martedì 21 febbraio 2017

Come spidocchiare l'albero del mercato.


Un tale di cui mi sfugge il nome, diceva che il mondo non ha più bisogno di super pensatori, tutto il buono che c’era da pensare è già stato pensato da millenni, c’è solo da attuarlo, se e quando ci sarà la volontà. Non ci vogliono grandi testoni per uscire dalla barbarie, ne servono a milioni solo per entrarci.
Nei sistemi sociali in buona salute, il denaro ha la stessa funzione vitale dell’acqua nel corpo umano; è utile se bagna e nutre l’intero corpo sociale e se evapora grazie a consumi e risparmi; invece è devastante e assassino se piove come una bomba d’acqua, (su bersagli mirati) grazie a sovvenzioni, esenzioni e appalti truccati.
Va da se, che tutto il denaro erogato dai politici è devastante, perché finisce per surrogare la produttività privata di lavoratori e imprenditori, a cui non resta che fingersi idonei alla raccolta: i lavoratori perché disoccupati, malati o invalidi, e i grossi imprenditori perché capaci di moltiplicarlo, finanziando una attività che ha tutta l’aria di essere fortemente produttiva, ma è già progettata a l’origine, per il fallimento da onestissimi “prenditori mordi e fuggi".
Allora le devastazioni sociali le produce chi fa piovere denaro su imprese nate per fallire, (come fanno le grandi banche finanziando imprese cotte, decotte e stracotte) e lo stato che spende spande e ruba senza curarsi se la ricchezza erogata disseta o avvelena la collettività.
Quindi, mettiamoci tranquilli. L’economia italiana, come un albero da frutto che non fruttifica più, non va estirpata e cambiata, va solo "spidocchiata", liberata dai parassiti che favoriscono la produttività dei rami alti, accessibili solo a chi ha guadagnato un gradino privilegiato o alto nella scala sociale, e la impediscono, alla grande massa dei lavoratori e piccoli imprenditori che finisce ricacciata con criminale abuso di potere nel sottoscala della povertà.
E le zecche e i pidocchi resistenti a qualunque trattamento fin qui tentato, sono tutti annidati nelle istituzioni pubbliche preposte a liberarci. Sono gli Stati elefantiaci, con le loro intoccabili e onestissime burocrazie: amministrative, sindacali, culturali, finanziarie e tributarie, il più grande problema de l’Umanità spacciato per miracolosa soluzione.
Ora provate ad immaginarvi un albero, ricco di rami bassi carichi di frutti, e avrete già chiaro come deve essere potato a regola d’arte un sistema socio-economico per essere realmente produttivo. La ricchezza deve essere prodotta dai rami che arrivano a terra per essere accessibile a tutti, moribondi compresi.
Se invece la raccolta dei frutti necessita di strumenti speciali, perché l’albero dell’economia produce salari e profitti, ma solo sui rami alti e altissimi, riservati alle elites culturale, finanziaria, sindacale o politica, vuol dire che il libero mercato è già stato convertito in monopolio, dai potenti che sanno, hanno o possono.
Non c’è mica bisogno di farsi venire l’emicrania per capire se l’Italia è Stato di diritto o “stato dei dritti”. Se sui rami bassi dell’albero del mercato non c’è produttività; se i salari dignitosi e i profitti onesti non sono reperibili manco sfregando la lampada d’Aladino; la disoccupazione, i fallimenti e la povertà sono in costante lievitazione, allora vuol dire che lo Stato, con la sua legatissima politica, giustizia, burocrazia, sindacato, scuola, stampa e fisco, si è trasformato da soluzione in problema. E c’è un solo modo per rendere produttivo in basso l’albero del mercato, stroncare la vegetazione alta, ricchissima di privilegi per burocrati parassiti, sindacalisti e politici acefali e banchieri rapaci.

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