Le parole aiutano a vivere meglio, solo se inducono i popoli a cooperare pacificamente alla produttività di ricchezza onesta, e quindi alla relativa perequazione. Altrimenti, gli addetti culturali, con i loro paroloni sprecano tempo, denaro e potere, e condannano i popoli, orfani di politica intelligente e produttività onesta, a morire di lenta e inesorabile guerra fra poveri, vedi Italia.
In fatto di cultura non sono certo un addetto ai lavori; ma avendo il sospetto che le parole che seguono possano avere grande capacità formativa; domando, a chi per professione forma e informa, hanno pure capacità produttiva? Posto che la produttività e la perequazione di ricchezza ONESTA di noi occidentali civili e progrediti, ormai da svariati decenni è in caduta libera.
E la guerra fra poveri, uccisi da disoccupazione, ingiustizia sociale, finanza cannibale e fisco rapina, è così cruenta, che sulla legalità (e lungi a parlare di moralità) dei potenti culturali, politici ed economici c’è solo da stendere un velo pietoso.
Le parole che seguono, sono una piccola parte della recensione di un libro di poesie, e denotano una proprietà di linguaggio e una vastità culturale, che anche un alfabetizzato a casaccio come me sente a fiuto.
"Egloghe raffinate, spesso superbe nell'enfatizzazione stilistica che esalta eleganza espressiva e assoluta padronanza del verbo, in una forma linguistica di grande effetto; un quadro descrittivo che tutto contiene e che attraverso la parola, qui sciolta dai vincoli compressivi, ben definisce lo stilema lirico, e assume, ne l’inciso, la sua cifra, la sua libera forma, accoglie ed alterna emozioni e pensieri, tutti ben distribuiti dall'istinto poetico che arriva nelle oscure profondità dell'anima, e da esse rinascenti e riaffioranti il loro rituale svolgimento, scandisce il suo fine nel lume della nostra memoria, dove interna al divenire, è atta, nella sua mutevolezza, ogni introspezione, rappresentazione e sconfinata apertura della mente:
una silloge dove chi scrive e chi legge è chiamato a sentire e seguire un’interconnessione di suoni e di segni che prova a scardinare il senso classico dell’espressione poetica, così come lo intendiamo, e dove i luoghi di parola si mescolano a un recesso di vita, a un non dato o non detto che non si ritraggono, ma si intrecciano alla nostra storia nella quale rinnovare, vicino alla dimenticanza, sentimenti e sensazioni, come una promessa fatta contro l’irrigidimento di se stessi e il suo superamento".
F.G.
Io non potrei giurare che il mondo della cultura sia impegnato a stimolare negli umani più il sentimento con la poesia, che la ragione con la filosofia.
Perciò giro agli addetti ai lavori questa domanda: nel tempo si è rivelata più utile a migliorare negli uomini la capacità di interagire in pace per produrre ricchezza con onestà e giustizia, la filosofia o la poesia?
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