L'italiano povero è "carne da boja"
I più sono convinti che l’Italia è in crisi per la cattiva politica,
soprattutto di Premier e governo, ma questa è una mezza verità, e perciò,
totale menzogna; posto che in democrazia non esiste una sola istituzione che
non sia contrapposta ad un’altra, con il potere di impedirle di fare danni.
Forse lo sfascio del potere esecutivo, consegue da un altrettanto longevo
sfascio legislativo, ma tenuto in ombra dalla stampa italiana, complice
della politica malata, che a colpi di leggi fuorilegge ha reso la giustizia “che è soggetta
alla legge”, inerme, e perciò inadempiente.
Io sono più vecchio della democrazia italiana, ma sono
stato plagiato così bene dalla nostra bella dis-informazione, che solo da
qualche anno (e ne ho quasi 75), sto incominciando a dubitare che oltre alla
guerra, come dicono gli addetti: “troppo seria da lasciare solo ai generali”, ci
sia pure la politica, l’informazione e la giustizia, da tenere sotto
osservazione.
E altrettanto avrà pensato il Giudice Mattarella, che
appena eletto Presidente della Repubblica, senza scomodare la politica che lo
aveva voluto al Quirinale, si rivolse alla giustizia con queste
illuminanti parole: "I magistrati non siano né burocrati, né protagonisti".
Come dire: parlò alla nuora (i magistrati), perché suocera intenda (i legislatori e i governanti).
Da doppio Presidente, si augurò che in Italia quelle
due patologie trovino la giusta cura. E per non equivocare le responsabilità
dei magistrati sempre e solo "soggetti alla legge", forse
sarebbe il caso di prendere atto che la fonte delle patologie giudiziarie
è esterna e doppia: prima culturale e poi politica; e non c'è cura giudiziaria
possibile dove la politica resta sotto l’interessata tutela di intellettuali e
giornalisti, che se la proteggono come una gallina dalle uova d'oro, per conto
delle potenti lobby culturali e finanziarie a cui loro si abbeverano.
Le leggi impongono ai magistrati
di recuperare “le refurtive”, cioè i soldi dei contribuenti, che per via
politica, burocratica o finanziaria si sono trasformati in furti e
truffe; ma invece, di caricarli su un conto risarcimento curato dai
magistrati, per restituirli alle vittime: alle vedove e agli orfani dei
contribuenti falliti o suicidi, vengono riaccreditati alle stesse istituzioni
pubbliche che rubano e sprecano così bene il sangue di Pantalone, da fingere di
accorgersi delle emorragie di furti o ammanchi astronomici, solo dopo che le
forze dell’ordine, i magistrati o qualche eroico giornalista ne ha denunciato
il sanguinamento.
Allora, dopo sette decenni, forse sarebbe il caso di
far entrare la logica risarcitoria (ancora latitante) nelle aule della
giustizia italiana, posto che i soldi rubati alle istituzioni sorde, mute e
cieche, non sono altro che tasse non trasformate in servizi, e quindi soldi
sottratti, anzi rapinati con criminale abuso di potere ai contribuenti onesti,
ma che in mano a burocrati stupidi o disonesti si convertono da ricchezza
pubblica in refurtiva privata per classe dirigente “onesta fino alla
lira, e non oltre".
Alla faccia degli imprenditori falliti o suicidi, alla
faccia dei disoccupati abbandonati senza lavoro e risorse, alla faccia delle
donne licenziate perché incinte e costrette ad abortire, alla faccia dei
pensionati con assegno sociale di 240 euro mensili e chiamati pure a restituire
a l’IMPS importi che l’ente ha sbagliato a pagare, in un Paese dove il fiume di
ricchezza che prende la via dei paradisi fiscali, è inquantificabile e
inarrestabile.
Perciò urge una filosofia giudiziaria diversa da
quella che ha fatto i cittadini onesti italiani, cornuti e mazziati per sette
decenni, con la magistratura che riconsegna la refurtiva recuperata dai
rapporti incestuosi fra politici-burocrati-imprenditori, non ai contribuenti
derubati come sarebbe logico, ma alle stesse istituzioni in cui sguazzano da
padroni gli stessi incapaci o ladri della politica e burocrazia responsabili di
inadempienza, abuso di potere, falso in atto pubblico, truffa, corruzione,
concussione, appropriazione, ecc. ecc. ecc.
