martedì 29 maggio 2018

Si salvi chi può nella guerra millenaria capitale-lavoro


Non ho gli strumenti per trovare risposte esaustive al rompicapo comunismo liberismo a cui nessuno si dedica con vera onestà intellettuale; ma a naso, credo sia impossibile dare per morto e tumulare il comunismo a livello planetario, prima di aver estinto l’inestinguibile classe dei lavoratori dipendenti che dalle origini dell’uomo continuano ad avere interessi opposti agli imprenditori.
Quindi, dato per certo che il comunismo ( in quanto potere dei poveri) potrà cambiare mille volte nome all'anagrafe politica e magari chiamarsi giovannino, pasqualino, o cinquepianeti, ma non si estinguerà prima dell’uomo, c’è da capire quali effetti produce la convivenza conflittuale lavoratori-padroni in democrazia, dove essendo i lavoratori maggioranza numerica immodificabile e schiacciante, sono detentori assoluti e tirannici del potere politico-burocratico-giudiziario e quindi unici responsabili di come la politica del lavoro interagisce con la politica del capitale oggi chiamata liberismo, manovrando le leve istituzionali del sindacato, burocrazia e fisco, e costringendo anche gli imprenditori onesti a rubare, corrompere o fallire se non hanno vocazione suicida.
Chi fosse tentato di vedere nel comunismo tutto negativo e nel liberismo tutto positivo o viceversa, si astenga e rassegni. Gli imprenditori onesti non vorranno mai farsi rappresentare dalla sinistra comunista dei lavoratori, se non in conseguenza di un raggiro demagogico; e i lavorati non si sposteranno nella destra liberista se non per la stessa ragione.
Ma anche l’innaturale travaso di consensi, di lavoratori a destra (per mandare al governo Berlusconi e mangiarselo vivo) e imprenditori (modello De Benedetti, Agnelli e compagni) a  sinistra, per sfruttare meglio i lavoratori, non sposta il problema di una virgola, perché i lavoratori da chiunque governati pretenderanno sempre salari e gli imprenditori sempre profitti. E lo sbilanciamento della giustizia sociale sarà sempre a vantaggio di lavoratori e pensionati, che sono circa 11 volte più numerosi degli imprenditori: come dire, immodificabile e tirannica maggioranza di governo democratico.
Insomma, per non essere al servizio di una sola classe sociale e quindi devastante dittatura autodistruttiva, il potere politico dovrebbe essere gestito dalla classe sociale che in un certo momento risulta svantaggiata. Posto che con la classe dei padroni che prevale sui lavoratori, il sistema economico rimane vivo e vegeto per millenni. Ma diventa malato o defunto se e quando sono i lavoratori a prevalere sui padroni, a prescindere dalla capacità individuale, nazionale o mondiale di produrre ricchezza.
Nelle democrazie i padroni forse continuano a sentirsi carnefici dei lavoratori, perché la loro classe sociale tale lo è stata per millenni. Ma commettono il tragico errore di sottovalutare che i lavoratori e pensionati (che sono in rapporto di 4 a 43 milioni) hanno i numeri per governare lo Stato come gli pare, riducendo, con politiche che sembrano legali, gli imprenditori al suicidio e lo Stato al default
Un rapporto intelligente fra potere politico dei lavoratori ed economico degli imprenditori non l’hanno ancora inventato. Gli abusi reciproci sono la regola; ed altrettanto regolare è che vincano i paperoni del potere economico campioni di corruzione, e la burocrazia che è la mano tirannica legalizzata del potere sindacale e politico dei lavoratori. E fra queste due forze da millenni in guerra, ci rimettono regolarmente le penne i piccoli imprenditori onesti che finiscono falliti o suicidi, e i lavoratori privati nel "rogo della disoccupazione" direbbe Don Milani.

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