sabato 21 maggio 2016

L'italiano povero è "carne da boja"

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L'italiano povero è "carne da boja"

I più sono convinti che l’Italia è in crisi per la cattiva politica, soprattutto di Premier e governo, ma questa è una mezza verità, e perciò, totale menzogna; posto che in democrazia non esiste una sola istituzione che non sia contrapposta ad un’altra, con il potere di impedirle di fare danni. Forse lo sfascio del potere esecutivo, consegue da un altrettanto longevo sfascio legislativo, ma tenuto in ombra dalla stampa italiana, complice  della politica malata, che a colpi di leggi fuorilegge ha reso la giustizia “che è soggetta alla legge”, inerme, e perciò inadempiente.
Io sono più vecchio della democrazia italiana, ma sono stato plagiato così bene dalla nostra bella dis-informazione, che solo da qualche anno (e ne ho quasi 75), sto incominciando a dubitare che oltre alla guerra, come dicono gli addetti: “troppo seria da lasciare solo ai generali”, ci sia pure la politica, l’informazione e la giustizia, da tenere sotto osservazione.
E altrettanto avrà pensato il Giudice Mattarella, che appena eletto Presidente della Repubblica, senza scomodare la politica che lo aveva voluto al Quirinale, si rivolse alla giustizia con queste illuminanti parole: "I magistrati non siano né burocrati, né protagonisti". Come dire: parlò alla nuora (i magistrati), perché suocera intenda (i legislatori e i governanti).
Da doppio Presidente, si augurò che in Italia quelle due patologie trovino la giusta cura. E per non equivocare le responsabilità dei magistrati sempre e solo "soggetti alla legge", forse sarebbe il caso di prendere atto che la fonte delle patologie giudiziarie è esterna e doppia: prima culturale e poi politica; e non c'è cura giudiziaria possibile dove la politica resta sotto l’interessata tutela di intellettuali e giornalisti, che se la proteggono come una gallina dalle uova d'oro, per conto delle potenti lobby culturali e finanziarie a cui loro si abbeverano.
Le leggi impongono ai magistrati di recuperare “le refurtive”, cioè i soldi dei contribuenti, che per via politica, burocratica o finanziaria si sono trasformati in furti e truffe; ma invece, di caricarli su un conto risarcimento curato dai magistrati, per restituirli alle vittime: alle vedove e agli orfani dei contribuenti falliti o suicidi, vengono riaccreditati alle stesse istituzioni pubbliche che rubano e sprecano così bene il sangue di Pantalone, da fingere di accorgersi delle emorragie di furti o ammanchi astronomici, solo dopo che le forze dell’ordine, i magistrati o qualche eroico giornalista ne ha denunciato il sanguinamento.
Allora, dopo sette decenni, forse sarebbe il caso di far entrare la logica risarcitoria (ancora latitante) nelle aule della giustizia italiana, posto che i soldi rubati alle istituzioni sorde, mute e cieche, non sono altro che tasse non trasformate in servizi, e quindi soldi sottratti, anzi rapinati con criminale abuso di potere ai contribuenti onesti, ma che in mano a burocrati stupidi o disonesti si convertono da ricchezza pubblica in refurtiva privata per classe dirigente  “onesta fino alla lira, e non oltre".
Alla faccia degli imprenditori falliti o suicidi, alla faccia dei disoccupati abbandonati senza lavoro e risorse, alla faccia delle donne licenziate perché incinte e costrette ad abortire, alla faccia dei pensionati con assegno sociale di 240 euro mensili e chiamati pure a restituire a l’IMPS importi che l’ente ha sbagliato a pagare, in un Paese dove il fiume di ricchezza che prende la via dei paradisi fiscali, è inquantificabile e inarrestabile. 
Perciò urge una filosofia giudiziaria diversa da quella che ha fatto i cittadini onesti italiani, cornuti e mazziati per sette decenni, con la magistratura che riconsegna la refurtiva recuperata dai rapporti incestuosi fra politici-burocrati-imprenditori, non ai contribuenti derubati come sarebbe logico, ma alle stesse istituzioni in cui sguazzano da padroni gli stessi incapaci o ladri della politica e burocrazia responsabili di inadempienza, abuso di potere, falso in atto pubblico, truffa, corruzione, concussione, appropriazione, ecc. ecc. ecc.
