Un tale di cui mi sfugge il nome, diceva che il mondo non ha più bisogno di super pensatori, tutto il buono che c’era da pensare è già stato pensato da millenni, c’è solo da attuarlo, se e quando ci sarà la volontà. Non ci vogliono grandi testoni per uscire dalla barbarie, ne servono a milioni solo per entrarci.
Nei sistemi sociali in buona salute, il denaro ha la stessa funzione vitale dell’acqua nel corpo umano; è utile se bagna e nutre l’intero corpo sociale e se evapora grazie a consumi e risparmi; invece è devastante e assassino se piove come una bomba d’acqua, (su bersagli mirati) grazie a sovvenzioni, esenzioni e appalti truccati.
Va da se, che tutto il denaro erogato dai politici è devastante, perché finisce per surrogare la produttività privata di lavoratori e imprenditori, a cui non resta che fingersi idonei alla raccolta: i lavoratori perché disoccupati, malati o invalidi, e i grossi imprenditori perché capaci di moltiplicarlo, finanziando una attività che ha tutta l’aria di essere fortemente produttiva, ma è già progettata a l’origine, per il fallimento da onestissimi “prenditori mordi e fuggi".
Allora le devastazioni sociali le produce chi fa piovere denaro su imprese nate per fallire, (come fanno le grandi banche finanziando imprese cotte, decotte e stracotte) e lo stato che spende spande e ruba senza curarsi se la ricchezza erogata disseta o avvelena la collettività.
Quindi, mettiamoci tranquilli. L’economia italiana, come un albero da frutto che non fruttifica più, non va estirpata e cambiata, va solo "spidocchiata", liberata dai parassiti che favoriscono la produttività dei rami alti, accessibili solo a chi ha guadagnato un gradino privilegiato o alto nella scala sociale, e la impediscono, alla grande massa dei lavoratori e piccoli imprenditori che finisce ricacciata con criminale abuso di potere nel sottoscala della povertà.
E le zecche e i pidocchi resistenti a qualunque trattamento fin qui tentato, sono tutti annidati nelle istituzioni pubbliche preposte a liberarci. Sono gli Stati elefantiaci, con le loro intoccabili e onestissime burocrazie: amministrative, sindacali, culturali, finanziarie e tributarie, il più grande problema de l’Umanità spacciato per miracolosa soluzione.
Ora provate ad immaginarvi un albero, ricco di rami bassi carichi di frutti, e avrete già chiaro come deve essere potato a regola d’arte un sistema socio-economico per essere realmente produttivo. La ricchezza deve essere prodotta dai rami che arrivano a terra per essere accessibile a tutti, moribondi compresi.
Se invece la raccolta dei frutti necessita di strumenti speciali, perché l’albero dell’economia produce salari e profitti, ma solo sui rami alti e altissimi, riservati alle elites culturale, finanziaria, sindacale o politica, vuol dire che il libero mercato è già stato convertito in monopolio, dai potenti che sanno, hanno o possono.
Non c’è mica bisogno di farsi venire l’emicrania per capire se l’Italia è Stato di diritto o “stato dei dritti”. Se sui rami bassi dell’albero del mercato non c’è produttività; se i salari dignitosi e i profitti onesti non sono reperibili manco sfregando la lampada d’Aladino; la disoccupazione, i fallimenti e la povertà sono in costante lievitazione, allora vuol dire che lo Stato, con la sua legatissima politica, giustizia, burocrazia, sindacato, scuola, stampa e fisco, si è trasformato da soluzione in problema. E c’è un solo modo per rendere produttivo in basso l’albero del mercato, stroncare la vegetazione alta, ricchissima di privilegi per burocrati parassiti, sindacalisti e politici acefali e banchieri rapaci.
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