Chi ha staccato i vagoni dalla locomotiva
Cosa
è cambiato realmente da l’uomo delle caverne a quello delle conquiste spaziali
e comunicazioni globali, non è facile stabilirlo. Ma su una cosa possiamo
scommettere: la cultura occidentale ha avuto il merito di sterminare la
pubblicizzata razza dei “cimabue”, quelli che facevano una cosa
ma ne sbagliavano due, e l’ha sostituita con quella dei tecnici, “progettisti
e piloti di sistemi complessi”, così mostruosamente intelligenti, da
indurre il grande Luigi Einaudi a questa rassegnata conclusione: “il mondo
non è mosso, come da molti si crede, dagli interessi, ma dalle idee; e quelle
che muovono e fanno agire gli uomini, non è certo siano sempre feconde, anzi
non è piccola la probabilità che le idee generatrici di moto siano più
facilmente quelle infantili e distruttive ma popolari che non quelle fornite di
spirito di verità”.
Come
dire che la cultura ha soppresso la rarissima razza naturale degli ignoranti, e
l’ha sostituita con una di “tecnici”, tanto falsamente esperti in
riforme della scuola, sanità, trasporti, lavoro, finanza, previdenza, ecc., da
scatenare autentiche catastrofi socio-economiche, salvo poi scandalizzarsi
perché la politica, continua a ricucire gli strappi, con toppe peggiori del
buco.
E
fra le “migliori idee dei geni della cultura”, c’è quella
politico sindacale che ha sganciato il lavoro dal capitale, considerando il
salario una “variabile indipendente dal mercato”, con la nobile
intenzione di mettere al riparo i poveri lavoratori, da sfruttatori, affaristi,
corruttori e strozzini.
E
per oltre mezzo secolo questa idea ha funzionato “da dio” in
tutte le democrazie occidentali che così si sono guadagnate il titolo di
potenze mondiali, solidali, ricche, progredite, pacifiche, garantiste, ecc.
ecc.
Poi
s’è capito che rendere il lavoro e il relativo salario, indipendente dalla
reale quantità di ricchezza che riesce a restituire al capitale, è una
benedizione per i banchieri e una iattura per il lavoratori.
Perché
staccare i vagoni (degli affamati di salario), dalla locomotiva (dei ladri di
profitti) è come fermare i vagoni e accelerare la locomotiva. Ma ora che le
sofferenze finanziarie e le recessioni e stagnazioni ammazza popoli e Stati si
estendono per interi continenti, ci converrà sospettare che Einaudi possa aver
centrato il problema dei problemi con largo anticipo, quando nessuno si sognava
ancora di riconoscere al mondo del lavoro il sacrosanto diritto di fare danni
miliardari, producendo meno di quanto incassa, e alla impresa, finanza e
politica, il dovere di tappare le falle in maniera delinquenziale, con la
corruzione, o col fondoschiena, come i marinai su una nave in affondamento.
L’idea
infantile e distruttiva del salario come variabile indipendente, dopo mezzo
secolo sembra aver esaurito la sua mostruosa forza d’inerzia. Il treno del
lavoro carente, e della produttività calante, sembra un asino che ormai non si
lascia smuovere nemmeno a bastonate.
Senza
il peso dei vagoni salariali e imprenditoriali ormai in prefallimento o
falliti; il locomotore finanziario viaggia che è una bellezza in giro per il
mondo comprando debiti sovrani o interi Stati, (vedi Grecia), e macinando
profitti usurai a spese dei contribuenti sempre più squattrinati.
Ad
onor del vero va detto che senza sindacalismo il mondo del lavoro sarebbe
ancora arretrato di un secolo o un millennio. I vantaggi acquisiti sono
evidenti, ma c’è un piccolo inghippo. I banchieri arricchiscono sempre e
comunque a spese dei lavoratori, dei disoccupati e persino dei barboni. E non
c’è sindacato capace di infilare per un attimo le mani nelle tasche dei
banchieri, che invece le tengono fisse nelle tasche dei lavoratori e dei
falliti fino allo sfondamento.
Se
lavorando, un popolo produce ricchezza, non può che destinare una parte dei
profitti alle banche che hanno finanziato. Ma se una grossa fetta di lavoratori
resta improduttiva, i banchieri filantropi disposti a pagarne il mantenimento
non li hanno ancora inventati.
Come
dire, che il capitale è libero e indipendente dal lavoro, da sempre. Ma
fare del lavoro una variabile altrettanto indipendente, è stata l’idea
politico-sindacale che ha fatto muovere di più il mondo, ma verso l’abisso,
come ogni idea “infantile e distruttiva” che
si rispetti.
Perciò,
chi, con funzione di classe dirigente, in questo settantennio di presunta
democrazia, ha contribuito a fare l’Italia e quegli italiani che il Primo
Maggio scorso hanno devastato Milano, provi a rivolgersi questa domanda: se la
democrazia ha la funzione di garantire prosperità, giustizia e pace a tutti i
cittadini senza discriminazioni ed esclusioni; io, da politico, giudice,
burocrate, sindacalista, giornalista, industriale, banchiere, ho contribuito a
rendere cattivo chi oggi combatte l’Italia come una brutta matrigna, oppure o reso
buono, chi con l’EXPO tenta di venderla come madre degna di contribuire alla
soluzione della fame mondiale?
Certo,
quale che sia la risposta che vi darete, ci vorrà almeno un secolo prima che la
storia ci racconti il vero, su ragioni e torti di chi ha sporcato Milano, e di
chi tenta ancora di venderla come Milano “da bere”.
Ma
una cosa è chiara da subito: non vive con i piedi per terra chi ha pensato di
far coincidere l’inaugurazione dell’Expo, con la festa del Primo Maggio, ormai
ridotta a funerale dell’occupazione e della giustizia sociale italiana, per il
numero incalcolabile di vittime del lavoro inesistente e della povertà
galoppante (oltre il 50% di giovani disoccupati), per la generale negazione dei
diritti essenziali, della giustizia a babbo morto, della rapacità fiscale e
povertà fuori controllo.
No,
non sapremo mai quanti italiani hanno gioito per il successo dei buoni e bravi
all’Expo, e quanti hanno tifato per gli sporchi, brutti e cattivi che hanno
rovinato l’immagine del Belpaese passando per Milano. Ma se mamma Italia
continua a discriminare due diversissime razze di figli: “i potenti con
licenza di stuprare economicamente il prossimo a norma di legge”, e “gli
impotenti di pagarne gli effetti”, vuol dire che qua la giustizia e la
pace sociale sono sicuramente al settimo decennio di gestazione, ma ipotizzarne
il parto anche solo per fine millennio, è pura utopia.
Chi,
sindacalista, economista, politico o giudice, ha pensato giusto e nobile
proteggere le masse dei lavoratori fino a costringerli per legge ad essere
sempre più irresponsabili, costosi e improduttivi per imprenditori e banchieri,
si è sopravvalutato parecchio.
Perché
ora che ha guastato il giocattolo dell’economia occidentale, zavorrando gli
Stati di debiti per mantenere ladri e fannulloni, pubblici e privati, non è più
in grado di governare, né la fame degli incolpevoli lavoratori, disoccupati,
sottoccupati, "esodati" e pensionati, né la conseguente ferocia degli
industriali e banchieri, che, (a differenza dei piccoli imprenditori suicidi,
che levano il disturbo senza un lamento) non avendo voglia di annegare in una
crisi economica mondiale, miliardi di volte più devastante di quella del 29,
venderanno cara la pelle.
Nessun commento:
Posta un commento