Ma di restituire le refurtive miliardarie recuperate, ai milioni di italiani onesti, vittime di politica ladra e giustizia inadempiente, ancora non se ne parla. Se un povero ruba una mela per non morire, la giustizia "burocratizzata" corre ad arrestare il povero, non gli addetti pubblici che lo hanno derubato pure della dignità oltre che della vita. 
Ma a questo rompicapo dovranno pur dedicarsi gli addetti ai lavori, visto che qua non rischia solo l’Italia; l’intero Occidente è vittima di comunismo e liberismo acefali che ci stanno portando dritti alla terza guerra mondiale, per la mostruosa enormità delle ingiustizie generate, e mai sanate dai giudici ridotti a notai, perché trattasi di ingiustizie a norma di legge, volute e benedette, da intellettuali, giornalisti, professionisti, sindacalisti e banchieri.
Questa è la causa delle due patologie giudiziarie coraggiosamente denunciate dal Presidente Mattarella al suo insediamento. Il giudice che sa di non poter fare giustizia applicando la legge italiana (pro ladri e truffatori), si rassegna e la applica acriticamente producendo tutta l’ingiustizia voluta e programmata dai ladri del potere; mentre il giudice che non si rassegna ad essere portatore sano di ingiustizia legalizzata, finisce per sconfinare nel protagonismo. (Vedi operazione “mani pulite” con cui l’ex PM Di Pietro cancellò una intera classe politica che aveva al suo attivo, mezzo secolo di "dis-onorato servizio").
Perciò, considerare malata la giustizia italiana e tentare di curarla, è come somministrare l’antipiretico a l’infermiera, per abbassare la febbre al suo paziente. La giustizia malata (per troppo burocratismo e tracce ormai introvabili di protagonismo) ha come causa scatenante un sistema culturale, politico e finanziario “in putrefazione”. E non c’è niente di più gattopardesco che moralizzare la giustizia, a colpi di finte riforme, per conservare idiota la cultura e l'informazione, corrotta la politica, rapace la finanza e agonizzanti in massa gli italiani onesti. E in primis, i piccoli imprenditori sterminati come ebrei dal nazismo.
Lo so, molti, leggendo questa roba, si staranno domandando, a quale strizza cervelli è scappato di mano il firmatario della presente. E siccome il matto in questione non vuole guastare a nessuno il bel giudizio (interessato?) che ha delle istituzioni e degli addetti italiani, prova a riformulare la domanda: voi pensate che in Italia ci sia davvero una politica e giustizia da Stato di diritto?
Bene, allora sappiate che il vostro perfettissimo Stato, ha le forze dell’ordine più “criminali” di tutto il pianeta. Chiunque venga chiamato ad arrestare ladri o ladre di prodotti alimentari nei supermercati, da qualche anno, paga di tasca propria i prodotti sottratti e lascia liberi i ladri (di necessità come li chiamano ora) a correre a sfamare i propri figli, invece di trascinarli ammanettati davanti al giudice.
Sapendo bene che in Italia, quanto ad istituzioni e addetti, abbiamo davvero “di tutto di più” come recitava quello spot RAI, ma la giustizia spicciola per i poveracci, ormai è affidata alla sensibilità e forse pure al portafoglio degli eroi delle forze dell’ordine, e a qualche rivoluzionario, come il Pretore di Nardò Angelo Sodo che mezzo secolo fa, mandò assolto il ladro per fame, inventandosi la giustizia giusta per gli ultimi e quindi odiata a morte dai primi.

Perché dal punto di vista giuridico, proprio come diceva Giuseppe Gioachino Belli, l'italiano povero era, è, e rischia di restare a tempo indeterminato “carne da boja", in quello che voi considerate da sette decenni un civilissimo Stato di diritto, che tale è, soltanto per i banchieri non certo per i barboni.

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