Ma di restituire le refurtive miliardarie recuperate,
ai milioni di italiani onesti, vittime di politica ladra e giustizia
inadempiente, ancora non se ne parla. Se un povero ruba una mela per non
morire, la giustizia "burocratizzata" corre ad arrestare il povero,
non gli addetti pubblici che lo hanno derubato pure della dignità oltre che
della vita.
Ma a questo rompicapo dovranno pur dedicarsi gli
addetti ai lavori, visto che qua non rischia solo l’Italia; l’intero Occidente
è vittima di comunismo e liberismo acefali che ci stanno portando dritti alla
terza guerra mondiale, per la mostruosa enormità delle ingiustizie generate, e
mai sanate dai giudici ridotti a notai, perché trattasi di ingiustizie a norma
di legge, volute e benedette, da intellettuali, giornalisti, professionisti,
sindacalisti e banchieri.
Questa è la causa delle due patologie giudiziarie
coraggiosamente denunciate dal Presidente Mattarella al suo insediamento. Il
giudice che sa di non poter fare giustizia applicando la legge italiana (pro
ladri e truffatori), si rassegna e la applica acriticamente producendo tutta
l’ingiustizia voluta e programmata dai ladri del potere; mentre il giudice che
non si rassegna ad essere portatore sano di ingiustizia legalizzata, finisce
per sconfinare nel protagonismo. (Vedi operazione “mani pulite” con cui l’ex PM Di Pietro
cancellò una intera classe politica che aveva al suo attivo, mezzo secolo
di "dis-onorato
servizio").
Perciò, considerare malata la giustizia italiana e
tentare di curarla, è come somministrare l’antipiretico a l’infermiera, per
abbassare la febbre al suo paziente. La giustizia malata (per troppo
burocratismo e tracce ormai introvabili di protagonismo) ha come causa
scatenante un sistema culturale, politico e finanziario “in putrefazione”.
E non c’è niente di più gattopardesco che moralizzare la giustizia, a colpi di
finte riforme, per conservare idiota la cultura e l'informazione, corrotta la
politica, rapace la finanza e agonizzanti in massa gli italiani onesti. E in
primis, i piccoli imprenditori sterminati come ebrei dal nazismo.
Lo so, molti, leggendo questa roba, si staranno
domandando, a quale strizza cervelli è scappato di mano il firmatario della
presente. E siccome il matto in questione non vuole guastare a nessuno il bel
giudizio (interessato?) che ha delle istituzioni e degli addetti italiani,
prova a riformulare la domanda: voi pensate che in Italia ci sia davvero una
politica e giustizia da Stato di diritto?
Bene, allora sappiate che il vostro perfettissimo
Stato, ha le forze dell’ordine più “criminali” di tutto il pianeta.
Chiunque venga chiamato ad arrestare ladri o ladre di prodotti alimentari nei
supermercati, da qualche anno, paga di tasca propria i prodotti sottratti e
lascia liberi i ladri (di necessità come li chiamano ora) a correre a sfamare i
propri figli, invece di trascinarli ammanettati davanti al giudice.
Sapendo bene che in Italia, quanto ad istituzioni e
addetti, abbiamo davvero “di tutto di più” come recitava quello
spot RAI, ma la giustizia spicciola per i poveracci, ormai è affidata alla
sensibilità e forse pure al portafoglio degli eroi delle forze dell’ordine, e a
qualche rivoluzionario, come il Pretore di Nardò Angelo Sodo che mezzo secolo
fa, mandò assolto il ladro per fame, inventandosi la giustizia giusta per gli
ultimi e quindi odiata a morte dai primi.
Perché dal punto di vista giuridico, proprio come
diceva Giuseppe Gioachino Belli, l'italiano povero era, è, e rischia di
restare a tempo indeterminato “carne da boja", in quello che voi
considerate da sette decenni un civilissimo Stato di diritto, che tale è,
soltanto per i banchieri non certo per i barboni.
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