che poi finiscono schiacciati da un carico burocratico-fiscale insostenibile; e dopo aver girovagato per anni alla ricerca di aiuto dal sindaco, parroco, maresciallo, usuraio e qualcuno ha scomodato persino la procura, hanno capito che qua la giustizia è
un’utopia e alcuni hanno levato il disturbo.
E tra fallimenti, cessazioni, vendite e suicidi, da decenni gli imprenditori si sono ridotti ad una schiacciante minoranza e spostano il loro consenso a sinistra, temendo, che dove la maggioranza è
comunista, sia inutile allungare l’agonia del sistema facendo opposizione da destra.
Solo dopo il default forse potrà attecchire il liberismo, e sempre che degli imprenditori onesti e pensanti non si sia già estinta la razza, perché le ideologie di qualunque specie ci inducono non solo a sragionare, ma a vedere la nostra pazzia negli altri.
Sartre diceva: "quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire". Ma se fosse passato di qua 62 anni dopo, ci avrebbe infilato ne "il diavolo e il buon Dio", anche la guerra fra i nostri finti potenti, politici e giudici, che combattendosi a colpi di leggi e sentenze, uccidono da decenni milioni di poveri.
Solo dopo il default forse potrà attecchire il liberismo, e sempre che degli imprenditori onesti e pensanti non si sia già estinta la razza, perché le ideologie di qualunque specie ci inducono non solo a sragionare, ma a vedere la nostra pazzia negli altri.
Sartre diceva: "quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire". Ma se fosse passato di qua 62 anni dopo, ci avrebbe infilato ne "il diavolo e il buon Dio", anche la guerra fra i nostri finti potenti, politici e giudici, che combattendosi a colpi di leggi e sentenze, uccidono da decenni milioni di poveri.
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