domenica 1 luglio 2012

Il popolo è figlio dello Stato?




Il popolo è figlio dello Stato?
La politica è un mestiere infame, perché quando credi di aver fatto il bene dei popoli, liberandoli dai dittatori sanguinari e assicurandoli  6-7 decenni di democrazia, sviluppo e pace sociale, ti rendi conto che hai solo buttato nel cesso l’Umanità e tirato lo sciacquone.
E la ragione è presto detta. La democrazia compiuta ha un livello di complessità spaccacervello, perché in essa va conciliato l’inconciliabile: cioè rendere legale lo Stato, per garantire al popolo il suo doppio e sacrosanto diritto alla legalità formale e all’onestà sostanziale, che non consenta a nessuno di trarre vantaggi per sé producendo danni per gli altri, come avviene puntualmente a livello pubblico e poi di riflesso a livello privato.
Quindi a quanto sembra entrambe le cose sono un’utopia, perché alla classe dirigente pubblica irresponsabile interessa solo garantire una apparente (molto, molto, molto apparente) legalità alle istituzioni e relativi addetti e poi i cittadini possono pure buttarsi a mare in fila indiana.
Voi direte, la solita litania!!! Allora passiamo ai numeri. I sistemi sociali sono esposti a danneggiamenti per cause interne addebitabili alla politica, burocrazia, giustizia, sindacato, banche ecc, ma anche a cause esterne non imputabili alla politica, come terremoti, alluvioni, carestie, pestilenze e speculazione finanziaria internazionale che possono mandare a picco il PIL nazionale e con esso a “put..ne”, prima la legalità e poi l’onestà dei cittadini.
Ma lo Stato e i suoi sacerdoti irresponsabili, (salvo eccezioni) sono talmente presi dalla conservazione della loro risibile legalità formale, da non accorgersi che hanno impiantato in grande stile una fabbrica di fuorilegge. Perché se in conseguenza della crisi economica si riduce la mobilità sociale, la crescita del PIL diventa prima un sogno e poi un incubo, se non per corrotti e mafiosi.
In Italia, per cause non tutte politiche, dopo i carburanti sono diventate intoccabili pure le assicurazioni; e dai dati statistici si rileva che la percentuale di auto che circolano senza copertura assicurativa ormai sfiora il 50%, e pure lo Stato non adegua le sue leggi per contenere i prezzi delle assicurazioni o abolirne l'obbligo almeno per quella fascia di auto economiche o scassate che in città non superano la velocità di una passeggiata, o quantomeno ridurre il costo assicurativo a chi non fa incidenti o a chi non ha redditi, e senza un margine di "mobilità sostenibile" rimarrà per decenni improduttivo e a carico dell’assistenza pubblica, quando non finirà peggio in manovalanza criminale.
La mobilità sociale con mezzi adeguati alla produttività, è il più grande fattore di lievitazione del PIL, prima e più del credito. Ma se la politica inconcludente si agita in tutte le direzioni per produrre finto risparmio, ma non in questa, continuerà a fare per l’intero millennio buchi nell’acqua.
Mezze auto senza assicurate sono un’industria di illegalità formale che qualunque classe politica si precipiterebbe a sanare con leggi intelligenti e a costo zero, visto che una così massiccia circolazione di mezzi e autisti illegali non ha certo raddoppiato gli incidenti, e magari li avrà pure ridotti, perchè senza assicurazione si viaggia sobri e ad occhi spalancati.
Andare a rinnovare l’assicurazione e trovarsi con 140 euro di aumento per una modestissima Fiat seicento che viaggia in paese e senza aver mai denunciato incidenti negli ultimi quindici anni è il segno incontestabile che la politica è degenerata in suicidio per lo Stato di diritto, che senza la stramaledetta crescita del PIL e relativa contribuzione sociale, avanza a passi da gigante verso il default.
Siamo d’accordo, lo Stato non può permettersi il lusso di non essere legale agli occhi del mondo, dopo aver esportato democrazia a cannonate insieme a UE e USA e deve difendersi le istituzioni legali fossero pure posticce. 
Ma non si difende la legalità pubblica, generando illegalità privata, riducendo l'Italia come la Grecia, dove i costi di carburante, bollo e assicurazione hanno indotto persino quelli che hanno ancora un reddito a consegnare le targhe e tenersi le auto ferme in casa in attesa di un "futuro migliore".
E il futuro migliore, (che poi significa crescita del PIL tassabile) non facendo parte degli eventi spontanei come la pioggia o la grandine, deve essere sollecitato politicamente a partire dalla mobilità sociale sostenibile, dal credito accessibile e dallo Stato in cura dimagrante perenne, altrimenti la guerra civile o la dittatura resteranno sempre appostate dietro l'angolo.

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