La liberaldemocrazia è una bolla scoppiata
Modificare la destinazione d’uso di un oggetto è
pericoloso: se provi a convertire una bicicletta in trattore, perdi la bicicletta,
ma non guadagni il trattore: finisci appiedato. Cambiare una cosa in un’altra sfacciatamente
diversa o opposta è rischioso; farlo con un popolo, uno Stato, una ideologia o
un sistema legislativo è suicida.
Per questa ragione il mondo sta venendo giù come una
ricotta malfatta, perché si è cercato di convertire tutti i sistemi Stato comunisti
in liberali, e l’effetto è visibile anche allo scemo del paese. A cominciare
dall’Italia, il cambiamento filosofico, giuridico, amministrativo liberale, è
stato affidato a furor di popolo, alla stessa classe dirigente comunista che
aveva portato l’Italia alla bancarotta.
Nel passaggio dal comunismo al liberismo non si è
tentato nemmeno di cambiare o rinunciare ad un lavacessi o passacarte pubblico
per non perdere consenso. E come fa la politica che ha bisogno dell’ovetto
fresco del consenso a rinunciare o scontentare sei milioni di galline fra
dipendenti, dirigenti e famigli, soci e compari che con l’indotto assommano
almeno a 25 milioni di italiani?
Come dire che nel privato si può anche sconvolgerla
la destinazione d’uso, ma nella burocrazia non si muove foglia che il burocrate
comunista non voglia. Perciò, i politici italiani liberali, lo Stato liberale
se lo sogneranno a vita, mentre gli imprenditori, si sveglieranno dall’incubo
dello Stato comunista vero e liberale finto fatto di disservizi, ruberie,
parassitismi, e abusi di potere, solo da morti, forse !!!!!!!!
E’ chiaro quindi che passare dall’uguaglianza
comunista alla competizione liberale resterà all’infinito un pio desiderio, perché
gli addetti pubblici rifiuteranno in massa il passaggio e gli imprenditori si
ritroveranno iscritti alle olimpiadi del libero mercato, pur conservando come
palla al piede, i dis-servizi comunisti (dall’asilo nido al posto tomba) e il
costo per saldarli a colpi di stangate tributarie.
Insomma, non si modifica la destinazione d’uso della
classe imprenditoriale, prima di aver modificato le istituzioni dello Stato, e
l’esercito della classe “dirigente” libera di abusare a
piacimento del potere.
Perché se il mercato finisce assoggettato allo
Stato, allora gli imprenditori smettono di essere soggetti autonomi produttivi,
e si convertono in dipendenti dei dipendenti pubblici, liberi di giocarseli come
il gatto col topo, sfruttandoli o
accoppandoli a piacimento, senza dover rendere conto a nessuno, come non
rendono conto se al lavoro arrivano in orario, se timbrano il cartellino
personalmente o affidandolo ad un collega, se
rimangono in ufficio o vanno a divertirsi o a svolgere un altro lavoro a
pagamento, se si assentano dalla stanza, se si leggono il giornale invece di
assolvere alle loro mansioni o se le assolvono alla velocità della luce, dopo
aver incassato altrettanto velocemente una mazzetta di contanti o di favori.
Insomma, così come è concepito adesso lo Stato
liberale, non diventa mai ex Stato comunista, ma resta culturalmente, giuridicamente,
tributariamente e moralmente comunista sfegatato, anche quando fa in modo che
siano i tromboni di destra ad occupare Palazzo Chigi e a pavoneggiarsi come se
stessero governando davvero una liberal-democrazia. Con l’unica differenza che
i comunisti governano da liberi in giro per il mondo a spassarsela e a
rastrellare Rolex, mentre i liberali esercitano il loro potere sbattuti come
burattini fra udienze giudiziarie e arresti domiciliari, quando gli va da dio.
Imprenditori e berlusconi assortiti possono
inventarsi chilometri di crimini, di delitti, di truffe e corruzioni per non
soccombere al massacro di un popolo improduttivo perché finto liberale, abbarbicato
come l’edera al parassitismo comunista, ma non vanno da nessuna parte, perché
una conversione d’uso da comunismo a liberismo, non si inizia nel mercato
massacrando, rapinando e riducendo al suicidio i piccoli imprenditori
perseguitandoli da evasori e ladri di Stato, ma selezionando una classe
dirigente pubblica con vocazione a competere, a guadagnare compensi nella
misura in cui i servizi pubblici hanno già reso produttive le imprese private.
Perché accreditarsi persino un premio di
produttività per i servizi pubblici da terzo mondo che hanno fatto arretrare
l’Italia in Africa riducendola al default in cinque decenni di comunismo, e due
di finto liberismo, può anche essere legalmente liberale, ma resta sostanzialmente
comunista, perché a fallire o ad impiccarsi non sono solo i venditori di
bruscolini, che trattandosi di “poveri ignoranti” sarebbe quasi accettabile; ma
a collassare sono i geni del mercato e della finanza e le loro cordate di
imprese miliardarie, (l’ABI parla di 200 miliardi di euro di sofferenze
bancarie, e oltre un milione di debitori insolventi o falliti e l’intera UE non
se la passa meglio) allora il problema è davvero spaccacervelli !!!!
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